ELSINORE (Copenaghen) – Sembra un miraggio il castello di Kronborg che, a un’ora circa da Copenhagen, domina il porto di Elsinore (Elsinghor). Fa da sfondo al palcoscenico montato su palafitte nell’acqua dove da questa edizione dello Shakespeare Festival si son tenuti fino al 23 agosto scorso gli spettacoli, prima ospitati per due secoli nel cortile del maniero danese. Il pubblico arriva e sulle collinette verde brillante stende tovaglie per un veloce pic-nic. Il sole è ancora luminoso, non caldo, il cielo bianco di nuvole. Alle ore venti inizia l’Amleto – tragedia che Shakespeare ambientò ai primi del 1600 a Elsinore – rappresentata dalla compagnia di attori danesi e inglesi, attivi anche al cinema e in televisione, del London Toast Theatre e la regia di Lars Romann Engel.
Amleto entra da destra, arriva dall’università, convinto di assistere ai funerali del padre e invece si trova davanti una coppia a sorpresa: il nuovo re, suo zio, e la regina, sua madre, che si sono appena sposati. Lo choc violento che il principe subisce dà il via alla sua progressiva trasformazione, da idealista innamorato dell’umanità a vendicatore integralista, seguendo la strada del sangue che gli impone lo spettro di suo padre, solo una voce preceduta da forti scariche elettriche. Nella lettura registica di Engel l’Amleto è tragedia del potere, vecchio che sia come quello di famiglia o nuovo come quello che porterà sul trono Fortinbras, il conquistatore norvegese. Il principe ne verrà risucchiato, dando e ricevendo solo morte. Il potere è controllo della libertà: in un soprassalto opinabile di attualità si vedranno in scena telecamere che spiano, cellulari che registrano colloqui segreti, incomberà su noi il rombo di elicotteri invasori. La luce varia: da naturale, pulita si fa man mano artificiale, complice degli inganni.
Ma all’interno di questa visione “politica”, sono i cambiamenti che riguardano alcuni personaggi le novità più rilevanti di questa edizione. Di Amleto ( Cyron Melville) si è già detto il graduale stravolgimento di identità, e finalmente l’usurpatore Claudio (Richard Clothier) ha anche fascino, ma colpire fantasia e cuore del pubblico è la figura di Ofelia: non più fragile fanciulla asservita al padre e al fratello, ma una bellissima donna (Natalie Madueno) che afferma il suo amore e la sua libertà. Non potendo più vivere nel “vecchio” ordine che ha corrotto anche il suo giovane uomo, sceglie la morte, avvolta dall’acqua, soffocata e stringendo pietre. Quest’ultimo elemento, primordiale nella sua forza di distruzione, è fondamentale nella scenografia non strutturata di Catia Hauberg: esprime il disfacimento del castello, l’indurimento dei cuori, l’inumanità.
Visto a Elsinore (Copenaghen) il 13 agosto 2017