GIBELLINA (Trapani) – Può accadere, a un certo punto di ogni carriera artistica che si rispetti o in un determinato momento di un percorso creativo importante, che si riveli necessario, persino vitale, che un artista s’interroghi, non solo sul senso del suo punto di vista sulla realtà, sul senso dei contenuti delle sue creazioni, ma anche sul significato di un linguaggio d’arte tradizionale. E ancora lo faccia sul senso di un’arte pratica cui sostanzialmente si appartiene e che si tramanda insieme con le regole, i trucchi, i gesti, i pensieri e i protagonisti che l’hanno attraversata. Un’arte che magari si è ricevuta in dono o che si è appresa da giovani a bottega (teatro, tappeto danza, laboratorio, atelier) e che, a un certo punto, incrocia il magma incandescente della personale creatività e, accogliendolo, si trasforma in quello che diventa un singolare e riconoscibile linguaggio espressivo.
È una dinamica costante che si presenta in molte esperienze artistiche della cultura occidentale e in quasi tutte le arti. Ora non è il caso qui di avventurarsi in analisi accurate di questa dinamica né di far sfoggio di conoscenze estetiche, ma è comunque realistico pensare ad uno snodo che molti artisti affrontano e spesso con grande dolore: questo accade perché nessuna destrutturazione può mai darsi senza la convinta, autentica, partecipazione di chi la agisce o la subisce. È quanto ci vien fatto di pensare, ancora una volta, riflettendo sui “10 miniballetti” di Collettivo Cinetico, coreografia ideata e interpretata dalla stessa responsabile dell’ ensemble ferrarese, Francesca Pennini. Lo spettacolo, che ha debuttato nel settembre del 2015 a Roma, è andato in scena a Gibellina ( Baglio Di Stefano) nel contesto della XXXVI edizione delle Orestiadi, dirette da Claudio Collovà. Si tratta di un lavoro godibile e interessante in cui, oltre alla bravura e alla tecnica della Pennini, brillano la sua intelligenza scenica e le sue doti di ironia, leggerezza e cultura.
Doti che trasformano in spettacolo quella che sarebbe stata una semplice, affettuosa e innocua rivisitazione dei gesti base di un approccio professionistico alla danza: la conoscenza e la consapevolezza dei muscoli, del corpo nella sua interezza, delle tecniche del respiro, della forza, del movimento nello spazio, la conoscenza delle fasi di riscaldamento e di concentrazione, la consapevolezza della tensione dialettica con la presenza “altra”, e comunque insondabile, del pubblico. E poi la riscoperta di semplicissimi appunti/progetti di balletto di una bambina che studia danza: la riscoperta e la torsione potente di questi nella forma di una coreografia che riflette sulla possibilità che un tradizionale linguaggio d’arte può mettere in campo per esprimere una voce pienamente contemporanea al suo tempo e coeva a se stessa.
È chiaro che non è importante sapere se quella bambina sia o meno la stessa coreografa: il linguaggio costruisce la finzione che, a sua volta, rende comprensibile, intrigante, interessante quel lavoro. Negli ultimi segmenti di questa creazione, tingendosi integralmente di nero e quindi scomparendo quasi nell’oscurità della scena, è come se l’artista volesse ribadire la sua totale adesione alla finzione che, da sempre, resta l’unica e la più grande verità delle arti sceniche. Il linguaggio però resta il centro della riflessione, il centro e il motore di tutto: il linguaggio, che ogni artista elabora, mediando la propria personalità con quanto ha ricevuto dalla tradizione ed ha ricavato nel duro lavoro di training, sintetizzando tecnica, variazioni, intuizioni, omissioni, emozioni dentro un’opera che, a questo punto, non è più capace di menzogne, di aggettivi insulsi, di smorfie e sorrisi ruffiani. A questi livelli il linguaggio della scena corre dritto e può parlare davvero, parlare a chi ha orecchi e cuore per ascoltarlo. È una lezione che tutti gli artisti, ma anche chi scrive di teatro e di danza, non dovrebbe dimenticare.
Regia, coreografia, danza: Francesca Pennini. Dramaturg, disegno luci:Angelo Pedroni. Assistenza organizzativa: Carmine Parise. Coproduzione: CollettivO Cinetico, Le Vie dei Festival, Danae Festival. residenze artistiche: Teatro Comunale di Ferrara, AMAT, L’Arboreto Teatro Dimora di Mondaino, TIR Danza. Crediti fotografici: Stefania Mazzara.
Visto a Gibellina XXXVI edizione delle Orestiadi l’11 agosto 2017