Fa paura quell’oscuro e tenebroso vuoto dove stagna, impalpabile, una nebbia lattiginosa nel nero che avvolge un’incombente mostro meccanico. Serve a distruggere tutto ciò che si trova sulla sua traiettoria. Lo avvolge un leggerissimo velo che lo lascia intravedere e lo rende ancor più angosciante. È un carro armato a grandezza naturale. C’è la guerra in questa landa deserta. L’esilio e il dolore appartengono alla vita di due donne divenute lupi per sopravvivere. La loro storia è fatta di abbandoni materni, solitudine, violenza, una vita scandita da stenti e privazioni. Gli è stata tolta la possibilità di vivere serenamente la loro infanzia. Sono due gemelle unite da un destino che non permette loro di assaporare la felicità di stare al mondo. È l’inizio di Due Lupi di Virgilio Sieni, con Silvia e Luisa Paisiello, una fiaba crudele ispirata al primo libro della Trilogia della città di K. “Il grande quaderno” di Agota Kristof, scrittrice ungherese, vissuta e naturalizzata in Svizzera, dopo la fuga dalla sua patria, all’indomani dell’invasione russa del 1956 e scomparsa il 27 luglio 2011 scorso. Romanzo che rievoca gli anni della seconda guerra mondiale e dell’occupazione di un esercito straniero. Lo spettacolo ha inaugurato con successo il Festival Era organizzato dalla Fondazione Pontedera Teatro Era diretto da Roberto Bacci.
La vicenda del primo episodio della trilogia, narra di due bambini gemelli, affidati dalla loro madre alla nonna materna, una donna sporca, avara, che li costringe a vivere in una casa fatiscente e lurida. Crescono in fretta adattandosi a tutto, sono come bestie selvatiche capaci di rubare e uccidere, carnefici per non diventare vittime. I personaggi descritti dalla penna di Agota Kristof, sono caratterizzati di frequente da una condizione esistenziale, dettata dalla necessità di errare verso un qualcosa di lontano e incerto. Un vagare per sentieri sconosciuti, oscurati dal buio che rende tutto più cupo e sinistro. Un migrare nel proprio passato alla ricerca delle proprie origini, perdute e mai più riattinte. Sieni crea un mondo metafisico a partire dal contrasto di luci e ombre, evoca la presenza umana con dettagli anatomici (i pedi delle due donne sbucano da sotto un velo che si muove sinuoso), le fa apparire nella penombra facendole trascinare una carcassa di cervo. Due lupi dopo aver consumato il loro banchetto. Scene pennellate capaci di creare visioni e sensazioni perturbanti, appaiono e scompaiono, evocano ricordi ancestrali, paure che riemergono dagli abissi della nostra mente.
I corpi delle due straordinarie interpreti, sono in grado di mutare sembianze fisiche fino a raggiungere la progressiva mutazione; da giovani adolescenti a donne adulte e sensuali, fino ad arrivare a rassomigliare a due vecchie che deambulano a fatica, dalla pelle raggrinzita, combattive nel tentare di fermare l’avanzata del carro armato, un feticcio simbolo di usurpazione e tirannia. Sono pronte all’estremo sacrificio pur di rivendicare la propria libertà. Una dinamicità espressiva corporea di una bellezza incomparabile, dove il gesto del movimento era volutamente disarmonico, dislessico con quello del linguaggio della parola -azione. Movimenti appena percepibili, per sottrazione, distonici, apparentemente incoerenti tra di loro. Il corpo racconto per suggestioni una storia tragica che prende sempre più forma nella narrazione drammaturgica visuale e sonora. Gli inserti musicali non sono semplici accompagnamenti, ma tendono a creare come delle rifrazioni tra percezioni sensoriali complementari. Lo Stabat Mater “Dolorosa” di Dvořak è un pianto che accompagna sulla scena Silvia e Luisa Paisiello, i passi dolenti cadenzati dalle note del “Cantus in Memory of Benjamin Britten” di Arvo Pärt.
Due lupi è un viaggio nell’immaginario di coscienze sopite dove far riemergere le fantasie più segrete sussurrate da flebili fiati, dove l’immedesimazione si fa portavoce della storia scritta e portata in scena da Virgilio Sieni, che crea uno spettacolo poetico di intensa partecipazione emotiva. C’è tutta la tragedia che accompagna l’esistenza sulla terra dell’uomo. La guerra come istinto bestiale da cui non ci può affrancare, la fame atavica che ti abbruttisce. Virgilio Sieni e Chelo Zoppi (assistente alle coreografie) ci raccontano una storia amara e triste che si perpetua nei secoli. Vita e morte si susseguono come due anime gemelle indissolubili.
Due Lupi
Regia e coreografia di Virgilio Sieni
Con Luisa e Silvia Paisiello
liberamente tratto da Il grande quaderno di Agota Kristof, prima parte della Trilogia della città di K.
Produzione Fondazione Pontedera Teatro
visto al Festival Teatro Era il 27 ottobre 2011
www.pontederateatro.it