La parola agli artisti: Claudio Morganti
Formatosi presso la scuola del Teatro Stabile di Genova. Allievo di Carlo Cecchi, nel 1979 forma con Alfonso Santagata la compagnia Santagata-Morganti, Dal 1993 ha fondato una propria compagnia iniziando un percorso personale sull’opera di Shakespeare.Riceve il premio Ubu nel 2012
«Frequento assiduamente da anni Armunia dove ho potuto creare con totale libertà gruppi di studio e di incontri a Castiglioncello. La mia idea è quella di organizzare in futuro residenze di studio e di lavoro lontane da zone commerciali e turistiche. È un bene, allora, che ci si allontani: basti vedere cosa è accaduto a Roma dove si volevano allestire delle bancarelle davanti al fregio di Kentridge, l’artista sudafricano. Un murale artistico sul Tevere occultato dai gazebo. Va differenziata la cultura dal commercio, l’arte non deve stare vicina ad attività commerciali, per motivi di igiene, di decoro. Se a Castello Pasquini verranno organizzate (anche) attività commerciali , allora la cultura è meglio che si allontani. Gli amministratori hanno intenti diversi: schizzare le sagre con un po’ di spettacolazioni. Armunia deve essere tenuta lontana fisicamente da propositi di questo tipo. Come quello di pensare ad una quantificazione per forza di cose in nome di un’idea di mercato. Il teatro poi, è fragilissima essenza. Va protetto con ogni mezzo, come va protetto il lavoro e lo studio di approfondimento che noi svolgiamo.Altro è un festival, che conserva un substrato commerciale: rimane un modo per radunare spettacoli da presentare agli operatori. Ma, come già disse Antonio Neiwiller vent’anni fa, il teatro e il mercato sono due paradigmi che non si devono toccare»
L’appello di Claudio Morganti
morganticlaudio.wix.com/morghantieff#!appello
La parola agli artisti: Massimiliano Civica
È regista teatrale. Dopo aver conseguito presso l’Università La Sapienza di Roma la laurea in Metodologia della critica dello spettacolo, studia presso l’Odin Teatret di Eugenio Barba e successivamente entra a far parte del corso di regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Nel 2007 vince il Premio Lo Straniero e il Premio Hystrio per la sua attività teatrale. Nello stesso anno diventa direttore artistico del Teatro della Tosse, collaborando con Emanuele Luzzati e Tonino Conte dando vita al progetto triennale Facciamo insieme teatro, che vince il Premio ETI.
«Il castello ha necessità di essere restaurato e questa è una condizione inderogabile; certo per noi artisti è un luogo magico ma contestualmente potrebbe andare meglio per noi se le residenze verranno organizzate altrove. Al di là delle verità contingenti, mi sembra però che il problema sia un altro: la cultura è una foglia di fico per il turismo. Il binomio cultura/turismo è deleterio, qualcosa da evitare assolutamente: o si da dignità alla cultura e quello che offre per quello che realmente è, altrimenti non si può mettere a bilancio, pensando di commerciare eventi perché la cultura non la puoi valutare pensando all’impatto che ha sulle persone. Non si deve accettare la commistione tra cultura e turismo che, al contrario, deve appropriarsi di qualcos’altro. Purtroppo la cultura è considerata una spesa e tutto deve essere quantificabile, ma la crescita personale di ognuno non deve essere considerata come un fattore economico. Come si fa a valutare la crescita culturale di un bambino che fa un corso di teatro?»
Cosa si può fare per evitarlo?
«Prima di tutto chi governa deve essere migliore di chi è governato. In secondo luogo migliorare lo sviluppo della qualità umana. Io penso che va fatta una distinzione: l’assessore alla cultura deve occuparsi solo di questo settore, per non rischiare quello che Piergiorgio Giacché (antropologo, scrittore e saggista, n.d.a) chiama una visione di macho culturismo! Se noi andiamo a contestare la verità siamo criticabili ma se stiamo zitti rispetto ad un fenomeno che vede la cultura privata di ogni valore di per sé, senza una sua autonomia, commettiamo un grave errore».
La parola agli artisti: Oscar De Summa
Formatosi alla scuola di teatro della Limonaia presso il Laboratorio Nove con Barbara Nativi, Renata Palminiello e Silvano Panichi si specializza con 2 corsi di « Alta formazione per attori » di Polverigi e di Milano, è attore e regista. Attualmente in tournée con il monologo dal titolo “Stasera sono in vena” che racconta gli anni ’80 della Puglia dove benessere e formazione della “sacra corona unita” hanno fatto un numero di morti paragonabili a quelli di una guerra.
«A mio avviso le notizie che arrivano da Castiglioncello mi danno l’idea di un decentramento dal luogo centrale di Armunia per lasciare spazio ad un commercio della cultura. Io sono per tenere separate le due cose, se da una parte l’interazione è obbligatoria con le persone del luogo, dall’altra, a mio avviso, il decentramento sembra più un allontanamento. Facendo così decade la funzione rivoluzionaria, gli stadi del consumo non hanno corpi consumati, e quindi è meglio decentrare piuttosto che investire nella relazione tra noi e il Castello. Una questione di fruizione e di progettualità che fa capo ad una precisa scelta politica, togliendola da una centralità fisica. Armunia sancisce una fine di un’epoca. Noi a questo punto che facciamo? Ci lamentiamo e basta o cerchiamo di compiere delle azioni politiche. Ci manca una appartenenza di categoria a noi artisti teatrali, quando, invece, abbiamo una grande responsabilità del contatto a tu per tu mediante la relazione con l’altro. Uno agisce e l’altro contribuisce con la sua energia. Lo spettatore non ha visto un’altra cosa; ha visto il teatro. Ci manca uno scatto di reni, un moto d’orgoglio che non rivendichiamo. L’autocritica che faccio è isolamento tra di noi quando dovremmo fare di tutto per concentrarci e agire con azioni concrete, scompigliare, farci sentire in pubblico».
Quale di queste azioni lei crede sia utile, ad esempio?
«Io a fine spettacolo incontro sempre il pubblico, un’azione che sancisce la relazione con gli spettatori. Questo permette di esternare la ricerca, la complessità del mio lavoro. Questi incontri vanno favoriti sempre di più. Serve maggiore aggregazione e più comunicazione. Creare delle linee guida per fornire a tutti maggiore conoscenza. Ho amici che sono ignari di cosa sia il teatro. Non capiscono cosa sia il teatro, cosa avviene nel nostro lavoro»
La parola agli artisti: Federico Tiezzi
Regista, drammaturgo ed attore dirige la “Compagnia Lombardi- Tiezzi”, fondata nel 1972 con il nome “Il Carrozzone”. Nel 1977 si laurea in storia dell’arte con Roberto Salvini. Fin dalle sue prime prove sceniche, tra gli esponenti di punta della neoavang uardia italiana. Nei suoi primi spettacoli è evidente il continuo formarsi del suo linguaggio teatrale a contatto delle arti visive.
«Io penso che non mantenere Castello Pasquini come sede di residenza e spettacoli site -specific, un luogo e una situazione che ha fatto scuola (non solo in Italia ma in tutta Europa), e non proteggerlo come un bene culturale del territorio, sia un grave errore. Un’iniziativa culturalmente avanzata in Italia che non solo non viene sostenuta, ma rischia di perdere la sua identità storica. Mi sembra politicamente sbagliato. Una struttura che nel tempo si è creata una sua identicità e si corre il rischio di perdere la sua identità e quindi anche quella umana. Io trovo sbagliato portare via Armunia da questo luogo. Sembra quasi che le persone ignorino la Storia. La cultura è qualcosa d’altro mentre ci nasconde dietro false chimere, alle apparizioni televisive che non portano a niente, sono perdenti. Se viene a mancare quella stabilità necessaria per consolidare un agire culturalmente serio, finisce che dislocare le persone altrove non porta a quella durevolezza del pubblico che va coltivata»
(interviste curate da Roberto Rinaldi)