Recuperare spazi chiusi alla città ed alla cittadinanza è già di per sé un grande merito. Riaprire la parte del carcere delle Murate, che non è stato trasformato in simpatiche casette tra pietra, acciaio e vetro nel centro di Firenze, ha del simbolico. Portare i fiorentini a vedere, seppur da lontano, dal basso, a sentire le eco e le porte fredde del luogo che fu di penitenza cittadino, calcare pavimenti bruniti, osservare intonaci decaduti, posizionare lo sguardo, dal pozzo del cortile fin su in alto al terzo piano e constatare quanto le ringhiere a spirale siano, metaforicamente, vicine ai gironi danteschi.
In tempi di richieste d’indulto e di carceri sovraffollati un altro plauso a Chiara Luccianti, ideatrice del progetto “Quartiere Pratolini” ed al regista Andrea Dezi. La prima è andata in scena il 19 scorso, proprio nell’anniversario esatto del centenario della nascita dell’autore Vasco Pratolini, mentre l’anno prossimo saranno settant’anni dalla pubblicazione del romanzo “Il Quartiere”. Otto i giovani protagonisti, under 30, che affollano, agiscono e s’agitano (a volte in maniera spaesata e scombinata), che riempiono l’arena che si fa agorà in un incastro continuo di pieni e di vuoti, petali caduti a raggiera per poi essere lanciati nel vento, infine a riunirsi.
E’ il sentimento popolare che muove il romanzo, e la piéce, questa unione indelebile e incancellabile tra le mille anime e pulsioni dei ragazzi (un po’ Via Pal, un po’ “Il signore delle mosche”) collegati dal filo sottile ed invisibile del territorio, del rione che diventa culmine e acme, ricchezza ma anche limite e frontiera, reale e simbolico, traccia, solco da non valicare come Colonne d’Ercole, provincialismo che indica la perdizione al di là di un confine più mentale e interiore che spazio-temporale.
La scena iniziale con il canto dalle finestre di “Battan l’otto” (bellissime le versioni di Giovanna Marini, ma anche degli Les Anarchistes o di Caterica Bueno) è un brivido antibellico trasversale e senza tempo, un passaggio da recital, misto revival, quasi musical a cappella che rintocca, rimbomba, apre ferite, risuona dentro le casse toraciche di ognuno. Ed è un susseguirsi di canti e controcanti in una miseria palpabile nel mezzo di un’assenza di scene che viene supportata e sopperita dai volumi e dai corpi energici degli otto (da sottolineare le prove di Costantino Buttitta in Valerio, Michele Zaccaria-Giorgio, Noemi Grasso-Marisa e Elena Talenti-Maria), che a tratti ricordano i Sei personaggi pirandelliani, che come fantasmi un po’ polverosi si aggirano nei loro luoghi d’origine e di vita cercando finalmente la pace.
Il centro è il cortile, corolla da dove tutto si dipana e dove tutto torna come calamita, mantice che respira e aspira, le periferie, le diaspore, i percorsi per poi tornare all’ovile, alla grande casa madre consolatoria del rione materno, caldo, accogliente quanto tagliente, dove tutti sanno chi sei e per questo ti proteggono dall’esterno, dove tutti sanno chi sei e quindi non esitano a colpirti nei tuoi difetti e limiti e deficit.
Certo le corse continue, come i rimbombi dati dalla conformazione del luogo, alcune scene troppo dilatate ed allentate, oppure i decibel troppo alti delle voci non aiutano ad una proficua ed attenta visione, ma sia il progetto, che il coraggio dell’ideazione, la voglia di impresa culturale, l’investimento su questa giovane brigata ed infornata attoriale portano una ventata di senso compiuto. Un fotoromanzo in movimento. Ed in qualche stralcio Pratolini fa rima con Pasolini.
“Quartiere Pratolini”, ideazione: Chiara Luccianti, regia: Andrea Dezi, Associazione Brigata Ballerini. Con: Elena Talenti, Noemi Grasso, Chiara Meschini, Benedetta Rustici, Michele Zaccaria, Costantino Buttitta, Pablo Rizzo, Lorenzo De Laugier. Visto all’ex carcere delle Murate, Firenze, il 19 ottobre 2013.