Esce nelle sale cinematografiche giovedì 28 novembre 2013, Come il Vento, film sulla vita di Armida Miserere, una delle prime donne italiane direttrici di carcere vissute tra gli anni 70 e il 2000. La interpreta Valeria Golino, accanto a lei molti attori, tra cui Francesco Scianna, Filippo Timi, Chiara Caselli, Salvo Simeoli, Marcello Mazzarella e Giorgia Sinicorni Ho avuto il piacere di partecipare alla lavorazione di questo film e di vederlo in anteprima assoluta al festival del Cinema di Roma, festival che ha assegnato a Valeria Golino il premio LARA. Armida Miserere è una di quelle donne che da viva faceva zittire gli ergastolani, una donna inviata a dirigere tutti i carceri più “difficili” della nazione, da Pianosa all’Ucciardone di Palermo, passando per Opera, e Voghera, per arrivare a Sulmona dove, la notte del venerdi santo 2003, decide di togliersi la vita. Armida era soprannominata “fimmina bestia”, viveva sempre in compagnia dei suoi cani e della sua scorta, fumava come una ciminiera e aveva perso il grande amore della sua vita, Umberto Mormile (interpretato da Filippo Timi) in un attentato. Questo è quello che si sa di lei, ma queste sono soprattutto le linee da cui il regista è partito per tratteggiare il personaggio cinematografico.
Come in ogni film che racconta un fatto reale, la realtà viene sintetizzata, per diventare più reale del reale, per riuscire a raccontare con un gesto, una battuta, uno sguardo, il cuore del reale, quello in cui è racchiuso il suo valore universale. È così che, attraverso la scrittura e la regia di Marco Simon Puccioni, Armida diventa una figura quasi epica, si stacca dallo sfondo sociopolitico, che pur viene descritto nei sui appuntamenti più importanti ( la strage di Capaci, l’arresto di Brusca), e diventa portatrice di un dramma di solitudine e di disperazione senza tempo e senza luogo. Il regista sceglie di attorniare l’eroina tragica di varie figure, tutte disegnate con pochi tratti molto precisi. Ci sono gli amici di sempre, la scorta ormai diventata famiglia, ma anche le avventure di sesso scambiate per amore, i detenuti del carcere, i detrattori del suo Umberto. Tutti contribuiscono a creare un coro, che sostiene e guida questa Fedra contemporanea verso l’inevitabile fine. Il suicidio come unica soluzione, come unico modo di salvare se stessa, e chi si è amato, da un mondo che non li capisce e non li merita.
Ovviamente non si tratta di un elogio dell’atto in se, ma di un ritratto dolorosamente coerente di una solitudine e di un dolore che non sono colmabili in questa vita. Gli occhi di Valeria Golino ci accompagnano in questo viaggio, facendoci amare questo personaggio così debole e così forte allo stesso tempo, così solo e così incapace di chiedere aiuto. La vulnerabilità di questa attrice e del suo personaggio, tratteggiati con grazia, senza mai diventare melò, e senza mai nemmeno scomparire dietro la maschera facile della donna “tosta”, sono ciò che fa di questo un grande film. A questo aggiungerei una nota particolare per le musiche , composte dal grandissimo Shigeru Umebayashi già autore delle musiche di molti di film di Wong Kar wai e Zhang Yimou, che ci guidano per mano nella vita e nel cuore di questo personaggio, che fanno da filo conduttore in una geografia frammentata, di una donna sempre in viaggio, sempre in fuga, da se stessa e dal mondo.