“Gaber se fosse Gaber”. Musica, teatro-canzone, docu-film, giornalismo. Queste le parole chiave per descrivere l’incontro-spettacolo ideato e realizzato da Andrea Scanzi che è arrivato in tournée a L’Aquila. Sono quasi due anni ormai (mancano poche date al termine delle repliche) che il giornalista aretino percorre l’Italia portando per ogni dove il suo Gaber.
Si tratta di uno spettacolo e non di un semplice incontro in quanto non si possono negate le indubbie doti di Scanzi, giustamente biografico-descrittive oltre che di presenza scenica, nel raccontare, partendo dalla fine per poi tornare a degli inizi melodici volutamente messi da parte per poi proseguire in maniera per lo più cronologica, la vita artistica e non del Gaber del teatro-canzone, fondendosi o quasi con le immagini proiettate.
Sullo schermo scorrono i video o si ascoltano le canzoni-monologo (di alcuni spettacoli-concerto, dice Scanzi, non esistono le riprese, ma solo l’audio) di Gaber che canta i suoi testi. L’immedesimazione e la suggestione provocate sono tali che la voce di Scanzi sembra quasi off, come al cinema. Sebbene la sua presenza sia alternata e quasi agisca indisturbata prima o dopo quella di Gaber sullo schermo. Una lezione-spettacolo dice la presentazione, un misto di racconti dal vivo e di concerti video proiettati che, a dire il vero, fanno un po’ l’effetto di un bel docu-film in cui un’ora e mezza di ricordi scorrono velocemente. Giorgio Gaber era nato nel 1939 e poi è morto nel 2003, diventando tra i capisaldi della cultura italiana per musica, teatro-canzone e cultura in generale. E’ un nome ancora vivo nei ricordi di molti e menzionato per sentito dire da altri che, per questioni anagrafiche, sono venuti dopo e che in ogni caso già conoscono molte delle sue canzoni, compresa quella simpatica e romantica “Torpedo blu” appartenente al primo Gaber, già noto, ma non ancora famoso per aver inventato e sfruttato il teatro-canzone italiano insieme poi con Luporini, col quale compose, ad esempio, la famosa “La libertà”.
Friulano di nascita e meneghino poi per il resto della vita, ha prodotto senz’altro un corpus di canzoni e canzoni-monologo da alcuni rimpianti, da altri canticchiati familiarmente a volte senza saperne l’origine. L’incontro-spettacolo, fortemente voluto dalla Fondazione Gaber e che si colloca a 10 anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber, focalizza l’attenzione sulla figura scenica ma anche sulla dimensione pubblica e privata dell’artista, dagli anni ‘60 in poi. Scanzi riflette in particolare sul Gaber del teatro-canzone, che ispirava a inseguire il dubbio e non la certezza, mettendo in discussione tutto, provocando il dibattito.
Andrea Scanzi, esperto di giovani (aretino classe 1974, è da poco uscito il suo nono libro “Non tempo per noi. Quarantenni: una generazione in panchina”, edito da Rizzoli), di cantautori italiani (fu tema della sua tesi di laurea in Lettere), di spettacolo e di cultura generale (scrive , tra gli altri, per il quotidiano ”Il fatto” e attualmente è uno dei volti di La3, con il suo “Reputescion. Quanto vali sul web?”) non tralasciando quasi nulla (neanche se stesso – racconta, infatti, che quella famosa foto di Gaber che campeggia dappertutto fu scattata proprio da lui!) ripercorre le tappe del teatro-canzone gaberiano, prima più popolare, poi, dopo l’incontro con Sandro Luporini, più impegnato, per poi ritornare, negli anni ’80, al finto disimpegno. Tra i più importanti spettacoli del sodalizio coll’autore- pittore versiliano ci sono “Il signor G”, “Far Finta di essere sani”, “Libertà obbligatoria”, “Polli di allevamento”, “Anni affollati”, “Il Grigio”, “Il caso di Alessandro e Maria”, “Il dio bambino”,…
Una lezione-spettacolo, quindi, interessante e ben fatta, consigliatissima a chi vuole conoscere Giorgio Gaber e ai nostalgici che vogliono rivederlo e riascoltarlo.
Visto all’Aquila il 27 novembre 2013