FIRENZE – Tagliamo subito la testa al toro. Poveraccio. Come il lupo che deve crepare per portarci fortuna, o la capra che deve stare sotto la panca. Insomma la storia dell’uomo passa inevitabilmente dal confronto e dallo scontro con gli altri animali fino a sconfiggerli, soggiogarli, farne schiavi. Ma non gli è bastato. Dopo aver creato laboratori ed aree protette, riserve di caccia, recinti e guinzagli, ha anche avuto bisogno di ricreare artificialmente l’eterna lotta tra l’essere pensante per eccellenza e la fiera. La caccia alla volpe, il rodeo o, appunto, la corrida. Epocale è stata la svolta della Catalogna nel mettere al bando la cruenta usanza secolare. Pamplona, con la Fiesta di San Firmino ancora resiste.
Nel nostro caso teatrale, “Muu!” degli iberici Yllana, sono quattro toreri i protagonisti di una improbabile corrida senza bestia da rincorrere, ferire, abbattere. Anzi, la paura ancestrale è tutta degli umani al cospetto della forza bruta dell’animale che scalcia la polvere e sputa vapore dalle grandi narici. Deliziosa la frase iniziale che ci ricorda che “Nessun animale è stato maltrattato nello spettacolo”. Dopo il mondo del mare con “Splash”, dopo i safari in “Zoo” eccoci catapultati nell’arena di Dominguin, il padre di Miguel Bosè.
Se nella prima parte viviamo in una sorta di “Rumori fuori scena” con la visione del camerino dei quattro toreador, nella seconda, dopo l’accurata vestizione colorata e raffinata, siamo proprio nel cuore della pugna sacrificale. Il primo torero è muscoloso e tatuato, sorriso accattivante e sicurezza nelle sue doti da macho in abbondanza, il secondo è lo sfigato, il terzo ha il ventaglio e tendenze dichiaratamente omosessuali, il quarto è grassoccio e vederlo dentro gli abiti attillati non è uno spettacolo. Le banderillas, invece che nel garrese del bue nero, finiscono per essere usate come racchette da sci.
Sono imbranati e pasticcioni, e per questo teneri nerd, soprattutto quando, nell’atto di prepararsi ed allenarsi alla battaglia si pungono, si feriscono e si conficcano i punteruoli colorati l’un l’altro. Il toro qui ha più l’aura invincibile del Minotauro, idea accentuata dal fumo e dal mistero attorno a questa figura demoniaca, della quale riusciamo soltanto a sentire il rumore cavernicolo e gutturale che esce dal suo diaframma ed inonda la sala.
Come si allenano i toreri, così, dentro il grande recinto nella prateria, il vecchio toro in pensione alleva il suo vitello, con flessioni e trazioni ed addominali degni di un Rocky provetto. Eccoci in chiesa per chiedere la grazia e la protezione della madonna nella difficile sfida contro l’animalità. Sangre y preghiere. Il vecchio ed il mare. Un toro il cui avvicinarsi minaccioso è avvertito ed avvisato con il classico e mitico sound che precede l’attacco dello squalo assassino.
Ma il finale è, giustamente, buonista. Ed allora eccoli alle prese con la loro personalissima corrida con stecchini a caccia di pulci e pidocchi invisibili che li beffano scappando, confondendosi, facendo perdere le proprie tracce. In fondo gli artisti sono per la gioia e per la vita e non per la morte né tanto meno per la spettacolarizzazione della stessa. Tranne Rodrigo Garcia…
“Muu!”, Compagnia Yllana (Spagna), con Fidel Fernández, Juan Fran Dorado, Luis Cao, Jony Elías, visto al Teatro di Rifredi, Firenze, il 3 gennaio 2014.