Teatro, Va in scena a — 27/01/2014 at 23:35

La trilogia Familia dei Kronoteatro al’Elfo Puccini di Milano: dentro l’universo umano si celano verità scomode

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Va in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano (Sala Fassbinder e Bausch)  dal 8 gennaio  al 2 febbraio 2014 la trilogia  Familia della compagnia KRONOTEATRO di Albenga.

28 e 29 gennaio, ore 21, sala Fassbinder

Orfani_la nostra casa

con Alessandro Bacher, Tommaso Bianco, Alberto Costa, Vittorio Gerosa, Alex Nesti, Maurizio Sguotti

produzione Kronoteatro – Comune di Albenga

In un tempo e in un luogo indefiniti e claustrofobici cinque ragazzi vengono tenuti reclusi da un uomo inquietante, che viene definito il “Maestro”. I ragazzi non hanno nome, ne’ storia; sono sperduti e immemori. L’unica percezione che hanno del mondo esterno è quella di una minaccia oscura e informe, immagini spezzate, attraversate da echi di guerra. Non ricordano da dove vengono, ne’ perché sono lì. Orfani. Orfani di madre, di padre, di memoria, di realtà… Orfani di futuro. Il Maestro li guida sottilmente, li manovra, gioca con loro un gioco indecifrabile e perverso che li allontana sempre più dalla propria umanità, dalla propria individualità, da dubbi e paure. Voci di donna, di bambina, di vecchia li accompagnano nel loro cammino verso l’alienazione. Il loro tempo viene scandito da conflitti sempre più feroci, dalla lettura di un testo sacro, rigidamente monoteista e ossessivamente ripetitivo e da esercizi ginnici dal sapore guerriero. Infine il percorso viene compiuto, il Maestro li ha preparati. Forse alla guerra, forse ad un credo, forse all’eterna ripetizione di un gioco delirante.

 

 

 

30 e 31 gennaio, ore 19.30, sala Bausch

Pater Familias_dentro le mura

con Tommaso Bianco, Alberto Costa, Vittorio Gerosa, Alex Nesti, Nicolò Puppo, Maurizio Sguotti

movimenti Davide Frangioni

produzione Kronoteatro

Spettacolo dall’andatura incalzante e vorticosa scandita dai battiti violenti di una cupa musica elettronica, è un mondo in cui il gruppo di giovani esprime il proprio vuoto solo con un crescendo di ferocia e ciò che anima i corpi è proprio quel palpito brutale ed ossessivo. È la fisicità dei protagonisti il principale strumento di comunicazione e soltanto il ritmo febbrile che scorre nelle loro vene è la linfa vitale capace di soddisfare il loro represso istinto di autoaffermazione. Padre e figlio, nell’assenza di una figura femminile compensatrice, consumano scontri sempre più violenti. Il branco, cui il figlio anela invano ad appartenere totalmente, consuma gesti e  parole via via più distruttive. Nel non luogo e nel non tempo del labirinto si esercitano magicamente pulsioni e fantasie sospese non esprimibili altrove. Tra frequenti riferimenti al mito, un crescendo di impotenza e delirio, di scontro e smania di appartenenza, irrompe l’atto conclusivo.

 

 

 

 

 

 

 

1 febbraio (ore 21) e 2 febbraio (ore 17.00), sala Fassbinder

Hi mummy_frutto del ventre tuo

con Tommaso Bianco, Alberto Costa, Vittorio Gerosa, Alex Nesti, Maurizio Sguotti

movimenti Davide Frangioni

produzione Kronoteatro – in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli e Napoli Teatro Festival Italia

L’azione si svolge attorno alla figura della Madre, la cui interpretazione è affidata ad un soggetto maschile. Un uomo non più giovane dall’identità confusa, la cui giovinezza assume i tratti di un trascorso di difficile rielaborazione. L’incostanza delle sue percezioni rivela una condizione di smarrimento, in cui il desiderio di ricongiungimento materno si traduce in nevrotica imitazione. La figura centrale è dunque un uomo livido, dai pensieri torbidi, incapace di avviare un percorso critico di auto comprensione che gli permetta di emanciparsi dalla propria condizione primordiale di figlio. Intorno a lui un gruppo di giovani presenti sulla scena: forse parti di lui, ricordi, figli, partecipano a questa danza macabra; con movimento fluido, mutevole ed ininterrotto si trasformano in estensioni del corpo materno – lembi di carne privi di autonomia la cui vita dipende dal medesimo cuore pulsante. Le aspirazioni che inizialmente sembrano animare il loro agire vengono in breve tempo corrose. É un percorso di decadenza giunto ad uno stadio definitivo il contesto di questa favola nera, che senza conoscere speranza giunge a negare l’idea stessa di un possibile futuro. Nascita e morte si confondono, mentre colui che ha generato si accinge a distruggere e a distruggersi. L’impressione è quella di uno scorrere del tempo che non conosce progresso. Il contesto familiare e le relazioni che lo strutturano diventano l’unica certezza, la gabbia dorata all’interno della quale si consuma la carneficina. Negando loro autonomia e libertà, i morti seppelliscono i vivi in una sterile terra desolata.

testi Fiammetta Carena

regie Maurizio Sguotti

scene e costumi Francesca Marsella

luci e musiche Enzo Monteverde

Con la trilogia teatrale Familia (Orfani _ la nostra casa, Pater Familias _ dentro le mura e Hi Mummy _ frutto del ventre tuo), Kronoteatro propone un’attenta indagine circa i meccanismi di interazione, attorno ai quali si costituiscono le relazioni parentali proprie della cornice familiare classica. L’analisi ruota per lo più attorno ai rapporti di potere e soggezione che s’instaurano tra i componenti delle differenti generazioni.

I protagonisti dei diversi spettacoli sono soggetti deboli, alla ricerca di un’identità antropologica e sociale. Sopraffatti dall’incessante flusso di linguaggi e realtà che non possono comprendere, cercano rifugio e sicurezza nell’unico elemento che sembra stabile e certo – la famiglia. Questa, soggetta a diverse conformazioni, da alcova e ventre materno si trasforma ora in prigione in grado di suscitare irrefrenabili desideri di evasione, ora in gabbia dorata, fonte di protezione e sostituto di una vita realmente vissuta. Sulla scena si muovono corpi dall’identità scomposta frutto di percorsi di oppressione e violenza, mentre frustrazioni e nevrosi si tramutano nell’unica linfa vitale.

È nel conflitto, in questo caso indagato in chiave intergenerazionale, che Kronoteatro riconosce il percorso principale che conduce alla coscienza di sé. Lontano da ogni retorica rassicurante, la guerra si trasforma in elemento essenziale della vita. Insicurezze e paure, frutto di una taciuta domanda di senso cui non viene fornita risposta alcuna, si materializzano in percorsi costellati di atrocità, ora sanguinolente ora velate e appaganti. La brutalità dei gesti è indice dell’impeto con cui si esprime il desiderio di autoaffermazione, risultato di una percezione di estraneità all’ambiente circostante.

Un “Teatro del martello” volto a spazzar via, senza esitazioni le placide certezze e convenzioni in cui siamo soliti rifugiarci. Un teatro che ci invita a guardare dentro noi stessi, per sbarazzarci di quella collezione di immagini sacre che funge da pilastro alla nostra auto comprensione

Teatro ELFO PUCCINI, corso Buenos Aires 33 – Milano – Dal 28 gennaio al 2 febbraio – Info e prenotazioni: 02/0066.06.06 – www.elfo.org

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