“A posto”, lo spettacolo di Ambra Senatore che s’è visto nello spazio danza di Scenario Pubblico a Catania, il 23 e il 24 febbraio scorso, sollecita immediatamente una domanda: fin dove si può spingere una coreografia elidendo, gesto dopo gesto, quadro dopo quadro, proprio la sostanza della danza? Inutile girarci: si può dire quel che si vuole di questo lavoro (che certo è raffinato, e ironico, leggero, inquietante, e poi denso, colto, esatto nel disegno eppure surreale) e lo si può persino, ordinatamente, provare a raccontare e interpretare ma, se non si risponde (ancora, certo) a questa domanda, se non la si affronta nella sua semplice rudezza, se non si corre davvero il rischio critico di provare a rispondere ad essa, restano parole vuote che, sostanzialmente, non meritano nemmeno il tempo che s’impiega a leggerle.
Invece partiamo da un particolare: se si tratta di danza appare, o meglio potrebbe apparire, ovvio il suo dispiegarsi nel contesto di un tappeto ritmico, sonoro e/o, sopratutto, musicale che è insieme respiro e narrazione, ambiente e motore del movimento; in questo spettacolo invece la musica, insieme con rumori casalinghi, voci e motivetti televisivi o radiofonici, compare, scompare e ritorna a volume bassissimo, non viene mai in primo piano, accarezza quasi da dietro lo spettacolo, lo sfiora e non lo segna né domina mai. Il segnale è chiarissimo e resta comunque in primo piano il movimento delle tre danzatrici e, col movimento, una larga mimesi della relazione che va costruendosi lentamente, di gesto in gesto, di parola in parola, di sguardo in sguardo, fra tre giovani donne (tre danzatrici) fino ad assestarsi in una vaga gerarchia e trascolorare, infine, in una specie di pic nic dall’inquietante (tragico, tragicomico) risvolto finale.
Il soggetto della mimesi lo si lascia sostanzialmente creare allo spettatore, mentre ciò verso cui lo spettacolo si volge con decisione è, con buona evidenza, la costruzione di uno spettacolo dalla drammaturgia possibile o potenziale rispetto alla quale la danza, la tradizione (in positivo e in negativo) del suo linguaggio, il dispiegarsi ritmico, sensato o simbolico del movimento, restano come paradossali allusioni, frammenti preziosi, indizi e indirizzi di stile e comunicazione più che sostanziale medium artistico. Indizi e indirizzi che vanno riconsiderati alla luce di una ricerca espressiva meta-coregorafica e meta-teatrale che non solo infrange ogni separazione tra le (due) arti, ma esplora liberamente territori linguistici, semantici e concettuali che attraversano la realtà, lasciandosene sporcare, e si stagliano prima e dopo lo spettacolo.
In questa esplorazione viene dunque aggirata felicemente e svuotata di senso la domanda che ci si poneva prima: non si tratta di elidere la danza ma di ripensarla e re-inventarla criticamente all’interno di uno spettacolo (di una dinamica forma-spettacolo) che non si dà tanto come prodotto concluso, quanto piuttosto come libera partitura di corpi, suoni, movimenti, gesti, aperta al senso (seppure un po’ troppo algida e intellettualistica dal punto di vista della comunicazione emotiva). In scena, con la stessa coreografa e danzatrice torinese, ci sono Claudia Catarzi e Caterina Basso (co-autrici dello spettacolo, laddove non appare casuale la necessità di una gestazione plurale di un lavoro di questo tipo), il disegno luci è di Fausto Bonvini, mentre le musiche sono di Brian Bellot, Gregorio Caporale, Ambra Senatore, Jimi Hendrix, Temptations.
(crediti fotografici di Viola Berlanda)
“A posto” (2011), visto a Catania, Scenario Pubblico, il 23 febbraio 2014.
Coreografia Ambra Senatore, in collaborazione con Caterina Basso, Claudia Catarzi; con Ambra Senatore, Caterina Basso, Claudia Catarzi; luci Fausto Bonvini; produzione ALDES-SPAM, con il sostegno di MiBAC – Dipartimento Spettacolo dal vivo; Regione Toscana – Sistema Regionale dello Spettacolo; Fondazione Monte dei Paschi di Siena; Torinodanza; CCN Ballet de Lorraine; Château Rouge – Annemasse; Scènes Vosges avec le soutien d’Action Culturelle du Pays de Briey.