In una città come La Spezia, scarsamente propensa al teatro e in generale scarsamente votata alla buona gestione dei beni culturali e alla organizzazione della cultura anche dal punto di vista produttivo (la sua incidenza sul totale della ricchezza prodotta, secondo Union Camere raggiunge solo il 2,9 per cento), c’è un tesoro nascosto e inutilizzato che per molti artisti e uomini e donne di teatro rappresenterebbe una specie di sogno straordinario: l’Arsenale Militare, inaugurato 10 anni dopo l’Unità d’Italia e voluto dallo stesso Cavour. Le giornate del FAI hanno permesso per la prima volta di aprire le porte della Base Navale, normalmente interdetta ai civili, e di ammirare almeno alcune aree dell’enorme “città dentro la città”.
In generale la città è piena di fortificazioni napoleoniche in pessime condizioni, nelle zone collinari e panoramiche della provincia (il forte Macé, il forte dei Pianelloni), alcuni ormai in stato di abbandono e di degrado. L’Arsenale militare è uno straordinario “spazio teatrale” naturale: avendo lavorato per alcuni eventi dentro l’Arsenale chiamata dalla Marina Militare in occasione di celebrazioni centenarie (i 100 anni del Futurismo e i 14 di fondazione della Base Navale), ho avuto modo di verificarne la potenzialità. Qui è stato realizzato uno spettacolo multimediale per la Festa della Marineria sopra il leudo centenario Felice Manin, mentre i bacini di carenaggio hanno ospitato uno spettacolo di ispirazione futurista per il centenario della corrente marinettiana.
Spettacolo ai Bacini di Carenaggio dell’Arsenale.
Capannoni in degrado o in parziale abbandono, solo in parte funzionanti potrebbero essere utilizzati come cantieri residenziali, per un teatro alternativo, e diventare la sede ideale di residenze e progetti collettivi anche internazionli.
L’Arsenale come Officina dell’Arte Scenica, come Cantiere creativo residenziale. Prato e Pontedera ci hanno insegnato come piccole realtà di provincia nate attorno all’industria possano ritagliarsi, un’identità artistica molto forte. In questi anni i ragazzi di Zo culture a Catania hanno trasformato un’ ex raffineria di zolfo e un insieme di edifici industriali del secolo scorso, in un centro per le culture contemporanee. I luoghi non sono, diventano e questo farsi luogo dell’Arsenale potrebbe essere la prossima scommessa di una città che investe sulla cultura. Oggi il tema dellArsenale e dell’utilizzo delle sue aree è in primo piano sui giornali locali per il depotenziamento dell’area militare a vantaggio di Taranto. Qui vennero costruiti i primi idrovolanti, dagli scali dellArsenale scese il primo sommergibile sperimentale italiano, Delfino, consegnato poi alla Marina Militare nel 1896 e proprio all’interno della base militare sono stati compiuti i primi esperimenti di Guglielmo Marconi sulla radiotelegrafia di supporto alla navigazione.
Le idee per una riconversione delle aree militari sono legate per ora all’unico uso delle strutture ospitanti come campus universitari, o all’uso delle banchine e dei bacini di carenaggio per nuove produzioni cantieristiche private o restauri navali ma la discussione deve essere allargata a mio avviso, dal tavolo di concertazione sindacale, politico e militare all’intera società civile perché lArsenale rappresenta nel bene e nel male, una grande parte dellidentità e della memoria storica della città e che può ancora essere resa funzionale e funzionante non solo in termini industriali ma anche culturali.
La Fonderia con annessa Zincheria, edificio rimasto illeso dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale attualmente dismesso e ingombro di macchinari, modelli e altri residui di lavorazione potrebbe essere, con un adeguato restauro conservativo, uno spazio adattissimo alla rappresentazione teatrale. Questedificio (Fabbricato 50) potrebbe essere, come ipotesi già avanzata dall’ex vicedirettore dell’Arsenale, Ammiraglio Marco Gargano oggi in pensione, sia un ideale Padiglione Espositivo in cui depositare limmensa memoria del lavoro umano, sia luogo dove dare spazio ai nuovi ingegni e a nuovi progetti nell’ambito dellarte e della scena.
Si parla tanto di ricostituire comunità ma non è mettendo insieme le persone in un luogo qualunque privo di storia e di valore che si può ricostituire un tessuto culturale. Credo al contrario che solo censendo questi luoghi ricchi di storia e potenzialmente trasformabili, e insieme queste realtà del teatro ancora purtroppo sommerse, dandogli ascolto, offrendo loro le opportunità produttive che onestamente meritano per uscire da un’ottica meramente provinciale, discutendo di quali risorse siano necessarie, ragionando su come mettere in rete tutta questa ricchezza, si potrà davvero cominciare a migliorare e diversificare un’offerta teatrale collegata con l’industria turistica, e quindi economicamente anche vantaggiosa.