Teatro, Teatrorecensione — 21/04/2014 at 21:49

Aldo morto, Timpano scava nelle zone buie delle coscienze degli italiani

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timpano

CASTELFIORENTINO – Daniele Timpano ci aveva abituati ad assistere e commentare le sue scorribande autorali sui morti eccellenti, a cominciare da Dux in scatola per continuare con Risorgimento pop. Stavolta ha parecchio alzato il tiro della sua indagine sulle icone , sui corpi del potere, arrivando a scomodare un personaggio politico come Aldo Moro, assassinato dalla Brigate Rosse nel 1978, un pezzo di storia italiana ancora fiammeggiante di polemiche, ferite, ambiguità, lacerazioni sia per le generazioni che ricordano l’evento sia per chi, come Timpano è nato dopo ( lui aveva quattro anni) ma è stato contaminato dagli anni di piombo attraverso i vissuti dei propri padri e nonni. Un atto coraggioso da parte di questo strano attore-autore, uno dei più interessanti della sua generazione già scoperto da Nico Garrone con Ecce robot nelle cantine romane e adesso noto anche grazie ad una originalità di stile che supera il modello del teatro politico e di narrazione in auge, per approdare ad un altro, tutto suo, modello assai più complesso di traduzione per le scene dei cosiddetti fatti di cronaca, sfaccettato, cattivo, che scava nelle zone buie delle nostre coscienze di bravi cittadini perbene.

Avevamo seguito quell’esperimento diffuso su Facebook lo scorso inverno, una singolare modalità di meticciamento fra il televisivo della fiction e il virtuale interattivo in cui Daniele provava a sperimentare i 54 giorni di prigionia dello statista raccontando ogni 24 ore l’evoluzione della sua carcerazione da parte dei brigatisti autorelegandosi dentro una microstanza e provando ad identificarsi con la narrazione tratta dalle lettere di Moro e le testimonianze di foto dei suoi assassini. Un esperimento che aveva anche sollevato polemiche importanti. Adesso, leggere le trame di Storia cadaverica d’Italia che comprende la trilogia Dux in scatola, Risorgimento pop e Aldo Morto ( Titivillus) e aver visionato lo spettacolo sempre più convince della peculiarità dell’autore che tratta materia incandescente con lo sguardo fra il cinico e il compassionevole per poi virare sul registro parodistico anche aiutato da una corporeità da guitto, rapido, imprendibile, inincasellabile.

Timpano parte dai suoi dati anagrafici: “avevo quattro anni, non mi ricordo non posso ricordarmi”, per poi accusare su di sé tutta una cronistoria fatta di pezzi giornalistici sul sequestro, sia televisivi che di carta stampata attacca Biagi, Montanelli, il regista Bellocchio, prende di mira ridicolizzandoli la Faranda che scrive libri sulla sua esperienza da brigatista guadagnando sulle copie , Curcio travestito da Mazzinga che si occupa di editoria sociale. Usa materiali musicali dalla Pappa al pomodoro ad Eros Ramazzotti per insinuare, provocare, contestualizzare ma insieme per èpater le bourgeois- avrebbe detto qualcuno proprio in quei tempi. Utilizza una macchinina radiocomandata la Renault 4 dove Moro è stato trovato cadavere per narrare l’inerrabile, per finire sotto una stella a cinque punte, simbolo ambiguissimo logo e delle delle Bierre e delle logge massoniche e di un certo movimento molto attuale.

Insomma una prova d’artista per ben un’ora e quaranta minuti dove Timpano è un fuoco d’artificio e alla fine il pubblico applaude quando ci si poteva aspettatare anche qualche fischio dato il magma dei contenuti e l’intento volutamente dissacrante.

 

Visto al Teatro del Popolo di Castelfiorentino il 26 marzo 2014

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