Io appartengo alla generazione che si è formata negli anni Novanta. Ci chiamano ‘la generazione parallela’, perché abbiamo vissuto all’interno di una società parallela a quella ‘ufficiale’ e ci siamo formati all’interno di un sistema educativo parallelo a quello ‘ufficiale’.
Gli albanesi del Kosovo, durante quel periodo di violenza e repressione da parte del regime di Milošević, all’interno del loro movimento di resistenza pacifica, avevano creato le loro istituzioni, che funzionavano parallelamente a quelle ‘pubbliche’, che erano state a loro volta occupate da Milošević e i suoi uomini. Tra le altre cose, erano attive scuole parallele in lingua albanese, che operavano separatamente da quelle pubbliche frequentate solo da alunni e studenti serbi.
Ora, per semplificare questa storia: io ho svolto gli studi superiori e l’università presso edifici scolastici improvvisati; sotterranei, garage, moschee, sale abbandonate e così via. Una singolare specie di illegalità.
E allo stesso modo, anche i teatri erano ‘paralleli’. La verità è che, a quei tempi, noi albanesi avevamo un unico teatro dove vedere spettacoli in lingua albanese – il teatro per bambini e giovani che si chiamava “Teatro Dodona”.
Il mio rapporto con il teatro nasce con l’inizio degli studi di drammaturgia all’Università ‘parallela’ di Pristina, nell’anno 1996. Da quel momento, questo rapporto è continuato con entusiasmo, che sembra non volersi spegnere mai. Il teatro per me è stato e rimane tutt’ora quella libertà mancata durante l’intero corso degli anni Novanta, è stato la finestra mancata nei sotterranei dove imparavamo come si scrive un dramma, il teatro è stato la forza che ha sfidato la paura di venire imprigionati o picchiati dalla polizia serba di Milošević, è stato il sogno, che in realtà, mi ha tenuto in vita durante la guerra in Kosovo.
Ebbene, non voglio esagerare con la malinconia e i lamenti. Perché, veramente, questa piéce teatrale (La demolizione della Torre Eiffel) per questo libro in italiano merita di essere più ottimista. Dunque, vi voglio raccontare qualcos’altro, vi racconto uno strano sogno che avevo fatto tanti anni fa. Avevo sognato di trovare dei vecchi drammi nel sottotetto di una vecchia casa, scritti da autori antichi, erano drammi più antichi di tutti quelli conosciuti dall’umanità fino ad ora. L’indomani, stranamente, oltre al sogno ricordavo esattamente anche i nomi dei drammi e degli autori. Ma stupidamente, invece di scriverli, mi ero fidato della memoria. Dopo qualche giorno, la memoria aveva già cancellato gran parte del sogno.
Adesso, dopo che sono passati così tanti anni, tutto quello che ricordo è la casa in cui avevo fatto il sogno, che è stata demolita e sostituita da un edificio nuovo, e me stesso mentre sfogliavo quei libri. E nonostante ciò, io ingenuamente continuo ancora a credere che non sia stato un sogno come tutti gli altri. Ora, non voglio fare la parte del ‘grande scrittore’ dicendo che quel sogno sia stato una sorta di profezia su di me, che sarei diventato uno scrittore importante e bla-bla-bla. Naturalmente, no. Quello che voglio credere è che quel sogno, che ricordo parzialmente – e del quale non ricordo la parte più importante, i nomi degli autori e i titoli di quei drammi – sia collegato a questa mia corsa irrefrenabile come scrittore, a questo entusiasmo che non molla mai la presa.
Scrivendo drammi io forse sto facendo dei tentativi di scoprire il significato di quel sogno e il significato di quei drammi nel sogno. Scrivendo drammi io forse sto cercando di recuperare una parte del ricordo di quel sogno mezzo dimenticato o di qualche altro sogno… Scrivendo drammi io forse sto cercando di completare i pezzi di un mosaico che piano piano svelerà il mistero di quei libri antichi, oppure degli altri libri scritti ancora prima, prima di quelli trovati nel sogno…
Posso dire che il teatro sia il tentativo di dare un significato ai sogni misteriosi, ai contenuti sconosciuti, ai misteri che si trovano intorno a noi, oppure dentro i nostri sogni. (Jeton Neziraj)
Jeton Neziraj, 35 anni ha scritto numerosi testi tra cui The last supper (per il progetto Bloo.Theatre.Project), Yue Madeline yue, The demolition of the Eiffel Tower, Peer Gynt in Kosovo,War in time of love, tradotte in tutto il mondo e rappresentate al Volkstheater di Vienna, a Parigi, New York e Londra oltre che in Kosovo, Albania, Croazia, Serbia e Macedonia. Liza is sleeping ha vinto nel 2007 il premio come miglior testo albanese. Unico autore del Kosovo ad essere rappresentato a Belgrado, dirige la compagnia Qendra Multimedia. Per le tematiche politiche dei suoi testi, i suoi spettacoli sono stati censurati in Serbia e in Cina ed è stato allontanato dalla direzione del Teatro Nazionale di Prishtina.
Questo testo è stato scritto per il primo volume in traduzione italiana dei suoi testi a cura di Anna Monteverdi, Giancarla Carboni e Monica Genesin, di prossima uscita per le edizioni CUT UP.
Traduzione dall’albanese: Kamela Guza