TORINO – Si chiama “Assemblea Cavallerizza 14:45″ il gruppo che ha occupato in questi giorni gli spazi degli ex maneggi e scuderie di Via Verdi (Maneggio Reale, Manica Lunga, Manica Corta, Salone delle Guardie), dal 2001 gestiti dal Teatro Stabile di Torino , il quale dopo un braccio di ferro con il Comune (la questione girava intorno agli eccessivi oneri di ristrutturazione per una loro messa in sicurezza), ha deciso di gettare la spugna e abbandonare la Cavallerizza Reale al suo destino. Dopo gli sfarzi sabaudi il degrado e l’ombra forse, di una speculazione privata (si parla di una “svendita a lotti”) che ruota intorno a una delibera comunale del 2012. Quindi là dove c’era un teatro potrebbe esserci a breve l’ennesimo centro commerciale, con abitazioni di lusso annesse.
Il suo destino ora è nelle mani di un nutrito e combattivo numero di giovani (artisti, studenti, tecnici, professionisti) che non ci stanno alle logiche del profitto con cui questa vicenda si è velocemente consumata e ha deciso di prendersene personalmente carico anche in nome di un’identità fortemente radicata del luogo (un vero “villaggio” dentro la città) che rischiava di essere svilita da cambi di destinazione d’uso o semplicemente dal degrado dell’abbandono. Lo fanno studiando le carte, dotandosi di strumenti legali e cercando di liberare un luogo enorme, centralissimo, ricco di storia (la Cavallerizza è stata edificata nel 1740) e potenzialmente grondante di socialità e creatività, dal dictat del principio della “nuda proprietà”.
Il Quotidiano “La Stampa” parla di un luogo “candidato a diventare il Valle di Torino” ma qua non c’è solo uno spazio teatrale: ai vari ambienti usati come palcoscenico, spazi per prove, depositi, ripostigli, camerini, sala di montaggio e deposito scenografie si aggiungono i giardini, il Circolo dei beni demaniali e molto altro. L’ultima identità forte è stata indubbiamente quella teatrale: qua erano ricavate tre sale usate non soltanto per gli spettacoli dello Stabile ma dalle molte piccole compagnie e questo giustifica la presenza massiccia oggi di teatranti e artisti pronti a farla continuare a vivere, dando man forte agli occupanti. La prospettiva di una mancanza di accessibilità o di una gestione di apertura di questi luoghi a seguito del contendersi tra Comune e Teatro Stabile, ha creato le pre-condizioni per una riappropriazione abitativa, prima nei termini di una “autogestione” poi di una vera “occupazione”.
L’occupazione formalmente è iniziata venerdì 23 maggio, quando all’idea di una tre giorni culturali si è aggiunta la necessità di verificare un’apertura più sostanziosa degli spazi e conseguente residenza stabile di coloro che difendevano gli immobili, con il significato vitale di una “restituzione alla città” di uno dei suoi spazi-simbolo.Oggi giovedì 29 maggio si doveva decidere per una “piattaforma di coabitazione artistica” in cui tutti i giorni dalle 20 alle 22 sarà possibile trovare momenti di incontri e performance. Importante esserci, importante dare un segnale di presenza.
Dell’Assemblea Cavallerizza 14:45 ce ne parla Maria Edgarda, una delle occupanti del primo periodo:
“Si è consumato un braccio di ferro tra lo Stabile e il Comune in cui alla fine, hanno perso tutti. Da una parte si tagliavano i fondi per gli Stabili, con lo Stabile che voleva una sala più ampia per il pubblico per rientrare in un’altra categoria di finanziamenti, operazione assolutamente lecita e legittima. Dall’altra il Comune ha chiesto allo Stabile di mettere in sicurezza i locali, proprio quando arrivavano i tagli; ha alzato la cifra ma non garantiva lo Stabile di poter usare gli spazi se non per un anno. Quelli allora hanno abbandonato l’impresa”.
Quale è stata la reazione generale?
“Le alte poltrone dello Stabile se ne sono dispiaciute. Ma la loro voce non si è mai sentita davvero. Questo contrasto tra capi da una parte e dall’altra ha visto coloro che non sono a capo di nulla, cioè i cittadini di Torino, levarsi il terreno sotto i piedi, privati di uno spazio, un pezzo di territorio dentro la città che di fatto, era loro. Si è data subito l’autogestione teatrale. Abbiamo cercato di far rivivere immediatamente questo luogo. Abbiamo avuto solidarietà dagli altri Teatri occupati, sono esperienze di cui gioiamo dell’esistenza e che portano avanti istanze simili anche se questo è un territorio che ha avuto un’identità molto forte e specifica come città produttiva e industriale. E secondo noi il ragionamente non è spaccarsi la testa su cosa è bene comune, quanto capire che il bene comune è la nostra capacità di sedersi intorno, capirci, ascoltarci e vedere come organizzarci. Decidere di non essere solo spettatori di questa storia”.
Voi chi siete?
“Ci chiamiamo Assemblea Cavallerizza 14.45 , siamo cittadini, siamo coloro che abitano questa parte di città, siamo studenti, compagnie teatrali, con noi c’è chi fa altre lotte o artisti che si sono visti negare spazi che li farebbero crescere. E’ un territorio quello torinese che ha deciso di vivere sui grandi eventi (e grandi svendite come questa) e alla fine non c’è più niente per il resto. Ma non dà respiro alla sua ricchezza reale”.
Quando siete nati?
“Durante le trattative non c’eravamo ancora. Abbiamo un percorso più lungo della nostra identità attuale. Assemblea Cavallerizza 14.45 è nata su un’onda emotiva, a novembre da chi lavorava nello Stabile per portare fuori, all’esterno questa questione; per un mese e mezzo Assemblea è stato al centro di un attraversamento di persone, si sono aggiunti molti; poi è nata una campagna Ricompriamoci la Cavallerizza. Era un po’ strano però: la Cavallerizza era già nostra. E’ un bene pubblico, un bene demaniale. Si è scelto di fare una scommessa, ci siamo chiesti se non fosse il caso di dare una stretta su questa esperienza, abbiamo fatto i “venerdì della Cavallerizza” con varie iniziative. Siamo andati avanti da gennaio e il gruppo che è rimasto, ha continuato a scommettere su questo”.
Lo Stabile come si è pronunciato di fronte all’occupazione?
“Si è pronunciato ufficialmente a favore della nostra esperienza in conferenza stampa proprio ieri”.
Nella figura di chi?
“Nella figura di Mario Martone”
Il direttore Martone: «Se è un’occupazione fatta con rispetto delle norme di sicurezza, è giusto dialogare con questi ragazzi, è la prima regola della democrazia. Come Stabile, ci è dispiaciuto abbandonare questo luogo. Io sono tra gli animatori del Teatro India a Roma, assai simile alla Cavallerizza, mi fa soffrire vederla così». (fonte La Stampa di Torino)
Anche Italia Nostra appoggia l’occupazione.
In vista di una possibilità di gestione cosa chiedete?
“Al momento chiediamo due cose: per prima cosa che il Comune levi dalla cartolarizzazione immobiliare la Cavallerizza perché è stata inserita nel progetto, a nostro avviso illegittamente: ha dei vincoli di tutela, è un bene storico demaniale, è patrimonio Unesco e c’è una sentenza del TAR che dice che il Comune è sì titolare del bene ma non ne dispone, non può farne quello che vuole. Il Comune l’ha lasciato in abbandono in rovina e ora cerca di svenderla. La questione legale è imbarazzante per le istituzioni anche perché è illecito spezzettare questo luogo (interamente non trova un acquirente) e venderlo o meglio svenderlo al miglior offerente. La seconda cosa che chiediamo è che venga attivato un processo di rimessa in funzione di questi spazi e che qualunque sia la sua destinazione d’uso futura deve essere discussa e costruita da questa esperienza, dalla partecipazione delle persone che ce l’hanno a cuore, che l’hanno vissuta”.
Chi decide sulla Cavallerizza?
“Lo devono decidere gli abitanti. Ci stiamo fornendo di strumenti per fare una battaglia legale. Noi vorremmo a partire da questa esperienza, rimettere in piedi processi decisionale sui territori. Le decisioni sui territori devono partire da chi i territori li vive, non da chi vince incidentalmente, una elezione. Perché mai dovremo rinunciare a questi spazi godibili? Per una logica di profitto? Certo le spese di manutenzione e ristrutturazione sono alte per chi ha fatto con le Olimpiadi una voragine di debiti Quindi: chi decide sulla Cavallerizza? Abbiamo l’ardire di dare la risposta: noi!
Venerdì 23 sono partiti i primi 3 giorni di occupazione. In una prima assemblea di fronte a 150 persone abbiamo deciso di rimanere e così via. Vogliamo far scoppiare il caso per garantire che la Cavallerizza sia aperta, sia il luogo degli abitanti della città di Torino. Chi ha dato la legittimità di levarci da questo spazio?”