Si è conclusa la 41esima edizione di Santarcangelo festival internazionale del teatro in piazza diretta da Ermanna Montanari/Teatro delle Albe con il coordinamento critico-organizzativo formato da Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini e Cristina Ventrucci. Il festival, centrato sulla figura paradossale dell’attore, ha in questo modo chiuso il triennio inaugurato nel 2009 dalla direzione di Chiara Guidi/Socìetas Raffaello Sanzio e proseguito nel 2010 con la direzione di Enrico Casagrande/Motus.
Con essa termina anche Eresia della felicità, una creazione a cielo aperto con duecento adolescenti provenienti da Italia, Belgio, Senegal, Brasile e Stati Uniti, tutti luoghi dove il Teatro delle Albe ha portato quella singolare pratica teatral-pedagogica che è la non-scuola. Per dieci giorni migliaia di testimoni hanno assistito alla costruzione, diretta da Marco Martinelli insieme alle guide della non-scuola, di un’opera dai versi del poeta russo Vladimir Majakovskij. Un’avventura conclusasi con un’incursione felicemente eretica degli adolescenti in maglietta gialla e dei testimoni fra le strade di Santarcangelo.
I molti
Non so mai bene cosa succede con i molti. La non-scuola (nelle sue varianti, Arrevuoto a Napoli e Scampia, Capusutta a Lamezia Terme, etc.) si confronta da sempre con i molti. Si mette a specchio con i molti. I molti sono una particolare forma di ebbrezza. I molti sono una libertà raramente concessa al teatro contemporaneo. I molti sono l’anarchia possibile, imprevista, la sorpresa che rompe il disegno registico. I molti restituiscono senso alla regia, sanno come metterla in riga, la regia, che altro non è che lasciar spazio all’inatteso. I molti sono il plotone che gioioso si sottomette a se stesso, felicità dell’essere coro, non solo riuniti con l’altro, ma addirittura uno con esso. I molti cantano e danzano, pestano e strepitano, schiamazzo di ranocchi mascherati. I molti qui sono i piccoli. Bambini pieni di grazia, adolescenti sgraziati in bilico tra l’età dell’oro e l’età del grigio (per questo, forse, ancor più commoventi). I molti definiscono un cerchio dove lo schiavo diventa libero, dove s’infrangono le rigide, ostili delimitazioni che la necessità, l’arbitrio e la moda sfacciata hanno stabilite tra i viventi. I molti imbracceranno le parole crepitanti del poeta Vladimir Majakovskij, quando lui pure era un giovane ribelle, e sentiva la tempesta nell’aria. I molti arriveranno nello spazio-stadio dello Sferisterio di Santarcangelo da diverse parti dell’Italia e del mondo, come un’epidemia, parola che alla lettera significa “l’arrivo nel paese”.
Marco Martinelli