VOLTERRA (Pisa) Il successo di VolterraTeatro è innegabile, se si scorre il lungo elenco di affermazioni riscontrate nel corso delle molte edizioni, in grado di affermarsi, soprattutto, grazie alla Compagnia della Fortezza diretta da Armando Punzo. Il mentore e regista di un gruppo di attori detenuti della Casa Circondariale di Volterra: il “Carcere dei miracoli”, i luoghi della città abitati dall’arte, dalla musica, dalla poesia, dalla bellezza, ma anche da occhi e sensibilità nuove che hanno intercettato con la freschezza dello stupore le mille meraviglie che ogni anno, nonostante le complicazioni, nonostante l’asperità di un tempo duro votato all’individualismo sfrenato, l’associazione Carte Blanche sotto la direzione artistica di Armando Punzo, riesce a concepire e realizzare.
Una formula unica al mondo di un festival d’arte che trasfigura gli spazi del carcere: dal carcere alla città, una cittadella nella città e un’altra città nella città. Un gioco di microcosmi meravigliosi. L’impossibile che diventa possibile, l’utopia realizzata. L’edizione 2014 ha visto il successo dell’ultima creazione artistica che ha dato vita ad al visionario allestimento di “Santo Genet”. Nel nome di quella poetica dell’impossibile che dopo ventisei anni è diventata grido di battaglia della Compagnia della Fortezza incarnandosi in “Santo Genet”, offrendo uno spettacolo e una promessa per la stagione teatrale che ha inaugurato pochi giorni fa il Teatro Menotti di Milano e a seguire tra pochi gioeni il Teatro Verdi di Pisa, per poi arrivare anche all’Arena del Sole di Bologna.
A Volterra nel carcere si sono entrati duecentocinquanta spettatori al giorno per le repliche del palcoscenico-carcere, il tutto esaurito con liste d’attesa. 432.770 accessi complessivi e 9.596 visitatori al sito di VolterraTeatro. Dati che portano il discorso sulla creazione di un Teatro Stabile in carcere. “Pensavo di trovare un festival di teatro, pensavo di vedere spettacoli, invece ho trovato un città che è diventata essa stessa spettacolo e opera d’arte, ho imparato ad andare su e giù nei vari spazi di Volterra e a sentirmi a casa, in un tempo diverso da quello di sempre. Credo che in un’altra città tutto questo non sarebbe possibile”, così ha commentato Frank Raddatz, direttore di Teater Der Zeit, importante mensile di teatro tedesco di Berlino.
E’ stato un festival che ha inseguito con ostinazione la volontà di testimoniare un ruolo imprescindibile dell’arte, nelle dinamiche umane di una società sempre più lacerata nei rapporti, nell’agire sopra dentro e intorno a quella “ferita” intorno a cui si è ragionato, da quando Armando Punzo ha lanciato l’idea di dedicare il festival proprio al tema della Ferita, quella della terra franata, quella umana, invisibile, dell’artista, e quella della comunità che su quella ferita ha saputo costruire, ora possiamo dirlo, un nuovo intreccio di rapporti. “Abbiamo ancora nel cuore la città, gli slarghi e i vicoli attraversati. Cogliamo questa forza di stare insieme, questa magia che il teatro ha ricreato, di unire, di proiettare. La memoria è futuro. Il segreto è cercare vincoli: la forza che li annoda è l’amore”, scrive Massimo Marino sul Corriere di Bologna, a proposito di La Ferita-Logos Rapsodìa per Volterra: l’evento di teatro collettivo a cura della Compagnia Archivio Zeta.
VolterraTeatro vive in tempi di grandi difficoltà economiche. Cosa potrebbe essere se, invece fosse sostenuto da un efficace sostegno? L’interrogativo porta il discorso all’istituzione di un Teatro Stabile in carcere. Rumor(s)cena ha voluto chiedere a chi ha la responsabilità di amministrare la Cultura e a chi ha l’incarico politico e ai funzionari dell’amministrazione penitenziaria, quali siano le loro opinioni in merito. Un dialogo di più voci a cui vogliamo contribuire per il giusto riconoscimento di tanti anni di lavoro e di impegno artistico e soprattutto umano, con l’unico scopo di permettere a persone detenute e non, un ruolo significativo e partecipativo, offrendo loro un’opportunità capace di contribuire ad una crescita morale civile e artistica. Sono contributi a cui si vuole dare impulso ad un dibattito in grado di estendersi , convinti di attribuire il giusto riconoscimento ad una realtà artistica di cui l’Italia stessa dovrebbe vantarsi e sostenere.
Un Teatro Stabile per la Compagnia della Fortezza, significherebbe dare continuità e sicurezza istituzionale alla straordinaria esperienza artistica e professionale che in 26 anni ha trasformato radicalmente il carcere di Volterra. Costruire una rete di città toscane ed europee, che contribuiscano materialmente alle attività della Compagnia e si impegnino a far pressione sul Governo italiano per l’attribuzione dello status di stabilità ad un’esperienza unica nel suo genere in Italia e nel mondo.
Ne abbiamo parlato con le personalità delle istituzioni e con Armando Punzo, fondatore della Compagnia, regista, drammaturgo e negli ultimi anni anche attore nei suoi lavori insieme ai detenuti. Abbiamo raccolto i pareri istituzionali sia in ambito politico che negli ambienti dell’amministrazione della Giustizia rispetto alla richiesta del regista che da ben dieci anni risulta inevasa. Il progetto di Teatro Stabile consiste nella richiesta di realizzazione (e quindi nel riconoscimento di un percorso ben consolidato artisticamente da 26 anni) di un Teatro all’interno del carcere di massima sicurezza di Volterra, corredato da un progetto che prevede la costruzione di un prefabbricato da adibire a teatro per 250 spettatori e con funzioni di sala prove (attualmente il regista ha a disposizione una cella di tre metri per undici per poi lavorare nel cortile, quello dell’ora d’aria) e a un ulteriore proposta di utilizzo dello spazio per creare corsi di formazione educativi sia per le scuole che per le professioni dello spettacolo. Abbiamo raccolto per capire meglio di cosa si tratta, alcuni autorevoli pareri , un ventaglio di ipotesi ed impressioni che vengono sia dal mondo della politica culturale e dell’amministrazione pubblica, sia dall’amministrazione della Giustizia e osservatorio politico sullo stato delle carceri italiane.
Sara Nocentini, assessore alla Cultura della Regione Toscana
Cosa pensa dell’esperienza di Armando Punzo a Volterra e del suo progetto di Teatro Stabile?
“ E’ un lavoro prezioso. L’esperienza di Punzo è nota come eccellenza artistica di arte e sociale a livello nazionale. In questo momento la Regione Toscana ha in attivo 16 progetti di Teatro in carcere dove l’elemento comune è la socializzazione. Punzo ha dato continuità ad una esperienza di 26 anni che non è un semplice spot. Riconfermiamo il finanziamento a Carte Blanche in vista dell’obiettivo di un Teatro Stabile che ha bisogno di uno spazio riconoscibile. Mi incontrerò a breve col sindaco di Volterra e col Provveditore alle carceri toscane Cantone. Tuttavia, senza la disponibilità del Ministero della Giustizia, non è possibile sapere come continuare a portare avanti questa progettualità in quanto l’autorizzazione non può arrivare dalla Regione. Del resto il Presidente Regione Toscana Enrico Rossi ha appoggiato da tempo l’idea del progetto Teatro stabile a Volterra. Sarò io stessa a cercare il dottor Cantone. Mi dispiacerebbe anche se Cantone si sentisse mortificato, laddove ci fosse una non volontà ministeriale alla realizzazione del progetto”.
Carmelo Cantone, Provveditore alla carceri della Regione Toscana
Da due anni lei è il Provveditore delle carceri toscane dopo aver ricoperto per ben 10 anni la carica di direttore del carcere di Rebibbia a Roma dove è stato fautore di laboratori per i detenuti fra cui quello del regista Fabio Cavalli che ha portato alla realizzazione del film Cesare deve morire , Orso d’oro al festival di Berlino 2012, firmato dai fratelli Taviani.
”E’ così, ma quel film è stato solo la punta di un iceberg rispetto alle moltissime altre attività che ho introdotto all’interno di quel carcere. La mia esperienza come funzionario del Ministero della Giustizia per la verità, è iniziata al carcere di Trieste dove sono stato vicedirettore per un anno all’inizio della mia carriera. Al suo interno sono stati realizzati laboratori tenuti da Misculin dell’Accademia della follia. In seguito sono stato per cinque anni fautore dell’esperienza del TAM, compagnia Teatro musica, di un laboratorio permanente realizzato con un gruppo di detenuti presso il carcere Due Palazzi di Padova”.
Lei ha acquisito una notevole esperienza sul campo delle attività di recupero e riabilitazione dei detenuti nelle carceri italiane producendo anche numerosi materiali congressuali di documentazione del fenomeno, adesso che è diventato Provveditore alle carceri della Toscana cosa pensa in particolare e nello specifico, delle attività laboratoriali di teatro in e per il carcere in questa Regione?
“Ritengo che non tutti i laboratori estesi sul territorio nazionale e regionale siano validi . E’ evidente che ci sono delle eccellenze come la Compagnia di Rebibbia a Roma e quella della Fortezza a Volterra diretta da Armando Punzo in Toscana. Penso che questi progetti abbiano inciso anche proprio pedagogicamente sulla funzione di riabilitazione, la funzione teatro all’interno di alcuni progetti in carcere ha avuto ritorni importanti da questo punto di vista. A questo proposito ritengo che il teatro in carcere sia arte-terapia, che il teatro in carcere deve essere sostenuto da teatranti di grande professionalità onde evitare inganno intellettuale: teatro come impegno etico da parte di conduttori e detenuti dove il gruppo vive l’esperienza come effettiva crescita con regole chiare per un impegno comune finalizzato ad un intento riabilitativo. Vede, quasi sempre il carcere non educa nè allo studio né al lavoro, il teatro può svolgere bene queste funzioni educando alla disciplina del singolo e del gruppo. Penso al lavoro di Cavalli, Punzo, Pedullà , Laura Salerno”
Non crede che a questo punto emerga una necessità culturale, sociale e anche politica di dare riconoscimento ad una Compagnia come quella della Fortezza, dopo 26 anni di lavoro ? Cosa pensa della proposta del Teatro stabile lanciata da Punzo e anche sostenuta almeno teoricamente, da una parte della politica Toscana?
“La Regione Toscana riconosce la realtà volterrana ed anche in modo sostanzioso visto che conferisce al progetto una cifra di 200 mila euro per il progetto carcere”.
Mi sto riferendo ad una ipotesi di progetto che va oltre il Ministro Beni Culturali ma riguarda il Ministero della Giustizia. Le cito Punzo rispetto alla sua richiesta formalizzata di costituzione di Teatro stabile in carcere: (…)”Lavoriamo in una cella di 3 metri per 11 e allestiamo gli spettacoli nel cortile. Pensiamo a una sala di 250 posti, all’interno dell’ultimo muro di cinta del carcere, dove sarebbe più facile fare arrivare il pubblico e, per esempio, ospitare progetti di formazione con le scuole”. Secondo lei si può andare ad una effettiva ipotesi di istituzionalizzazione dell’esperienza Teatro carcere ?
“Il passaggio istituzionale che vedo è quello di espandere l’esperienza trasferendola in altri istituti di pena. Quanto allo spazio più agibile dentro le mura carcerarie del Maschio, non lo ritengo praticabile: l’idea del prefabbricato? Non è possibile in quanto realizzabile su un impianto che è un Istituto penitenziario con spazi ridotti data la sua struttura architettonica di fortezza medicea. Se realizzato impedirebbe anche di praticare altre iniziative che sono state attivate dentro i progetti del carcere, come ad esempio le apericene organizzate dai detenuti per un pubblico esterno al carcere e devolute in beneficenza.”
Franco Corleone, già deputato europeo, ex sottosegretario del Ministero della Giustizia, attuale Garante dei detenuti della Regione Toscana
Può spiegare ai nostri lettori in cosa consiste il suo mandato?
“L’incarico mi è stato assegnato dal Consiglio regionale toscano, carica indipendente dal Governo italiano. Si tratta di un ruolo complesso. Comprende la verifica dello stato di detenzione in carcere e nelle camere di sicurezza (gli arresti provvisori nelle caserme da parte di carabinieri e polizia). Il compito è quello di verificare lo stato dei detenuti rispetto ai principi costituzionali, all’ordine penitenziario e alle leggi specifiche, per esempio quelle inerenti al lavoro dentro il carcere, alla materia delicata della salute, secondo le competenze del SSN come, per fare un altro esempio i casi di suicidio, così purtroppo frequenti nel nostro sistema carcerario. Inoltre mi occupo dei documenti dell’OMS. L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le condizioni carcerarie dei detenuti nel nostro Paese, una condanna molto grave, per lo stato di diritto della situazione delle carceri italiane; insomma svolgo una funzione e di vigilanza e di denuncia in contraddittorio.
In un momento in cui fra l’altro è vacante da tre mesi perché ancora non nominato, il Garante dei detenuti nazionale, cosa pensa della situazione delle carceri toscane per quanto riguarda i progetti culturali mirati al recupero e riabilitazione?
“La Toscana presenta un quadro di grande ricchezza e di buon livello in generale con anche delle eccellenze. Fra le varie attività quella teatrale va molto bene fra i detenuti, anche a livello dilettantesco. Come anche la scrittura creativa, la lettura, il cinema. Li considero valori culturali non strettamente trattamentali ma ricostruttivi della personalità. Con l’attività teatrale si abbattono maggiormente le catene, il fare teatro assume anche funzione liberatoria, quasi un grido di “libertà”. Il Teatro in carcere dà grande ricchezza di espressività: il grande problema di chi è privato della libertà è infatti strettamente legato al corpo, quindi al muoversi liberamente”.
VolterraTeatro,una esperienza che vive e resiste da ben 25 anni con la Compagnia della Fortezza diretta da Armando Punzo. Da alcuni anni il regista rivendica e chiede di istituzionalizzare il suo lavoro coi detenuti attraverso il riconoscimento di un Teatro Stabile. Cosa pensa di questa proposta e del suo lavoro presso il carcere di massima sicurezza volterrano?
“Quella di Volterra è un’esperienza unica e straordinaria per il livello artistico d’eccellenza. Ha i seguenti caratteri 1) la durata e questo perché è segnata da un filo stabile e di ricerca artistica da consentire rappresentazioni di straordinaria tessitura; 2) per il carcere dove è nato (per le lunghe pene, facilitando una vera Compagnia teatrale) e nella continuità del regista –conduttore insieme al suo staff. Mi è capitato più volte di chiedermi, vedendo gli allestimenti di Punzo: ma questi soggetti coinvolti sono attori-detenuti o detenuti-attori? Da sottosegretario alla Giustizia negli anni Novanta sono stato a Berlino con la Compagnia della Fortezza e ho potuto toccare con mano l’accoglienza entusiasta del pubblico di là. L’esperienza di Armando Punzo va assolutamente potenziata, le iniziative di questo elevato spessore culturale devono essere sviluppate come stimolo anche per gli stessi attori e per il regista. L’esperienza non deve essere semplicemente replicata ma essere messa nelle condizioni di andare ad un ulteriore passaggio progettuale”.
Il Provveditore alle carceri toscane Carmelo Cantone sostiene che la proposta del Teatro stabile a Volterra è improponibile in quando non ci sono spazi adeguati per costruire un prefabbricato dentro il Maschio che accolga, secondo la richiesta di Punzo, 250 spettatori. Cantone ha dichiarato inoltre che l’esperienza del regista e della Compagnia, potrebbe essere “esportata” in altre carceri. Cosa pensa di queste dichiarazioni del Provveditore?
“La trovo incredibile e inaccettabile. E’ vergognoso che sulle proposte della Compagnia non ci sia stato un approfondimento, questo già da alcuni anni dalla proposta presentata alla direzione e all’amministrazione penitenziaria. Ritengo il fatto molto grave. Personalmente ho parlato col direttore generale amministrativo penitenziario che si occupa di edilizia carceraria. Il suo atteggiamento è stato pilatesco. Vogliamo sapere cosa intendono fare. Per questo ne ho riparlato col Provveditore Cantone e lui è d’accordo, di realizzare un sopralluogo a Volterra coi tecnici. Fisserò una data per capire se ci sono le condizioni ostative oppure no per la realizzazione del prefabbricato. Sono convinto che questa esperienza volterrana senza Punzo e la sua Compagnia sarebbe stata quella di un carcere duro, e basta. Credo che la congiunzione straordinaria nata molti anni fa fra il giovane regista Armando Punzo e l’allora direttore dell’Istituto di pena Graziani sia stata un evento unico e che prima di cancellare questa storia è necessario dar vita e realizzare questo progetto di Teatro stabile per altri vent’anni, anche con altri detenuti che si avvicenderanno nel tempo. Se non diamo veste strutturata a questa storica realtà come patrimonio di istituzione totale, il rischio è che essa non abbia orizzonti significativi anche da parte della Compagnia di continuità progettuale”.
Pensa ad un concorso di istituzioni per la realizzazione, anche finanziaria, dell’idea?
“Penso per il momento, ad un concorso con altri Ministeri per avviare la progettualità. Una partnership fra soci sostenitori”.
Marco Buselli, Sindaco di Volterra
Lei è Sindaco a Volterra da sei anni, rieletto, cosa pensa della edizione 2014 di VolterraTeatro? Ha partecipato a qualche spettacolo dell’ ultima edizione?
“In realtà no. Ho solo partecipato alla serata finale, dove ho assistito al lancio delle lanterne in Piazza dei Priori. Però ho apprezzato il logo La ferita anche come tema del festival 2014, in quanto ciò che è accaduto in questa città murata, il crollo del bastione del gennaio scorso, è stato come un attacco anche se purtroppo per niente simbolico, ma così reale e disastroso. Un colpo durissimo all’anima della città ed alla sua popolazione. Può esserci un segnale positivo nella ‘ferita’, perché il sangue, deve scorrere. Il rischio è nell’ addormentarsi, è l’assuefazione.”
Ci parli dell’esperienza della Fortezza, lei è Sindaco di Volterra da oltre cinque anni, l’esperienza della Compagnia di Armando Punzo è presente da ben 25 anni.
“A mio modo di vedere è esperienza unica a livello internazionale. Il Festival Volterra Teatro è un brand che si è confermato nel tempo. Il rischio è quello della ripetizione, è necessario aprirsi a percorsi nuovi. Il tema della ferita-scelto nell’edizione 2014, richiama quello della catarsi. Con il crollo del pezzo delle mura abbiamo assistito ad un sorta di pellegrinaggio dei volterrani che andavano sul luogo del disastro, come se le persone avessero perso una parte della propria identità. E’ stato quindi interessante percorrere questo tema della “ferita”in quanto filo rosso che coglieva e riproponeva un processo di individuazione sociale e appartenenza di cittadinanza entro gli spazi della città. Il teatro parla a pochi eletti tuttavia ritengo che l’esperienza del Mercuzio ( Mercuzio non deve morire, nato dentro il carcere che ha coinvolto l’intera cittadinanza) sia stata positiva e che il progetto teatrale vada mantenuto e valorizzato”.
Cosa pensa della proposta che viene da più soggetti come l’assessore alla cultura di Pisa Dario Danti e in precedenza dalla assessora Scaletti della Regione, a proposito di istituzionalizzare il Teatro stabile a Volterra ?
“Per quanto riguarda la questione del Teatro stabile in carcere, è necessario prima parlare di un piano economico sulla sostenibilità. Come Comune abbiamo dato la nostra partnership al progetto, ma qui si tratta di investire e non abbiamo fondi. Siamo una città di undicimila abitanti : come posso pensare, da Sindaco, di poter investire sul progetto Teatro carcere nei prossimi anni di mia pertinenza, quando è crollato a gennaio un pezzo della cinta muraria?. La questione deve diventare a questo punto soprattutto di competenza regionale e statale, inquadrando la questione dentro Carcere stabile a Volterra in quanto patrimonio culturale. Volterra teatro gode di ben 30 mila euro di finanziamenti come festival e 12 mila per la Compagnia della Fortezza. Inoltre ritengo che l’esperienza, che ha avuto riconoscimenti straordinari in Europa sia in ambito teatrale che cinematografico, debba a questo punto essere di pertinenza anche del ministero della Giustizia oltre che di quello della Cultura”.
Dario Danti, assessore alla cultura del Comune di Pisa
Dario Danti, lei è da poco più di due anni assessore alla cultura del Comune di Pisa, tuttavia da molto tempo ha a cuore le sorti della Compagnia della Fortezza, fondata da Armando Punzo con Carte Blanche
“E’ così E da quando sono diventato assessore ho promosso un network per i detenuti-attori. Il Teatro Stabile permetterebbe di non rischiare di vedere la nostra esperienza, nata dentro il territorio della provincia pisana svanire nel nulla, in un momento storico in cui le province sono state abolite”.
Lei ha lanciato questa idea, unica nel suo genere, a Firenze nel dicembre scorso in occasione della presentazione dell’autobiografia di Aniello Arena, attore detenuto protagonista di Reality di Matteo Garrone. Di cosa si tratta e cosa è accaduto nel frattempo?
“La mia proposta era quella di costruire un network di città che sostenessero concretamente la Compagnia proprio partendo da Pisa, dove nel 1993 la Fortezza si è esibita per la prima volta fuori dalle mura carcerarie e dentro lo spazio cittadino dello storico Teatro Verdi (alcuni spettacoli sono andati in tournée successivamente anche a Milano, Prato, Berlino). Il nostro Teatro comunale, che è Fondazione lirica (e con in atto iniziative internazionali di Danza come il Progetto NID 2014), inaugurerà nel prossimo novembre a distanza di ben 21 anni , la stagione di prosa con Santo Genet , ultimo lavoro di Punzo visto quest’anno, ma solo da poche persone e molti addetti ai lavori, dentro il Maschio a Volterra”.
Da quanto sostiene, sembra che ci sia davvero una straordinaria continuità di progetto in atto e a lungo termine, cosa politicamente rara per il nostro Paese.
“Stiamo lavorando perché questo sia così. La territorialità non deve essere un limite, anzi, deve essere un volano. E quindi io mi attivo per il massimo sostegno in Italia ed in Europa per una delle principali esperienze teatrali nazionali. La stessa Cristina Scaletti, ex assessore alla Cultura in Regione Toscana, aveva appoggiato il progetto del Teatro Stabile. Scaletti ha più volte anche sollecitato il ministero perché concedesse la stabilità considerando il progetto “ un modo straordinario di fare vivere la cultura in carcere, facendola diventare uno strumento di crescita, studio, incontro umano”. Ecco perché il mio assessorato darà il massimo sostegno alla realizzazione del progetto di Teatro stabile in Italia ed in Europa.”
Silvano Patacca, direttore artistico del Teatro Verdi- Pisa
Ci parla di come è nata l’idea di inaugurare la stagione di prosa 2014|2015 ( l’8 e 9 novembre) proprio con lo spettacolo Santo Genet della Compagnia della Fortezza?
“Già dal primo studio su Genet del 2013 avevo fortemente voluto di poter far rappresentare anche nel nostro teatro il nuovo lavoro di Punzo. Il motivo principale è che ricorrono i 25 anni dalla fondazione della Compagnia della Fortezza ma c’è di più: il Teatro di Pisa è stato il primo teatro in assoluto ad ospitare il Marat Sade (l’occasione nacque dai permessi famigliari concessi ai detenuti-attori, dall’allora direttore del carcere Graziani). Sul palco del Teatro Verdi venne ricostruita la scenografia che riprendeva l’inferriata del cortile del Maschio,utilizzata per l’ora d’aria. Ci è sembrato estremamente significativo che dentro un teatro borghese, di tradizione, come il nostro( allora diretto da Riccardo Bozzi) fosse importata una esperienza così particolare. In realtà il lavoro di Armando dopo tutti questi anni è universalmente riconosciuto dalla critica come “lavoro sull’attore” al di là di quella che per qualcuno potrebbe sembrare essere stata una semplice esperienza riabilitativa (dentro un’ottica in senso lato di Teatro sociale) mentre secondo me è diventata, nel tempo, esperienza puramente estetica e già canonizzata dentro i termini di teatro classico”.
Armando Punzo, direttore artistico di Volterrateatro e regista della Compagnia della Fortezza
Ci racconta la sua esperienza di 26 anni di gestione, direzione di un’esperienza così determinante per la sua vita artistica e umana? E cosa pensa a proposito della mancata realizzazione del Teatro Stabile in carcere?
“Viviamo in un mondo brutale ed insensato. Creare e cercare armonia e bellezza è la sola possibilità che abbiamo. Una aspirazione ideale e concreta che ho applicato al teatro, che è diventato il mio lavoro in carcere. Un carcere-metafora che raffigura la nostra attuale esistenza e non solo un luogo della nostra attualità, della nostra contemporaneità. Ci sono artisti che hanno dipinto una natura incontaminata, in molti casi altro non era che un sogno concreto di natura umana incontaminata. In 26 anni ho incontrato tante persone in carcere, ho lavorato con tantissimi, molti di loro, avrebbero potuto avere la possibilità di scegliere di essere degli ottimi attori, altri di essere dei bravissimi tecnici. Aniello Arena è uno degli esempi lampanti di queste possibilità, attore protagonista della Fortezza, è passato al cinema con Matteo Garrone che lo ha voluta come protagonista assoluto del suo film Reality, così come Franco Felici che ha lavorato nel cinema con Marco Simon Puccioni o Jamel Soltani che è stato nel 2010 attore protagonista di uno spettacolo presentato e prodotto dal Napoli Teatro Festival o ancora Alì El Barouni che finita la pena si è trasferito in Finlandia dove ha creato una compagnia teatrale con i ragazzi a rischio sociale.
Il mio lavoro ha dato l’avvio a tantissime esperienze di teatro in carcere in Italia. Più di un centinaio ad oggi. I progetti Europei realizzati sul tema del teatro in carcere, hanno permesso di comprendere che l’esperienza della Fortezza rimane unica per longevità e risultati. In Libano e in Cile, Zeina Daccasce e Jaqueline Romeau, dopo un periodo di lavoro con la Fortezza, hanno creato due esperienze uniche nei loro rispettivi Paesi. Per non parlare della relazione straordinaria costruita con gli Agenti del carcere di Volterra che sono diventati, per la maggior parte, sostenitori e protagonisti dello sviluppo del nostro lavoro. Quello che ci è mancato, parallelamente al successo che ci è stato riconosciuto e ai risultati straordinari realizzati, è uno spazio vero ed attrezzato, che ci permettesse di lavorare ancora più a fondo sulla formazione ai diversi mestieri del teatro dandoci anche la possibilità di mostrare, durante tutto l’anno e non solo per un brevissimo periodo estivo, i nostri spettacoli al pubblico esterno e agli studenti delle scuole della Provincia e della Regione. Insomma un luogo dove poter sviluppare concretamente tanti tipi di possibilità lavorative, naturale e giusto sviluppo delle attività trattamentali.
Accanto e parallelamente a tutto ciò, si pone la naturale esigenza, dopo 26 anni di serio e continuo lavoro in tale ambito, di avere una maggiore stabilizzazione istituzionale. Questo non vuol dire più finanziamenti, ma più tutela e garanzia di continuità nel tempo. Il riconoscimento di un modello culturale e trattamentale innovativo e unico, che dovrebbe essere messo a frutto e diventare un patrimonio di tutti. Quindi, per fare chiarezza, le linee di azione del nostro progetto sono due: una maggiore istituzionalizzazione e stabilizzazione dell’esperienza e la costruzione di uno spazio teatrale attrezzato all’interno del carcere, dove poter svolgere adeguatamente svariate attività teatrali, didattiche, formative e performative. Dico adeguatamente, perché è paradossale che il carcere di Volterra, famoso in tutto il mondo per l’esperienza teatrale della Compagnia della Fortezza, sia uno dei pochi carceri in Italia non dotato di sala teatrale.
La formulazione e la presentazione del mio progetto di Teatro Stabile in carcere risale a circa dieci anni fa. In successive tappe ho presentato, alla Direzione del Carcere, il progetto relativo alla fattibilità del prefabbricato, disegnato da noti architetti (un teatro da 250 posti da costruirsi sull’ultimo cortile del carcere-non dentro gli spazi noti dove avvengono gli spettacoli ), corredato anche da progetti per le scuole e per la formazione dei detenuti alle arti dello spettacolo. Il progetto dovrebbe essere stato presentato alla Cassa Ammende, un organismo del Ministero della Giustizia che con i soldi provenienti appunto dalle ammende per vari reati, finanzia progetti e strutture nelle carceri, finalizzati alle attività trattamentali, lavorative e di reinserimento dei detenuti. Da allora, pur facendo numerose sollecitazioni e reinoltri del progetto, non ho mai ricevuto nessuna risposta, in primis dalla Direzione del Carcere e neanche dalla Cassa Ammende .
Il nostro progetto era, comunque, solo indicativo, ed aveva molteplici possibilità di sviluppo che potevano anche essere realizzate dall’Amministrazione Penitenziaria in prima persona. Si potrebbe pensare a tante altre soluzioni alternative, ad esempio, anche ad un Teatro di paglia, totalmente ecologico e a più basso costo, costruito con tecniche innovative e già realizzato in altri Paesi. Sia ben chiaro, che per questo progetto strutturale non ho mai chiesto finanziamenti al Comune di Volterra e tanto meno alla Regione Toscana e Provincia di Pisa. Ho sempre e solo chiesto un sostegno politico. Ciò che attendo, sono risposte concrete e motivate da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, dopo ben 26 anni di residenza come Compagnia della Fortezza-Carte Blanche, dentro il carcere di Volterra. Invece riconosco che il Ministero dei Beni e Attività Culturali ha fatto e fa la sua parte importante per sostenere il nostro lavoro. Così come, in maniera importante e fondamentale,la Regione Toscana, il Comune di Volterra e la Provincia di Pisa per la formazione. Il carcere ci ha solo permesso di entrare a lavorare, non è poco, ma non è più sufficiente.
Adesso vorrei avere risposte dal Ministero della Giustizia. E’ vero che la Fortezza Medicea dove ho svolto e svolgo il mio lavoro a Volterra, ha una struttura peculiare, per ragioni strutturali storico-urbanistiche, dentro mura ciclopiche- cosa che non è in altre carceri costruite di recente in Toscana. Infatti è proprio per ovviare a questi problemi strutturali, che nel progetto da noi presentato, la struttura dovrebbe essere costruita in un cortile del carcere, “al limite” tra il dentro e il fuori, un cortile fino ad ora in disuso e usato quasi come discarica e deposito di materiali vecchi e all’interno del quale fanno bella mostra dei casottini di cemento armato usati come pompa dell’acqua, cabina elettrica, ecc., rispetto ai quali mai nessuno si è preoccupato di rilevare che arrecassero danno estetico alla Fortezza, quindi non vedo perché dovrebbe esserlo un teatro, tra l’altro prefabbricato e quindi totalmente rimovibile. La nostra prima proposta proponeva anche l’interramento di quelle strutture orribili per rendere fruibile alla città e ai visitatori quello spazio bellissimo.
Tuttavia è inspiegabile e paradossale che dato il nostro progetto presentato da così tanti anni, non ci sia stata mai una risposta da chi di competenza. Dopo dieci anni sarebbe assurdo che mi si dicesse, dopo tutto il lavoro fatto e tutto il tempo dedicato a questo progetto, che ci sono problemi tecnici a realizzarlo in quello spazio. Anche perché nessuno ha mai sollevato obiezioni. Voglio sottolineare, che la questione che pongo non deve essere pensata all’interno di una logica localistica: credo che il mio lavoro sia noto a livello nazionale e non solo; inoltre la qualità del mio lavoro artistico è testimoniata da stampa e televisioni, da saggistica di critici teatrali e intellettuali che ne hanno scritto e riferito in abbondanza. Purtroppo la debolezza del contendere- io Armando Punzo- credo non stia negli argomenti artistici e/o culturali che ho prodotto col mio lavoro, ma risieda anche nel fatto che il tema del carcere, in questo Paese, ha scarsissimo interesse presso la comunità dei cittadini e quindi abbia ben poco peso nell’opinione pubblica, politicamente e quindi anche sulle indicazioni di voto. Ciò che mi preme è sostenere che, a distanza di dieci anni, è del tutto inspiegabile il fatto di non avere ricevuto risposte né dal direttore del carcere volterrano, né dalla Cassa Ammende nazionale: si tratta forse di una questione puramente economica? La costruzione del prefabbricato richiesto sarebbe sprovvista di copertura finanziaria rispetto al progetto a suo tempo presentato? Non credo…
La Cassa Ammende ha finanziato il restauro del cortile e della torre del Maschio, un progetto che avevamo suggerito alla direzione e che è stato realizzato in totale autonomia e allo scopo di creare locali atti allo svolgimento delle attività lavorative dei detenuti. Questo progetto è stato presentato nella stessa sessione della Cassa Ammende nella quale sarebbe dovuto essere presentato il nostro, che invece è rimasto in giacenza su qualche scrivania. Perché? Ecco: è sul concreto che vorrei delle risposte. Che non sono arrivate e non arrivano. Ciò che io penso è che ci sia in atto, da tempo, una volontà di resistenza, che personalmente non comprendo: il Teatro carcere, che sto conducendo da svariati anni, è una attività trattamentale, sì o no? Qualcuno si aspetta di chiuderla, magari riducendoci allo sfinimento”.
Cosa chiede in definitiva?
“Chiedo solo di lavorare in condizioni che ci permettano l’evolversi del nostro percorso, anche perché noi come Carte Blanche siamo accreditati dalla Regione Toscana come “agenzia formativa” e come tale potremmo incrementare notevolmente la nostra attività e crescere sia attraverso la creazione di percorsi formativi per i detenuti legati ai mestieri del teatro: come la scenotecnica, la fonica, l’illuminotecnica, sia aprendo la formazione a partecipanti esterni al carcere che verrebbero a formarsi sia nel campo delle attività culturali in carcere che in quelle trattamentali. Possibilità queste che abbiamo sempre proposto è che sono state realizzate con la scuola, ad esempio, e negate al teatro che ha concretamente aperto il carcere di Volterra e indicato la strade da percorrere per la realizzazione di un Istituto all’avanguardia. Il nostro lavoro è stato fonte di ispirazione per tutti e messo da parte. Basta vedere che strada ha preso quello che era il nostro progetto con Sloow Food. E tornando al tema del Teatro stabile, visto che abbiamo immaginato, forti di numerose perizie professionali di ingegneri e architetti, il luogo dove costruire il prefabbricato-teatro, chiedo alle autorità: questo spazio non è forse adeguato? Se sì, perché ? manca forse di requisiti? Se sì, l’istanza va certificata e notificata dalle Autorità Penitenziarie.
Il precedente capo del D.A.P., Giovanni Tamburino (Dipartimento Amministrazione Penale di Roma), si era preso carico del progetto e il Ministro di allora Cancellieri, vedeva molto positivamente il nostro progetto. Nel frattempo intanto è decaduto il Ministro e poi il Capo del Dipartimento. Quando io chiedo “un Teatro Stabile in Carcere a Volterra”, sto mettendo in atto una provocazione, una provocazione culturale, Strehler e Grassi proponevano “un teatro d’arte per tutti”, ed è questo che mi interessa”.