PARIGI – Una riflessione sul senso della vita di una donna over 60. Al Thèatre Hébertot di Parigi è andata in scena la pièce La Mère di Florian Zeller, diretta da Marcial Di Fonzo Bo. La pièce era già stata presentata 5 anni fa al Petit Thèatre de Paris e aveva fatto guadagnare alla sua protagonista il Molière per la miglior e interpretazione femminile.
Il testo, scritto da uno dei giovani talenti della drammaturgia francese contemporanea, racconta di una madre, che dopo aver dedicato la vita ai figli, una volta che questi hanno abbandonato il nido, si trova senza nessun’interesse, un marito che la tradisce e una casa vuota. Precipita così in una spirale di incubi, immaginati o reali, che la portano in un letto di ospedale, per tentato suicidio, o per la semplice follia che deriva dalla disperazione. Il regista argentino ormai radicato e apprezzato in Francia, sia come che attore che per i suoi allestimenti, sceglie una messa in scena minimale ricreando una panoramica quasi cinematografica con degli spazi difficilmente identificabili. La Madre si muove in una casa/ospedale/albergo, un non luogo dove la sua (non) vita va avanti come un disco rotto. Le scene si svolgono e poi si riavvolgono, si inceppano e riprendono leggermente diverse.La donna ricerca disperatamente un senso da dare a questa vita ormai spogliata di tutto, è accompagnata in questo viaggio da un marito, un figlio e una nuora/amante, che la guardano ora con condiscendenza, ora con pietà ma quasi mai con reale ed umana vicinanza.Il risultato è un lavoro di grandissima profondità e attualità.
La forma è contemporanea, mai realistica, ma nemmeno artificiosamente onirica o stilizzata. La pièce è semplicemente claustrofobica e ripetitiva come lo sono i pensieri di qualcuno intrappolato in una spirale di paure, ma non per questo è dark, non per questo è glaciale, è semplicemente viva, spaventosamente viva.La sensazione di inutilità che vive la protagonista fa riflettere sul tema dell’invecchiamento, su una società che non sa cosa farsene di donne non più giovani e belle. Sulla solitudine che abita le nostre case in cui gli anziani vivono soli in un benessere materiale, ma non emotivo né intellettuale. Sembra non esserci soluzione, i giovani della pièce “vanno fuori a cena”, il marito parte con l’amante, e la donna rimane sola con le sue angosce. Forse potrebbe non sembrare così contemporanea la figura della casalinga che aspetta il marito a casa, ma la donna che non riesce a reinserirsi nel lavoro dopo una maternità, la donna che una volta persa la freschezza dei 30 anni non è più desiderabile, la donna che superati i 60 diventa una specie di emarginata dal lavoro, dal sesso, dalla società in generale lo è in maniera preoccupante.
In definitiva La Mère ci fa intravedere però anche uno spiraglio di luce, una strana contraddizione di fondo, un piccolo cortocircuito tra finzione e realtà. La forza degli incubi a cui da vita Catherine Hiegel si scontra con la sua stessa tempra di donna, con la sua energia con la su forza e la sua sana follia. L’attrice , mandata in pensione dalla Comédie Francaise dopo averne calcato le scene per quarant’anni, rappresenta lei stessa la riposta all’empasse del suo personaggio, e suo malgrado, o per un delicato lavoro di alchimia fatto con il regista, riesce ad instillare in questa madre disperata un amore per la vita e una forza che scuotono le fondamenta dell’intero spettacolo.
Visto al Thèatre Hébertot di Parigi il 5 novembre 2014