CATANIA – Forse è destino che ogni forma ed esperienza d’arte che si sviluppa in Occidente prima o poi debba confrontarsi col mito. È un destino che accomuna ogni forma d’arte ogni esperienza, ogni percorso, mentre sono pochissimi quelli che a questo destino si sottraggono. Non è certo questo il luogo per riflettere sui motivi (storici, culturali, antropologici) per cui ciò accade, ma è chiaro che, se ci si trova ad assistere al debutto di una coreografia intitolata “Agamennone (criminal case)” di una compagnia siciliana, che negli anni ha fatto del rapporto col mistero della contemporaneità la sua primaria ragion d’essere, qualche domanda occorre porsela. Parliamo della coreografia di Petranura Danza che ha debuttato in prima assoluta a Catania a Scenario Pubblico il 16 ottobre scorso: in scena Salvo Romania (che della coreografia è l’autore, insieme con Laura Odierna), Valeria Ferrante (altra colonna della compagnia) ed ancora Jessica Eirado Enes e Filippo Domini; disegno luci e costumi rispettivamente di Mario Villano e Debora Privitera; le musiche, in gran parte originali, eseguite dal vivo in scena da Carlo Cattano (al sassofono) e da Raffaele Schiavo (voce e percussioni).
Dunque Agamennone: l’antichissimo mito che ci riporta all’Iliade e all’Orestea di Eschilo, il mito che si e ci interroga sul senso della giustizia basata sulla vendetta, che può a sua volta innescare un’infinita catena di vendette e può essere interrotta solo dall’avvento, sacrale e politico, di una giustizia che sa riconoscere le ragioni degli altri, o forse anche – sembra chiedersi Romania – da una considerazione del coacervo emozionale entro il quale nasce anche la violenza. Ecco lo scarto che rende interessante questa lettura: per interpretare e, quindi, per por fine alla violenza non basta capire le ragioni degli altri, comprenderle razionalmente, occorre anche, primariamente, capire le emozioni che ne costituiscono l’humus. E qual è la sede primaria delle emozioni (dolore, delusione, orrore, sete di vendetta, ferocia) e della comunicazione basica di esse se non il corpo? Ecco quindi la possibilità della danza, ecco la possibilità che l’intelligenza del corpo e delle emozioni trovi la sua lingua privilegiata e quasi necessaria nel linguaggio della danza: ecco la possibilità di questo spettacolo.
Uno spettacolo che è ben costruito, solido, equilibrato nei suoi vari segmenti: segue il mito (sostanzialmente negli snodi della versione eschilea: l’arrivo glorioso di Agamennone ad Argo, la trappola ordita da Clitennestra ed Egisto, la vana premonizione di Cassandra, l’assassinio, il trionfo degli assassini), lo attraversa e se ne serve liberamente senza restarne abbagliato e prigioniero. Sono le emozioni a guidare (e a comunicare) la costruzione del gesto e dei movimenti, anche nei momenti in cui è massimo il pathos, mentre il linguaggio coreografico di Romania sembra essersi alleggerito, depurato da ogni ansia, affettazione, venato di sana ironia. Un discorso a parte va fatto questa volta per le musiche, giacché esse davvero danno una marcia in più, in profondità e respiro culturale, a questo lavoro: sono respiri e sono echi lontani, dolore e gioia, voli e tonfi dell’anima, sono bisbigli e sono frastuono di navi, mercati, viaggiatori. Anche in questa dimensione musicale insomma, si scrive Agamennone si legge uomo.
“Agamennone (criminal case)”, 16 – 18 ottobre, Scenario Pubblico, Catania. Compagnia “Petranura danza”, produzione Megakles Ballet (in collaborazione con Scenario Pubblico CZD / Centro nazionale produzione della danza). Coreografia e Regia di Salvatore Romania e Laura Odierna. Danzatori: Salvatore Romania, Valeria Ferrante, Jessica Eirado Enes, Filippo Domini. Musicisti (live): Carlo Cattano (flauto e sax), Raffaele Schiavo (voce e percussioni). Crediti fotografici: Alfio Ossino.