REGGIO CALABRIA – Nel centro della hall del Museo archeologico di Reggio Calabria – il museo, progettato da Piacentini e totalmente riconcepito, che accoglie le statue dei Bronzi di Riace – c’è un grande letto blu, palcoscenico minimal su cui una regina, ma ancor prima una donna, racconta con il corpo attraverso parole e movimenti la sua scelta eccezionale, scandalosa in ogni tempo e luogo: quella di essersi congiunta con un animale, divino quanto si vuole ma non umano, perché “Pasifae, madre del Minotauro“. La interpreta Teresa Timpano, danzatrice e attrice di Scena Nuda alla direzione artistica del Festival Miti Contemporanei che per la sua quarta edizione abita fino a domenica spazi museali della Calabria, rivela segreti e nuove profondità nelle favole antiche e in esse legge inediti, toccanti risvolti femminili.
Bianchi sono gli abiti di Pasifae, fascianti come i lini delle vittime sacrificali, nerissimi i capelli, una sensualità forte e insieme dolce è quella delle membra che si avvolgono e si sciolgono in un abbraccio e trovano parole intime, d’amore composte in testo da Filippo Gessi. Dietro il grande semicerchio del pubblico il trio dell’Orchestra Cilea diventa ahimè prepotente per l’acustica di uno spazio altissimo e, forse, invece di brani musicali strutturati sarebbero bastati dei suoni. Ma il percorso del lavoro della Timpano è giusto e perviene a ritagliare attorno all’unico oggetto di scena uno spazio picassiano.
Parte al contrario già da linee di arti visive un altro degli spettacoli, presentato sul palco della sala convegni del Museo archeologico di Palmi: “Black Lights”, vincitore del bando lanciato dal festival per inediti progetti di danza e coprodotto da Abbondanza/Bertoni. I due protagonisti, Andrea Baldassarri e Tommaso Monza, disegnano coi movimenti una composizione grafica che ricorda un’incisione a puntasecca fatta di grigi e fragili rilievi bidimensionali. Poi col crescere della voce nera registrata della Jackson i due corpi dialogano fino allo scontro, mentre affiora il tema della tragedia fisica dei migranti, del rapporto brutale con la fatica di sopravvivere, e nelle scene finali sulle musiche di Bosso essi si avvolgono, lottano, scompaiono in un cellophane che funziona da deus ex machinad fatale.
Legati ad una recitazione convenzionale che spegne i testi anzichè renderli incandescenti, sono invece i lavori sulla vita di Camille Claudel, regia di Paolo Bignamini (già autore di un forte monologo di Lucille Desmoulins), e quello assai piu’ strutturato di Matteo Tarasco dove le giovani interpreti di Circe, Nausicaa, Calipso, ovvero le “abbandonate” da Odisseo, il Nessuno che non ritorna, e la novità dei costumi di Chiara Aversano creano un tempo onirico, dilatato, di grande bellezza.
Durante la settimana altri spettacoli, nutriti da incontri sul rapporto tra mito e scrittura moderna, sono in scena a Locri, la Medea lunare di Corrado Alvaro e, con Luca Fiorino diretto da Filippo Gessi, le visioni del barbone Vanni in “Icaro.L’ultimo volo“, per tornare l’8 a Reggio Calabria, al Teatro Comunale, con Monica Guerritore nel recital “Dall’Inferno all’Infinito“.
In copertina immagine di “Odissea nessuno ritorna”
Visto a Reggio Calabria il 5 novembre 2015
Museo Archeologico Nazionale
Pasifae, madre di un Minotauro
di Filippo Gessi. Produzione Scena Nuda.
Con Teresa Timpano e trio d’archi dell’Orchestra F. Cilea