Recensioni — 26/02/2016 at 00:12

Minimacbeth: una felice riedizione

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BUTI  (Pisa) –  Si tratta di una riedizione, la numero due per la coppia Giovanna Daddi e Dario Marconcini a distanza di 15 anni, di un lavoro di scalpello nato dalla felice riduzione drammaturgica dell’immensa opera del Bardo tratta dal Macbeth a firma di Andrea Taddei.  La coppia Daddi/ Marconcini continua a stupire per la forza esperienziale, unita all’intelligenza creativa, che ha ideato da molti anni una fra le più interessanti stagioni toscane a detta di studiosi e critica militante nazionale, una rassegna Piccoli fuochi , un crogiolo di progetti fra cui la residenza di Jean Marie Straub. Da sempre fortemente collegato con il CSRT di Pontedera, se non altro per la provenienza generazionale di esperienze straordinarie quali quelle originarie del gruppo con i Maestri da Grotowski, Living ed Eugenio Barba, Dario Marconcini dirige da decenni uno spazio come il Teatro Francesco di Bartolo, un gioiello architettonico della metà dell’Ottocento alle pendici del Monte Serra a pochi chilometri dalla città della Vespa. Già apprezzata da chi scrive per una edizione a Radicondoli nel festival che fu di Nico Garrone, e a firma di Taddei anche della regia (con Emanuela Villagrossi e Bruno Viola voci recitanti), questa nuova edizione del Minimacbeth convince per la prova d’artisti e la originale invenzione scenica. Lo spazio infatti viene circoscritto e allestito direttamente sul palcoscenico dove si sale (lo spettacolo è per quaranta persone) e siamo fatti accomodare su due spalti intorno ad un lungo tavolo di legno ricoperto da foglie secche autunnali dove i due Macbeth si incontrano e scontrano, tramano amano e uccidono fino al delirio finale, l’una di fronte all’altro, sopra e sotto il tavolo, sopra e sotto le sedute delle rispettive e simmetriche sedie-trono.

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La riduzione drammaturgica prosciuga tutti i personaggi che non siano i due e quindi sta-anche e soprattutto, all’invenzione registica e scenografica trovare oggetti e spazi di narrazione evocativi e restituivi della trama. Breve candela, spegniti! La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attorello sussiegoso che si dimena sopra un palcoscenico. Questi versi fra i più celebri della tragedia e in realtà collocati nel V Atto, vengono trasposti all’inizio della riduzione drammaturgica e vedono un Macbeth-Marconcini, dotato di insolita capigliatura: una parrucca dalla lunga chioma bianca con maschera (balinese) che reindosserà in uscita dalla scena, una chiusura ad anello, nel finale. La Lady-Daddi, si presenta a sua volta abbigliata con pesante damascato assai elegante da regina e si muove da vera dark lady sensuale e sanguinaria che tutto è pronta a immolare per il Potere, bambini compresi e non, in pasto nella stanza-tavolo desco letto, spazio simultaneo dove tutto si consuma. Tutta l’azione che dura almeno un’ora, si svolge all’interno di un microcosmo spazio-temporale dove le due anime-corpi si aggrovigliano in una sorta di psicodramma dal sapore grottesco, un delirio à deux dove la prova attoriale è sia fisica che mentale e tutta giocata all’interno di un sofisticato gioco di sostituzione anche allegorica.

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La trama originaria della tragedia è come ammansita, distanziata per prosciugamenti attraverso una mise en abime, un sottotesto che si desume più dalla fitta affabulazione in contraddittorio dialettico fra due interpreti che invece non risparmiano e non si risparmiano in scena. Sino alla cavalcata finale, agita sempre sul tavolaccio nuziale, quella della famosa foresta semovente della battaglia, su cui vengono allineate figure stranianti di eleganti cavalieri di varie fogge (in pasta di legno su intelaiatura metallica creati da Riccardo Gargiulo di pregevole fattura). Un omaggio ai Maestri questo della coppia, in particolare all’Odin Teatret per la cura dell’essenzialità, l’estrema pulizia formale di gesto e segni espressivi.

Scrittura per la scena di Andrea Taddei
con Dario Marconcini (anche regista) e Giovanna Daddi
coreografia e luci di Riccardo Gargiulo
musiche di Shonberg e Madrigali di Gesualdo da Venosa
Visto a Buti( Pisa), il 9 febbraio 2016 al Teatro Francesco di Bartolo

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