PERUGIA – Massimiliano Burini, regista della compagnia umbra Occhi sul mondo si esprime così parlando del suo teatro e della pratica teatrale, usando una metafora pugilistica, sport che pratica: “Facile parlare fuori dal ring commentando un combattimento e dirne di chi non ci sale. Datemi la possibilità di salire, date a tutti la possibilità di salire sul ring e battercela.” E il suo fare artistico esprime tutto il coraggio, la determinazione, “l’allenamento”, di chi sceglie di seguire la propria strada senza compromettersi con facili scelte ammiccanti e servizievoli verso chi “suggerisce” cifre e tematiche. L’esperta competenza scenica si nota nel suo lavoro, Alice Dragstore, sul patinato e sotterraneo mondo delle Drag Queen. Lasciando lo spettatore fuori dal palco, dietro uno specchio, un invisibile specchio parete e banco di prova per l’interpretazione di attori con ancora l’ansia da prestazione senza il rodaggio necessario a deglutire una composizione estremamente articolata e sfaccettata. Anche troppo. Perché esporre tutta la merce sul banco è desiderio di chi sa che deve sudare per salire sul ring.
Burini, assistente di Latella in “L’importanza di essere Earnest”, impara dal maestro a trattare la materia teatrale assecondando l’elemento artistico non l’artificio, il verticalismo alle piatte meccaniche di posa, l’utilizzo immaginifico prettamente plastico evitando di scimmiottare altri linguaggi. Feticci, materia vivida e icona. Rinnovare linguaggi codificati. Per comporre una così variegata grammatica scenica, si incappa negli errori, nel rischio di essere “rimandati” dal pubblico ormai assuefatto da altri tipi di teatro ma il coraggio e la determinazione sono qualità da non sottovalutare. Uno spettacolo plurale, Alice Dragstore, impiantato con sfumate arie da nuovo cinema tedesco anni 60’-70’ e prosaico (drammatico) d’innovazione. Segni grafici a consegnare ambiente e significante, caratterizzazione dialettica e corporea del personaggio, utilizzo dello spazio per dettare interpolazioni drammatiche e drammaturgiche, mancanza di frammentazione verbale per una drammaturgia più vicina alla sceneggiatura o al dramma in senso stretto. E una richiesta di eccellenza agli attori, tutti molto impegnati nella prova e virtuosi, non in grado di appagare fino in fondo la richiesta.
Il teatro a scrutare nel sommerso. Benché il mondo dell’omosessualità e del travestitismo non faccia più allarme. Almeno nell’apparenza di un perbenismo di facciata e mediatico. Il teatro a (far) mettere gli occhi sulle ombre d’un mondo scintillante. Somigliante o prodotto dalla ‘normalità’: gerarchie strette, sudditanza al capo, dipendenza dal volere di questo, vassalli subordinati all’alto e prepotenti con gli inferiori. Tematiche tuttavia gestite con l’attenzione alla costruzione scenica, a proporre la scienza registica (notevole). Soluzioni e competenza, a far fiorire una ricchezza di codici e dovizie, le note liete del lavoro. Su cui ancora c’è da soffermarsi per far quadrare e far fluire gli ingranaggi. E concedere allo spettatore il tempo di smarrirsi – fra un cambio di registro e un altro; una scena e un’altra non conseguente; una storia e un’altra, un personaggio e un altro; un’entrata e un’uscita di scena; un segno e una metafora – e di godersi il piacere di abbandonarsi senza troppo concentrarsi per gli innumerevoli stimoli proposti.
Alice Dragstore
drammaturgia Daniele Aureli, Massimiliano Burini
regia Massimiliano Burini
con Matteo Slovacchia, Daniele Aureli, Amedeo Carlo Capitanelli, Stefano Cristofani, Riccardo Toccacielo
realizzazione scene Francesca Marchetti
disegno luci Gianni Staropoli
produzione OcchiSulMondo
con il sostegno di Kilowatt Festival, Armunia Festival, Centro Danza, Teatro Stabile dell’Umbria
Visto a Perugia, Teatro Brecht, 19.02.2016