CASCINA (Pisa) – Sette donne, sette sorelle per storie ad intreccio con sullo sfondo una realtà siciliana, una drammaturgia in stretto dialetto, dove storie di memorie incandescenti si incrociano rullano scompongono in deflagrazione fantasmagorica. Impressiona immediatamente la macchina teatrale: i tempi, i suoni, le luci, i costumi, in perfetta sintonia con la scrittura, insomma l’estrema sintesi di un pensiero condensato nato per ensemble di attrici (e attori) e confezionato per la scena. Sì, perché senza i corpi e macchina teatrale che li svela e rivela, la testualità rimarrebbe un po’ in penombra e non solo per l’eventuale ostacolo della comprensione, quella della lingua. E’ il non verbale, per dirla banalmente, una delle funzioni artistiche prevalenti del lavoro che travolge i sensi dello spettatore molto forse più in questa messinscena rispetto ad altre, firmate da Emma Dante regista palermitana di fama internazionale. In una sala gremita della Città del Teatro, già aveva un po’ fatto specie la voce in sala in pre-spettacolo che avvisava: le luci saranno spente, comprese quelle di servizio, se avete bisogno fatevi accompagnare…, era uno pseudo- prologo: perché è dal buio e solo da quello, che emergono le sette sorelle sette, che irrompono in scena aperta (zero scenografie per intenderci), quasi in marcia militare ed in particolare una, che emerge a sua volta e si distingue fin da subito per un altro tipo di vitalità. Raccontare le storie ed una storia in particolare, quella di una defunta, giovane con l’aspirazione della danza, morta per evento accidentale di annegamento mentre le ragazze- sorelle erano al mare, dentro una famiglia dove i lutti femminili si sono succeduti (la madre morta a sua volta ancora giovane, un padre un po’ così per dirla alla Vecchioni), in sincronismo di fatti temporali anche distanti. Ma qui sta l’astuzia drammaturgica pensata per la scena. E’ confrontarsi col sacro e col dissacrante. Ma qui non è di blasfemia che si tratta, come forse in altri lavori della regista. Qui l’intreccio è forte, destabilizzante, perché i morti ed i vivi si incontrano sul palcoscenico dove le sorelle avanzano dal buio, vestite di scuro, mentre una sola di loro danza a corpo libero (per nel finale spogliarsi-danzare come da desiderio e definitivamente, in plot costruito ad anello).
Quindi la chiusura drammaturgica è anche l’incipit: un funerale. Uno spazio di memorie private dove si celebra il corpo appunto, presente e/o assente. Spesso quando la famiglia va in lutto, si lamentano sprazzi di singhiozzi (e nessuna delle sorelle piange in verità, che paradossalmente non siamo dentro un melodramma), mentre in scena si vira verso piuttosto urlate verità. E ciascuna delle Sorelle tanto ha da dire a se stessa ed alle altre più o meno coetanee che gliele dice, e finalmente raccontandosi, quasi a resa dei conti. Entra in gioco la memoria di infanzie, adolescenze, fantasie, ricordi, giochi, risate, ma anche rancori, vendette, invidie tra sorellanze di diverse età. Nel narrato, assai in accelerazione, spunta da quel buio in cui vivi e morti si rintracciano simbolicamente, la coppia genitoriale. Così due figure emergono da buio, un uomo e una donna che si confondono in fusione di corpi in una danza di accoppiamento fra eros e thanatos molto perturbante a segnare ed inquinare una scena già di per sé plurisemantica-l’uomo-padre indossa una sottoveste color cipria identica a quella della compagna. Le Sorelle raccontano e si raccontano cambiando spesso costumi: dal nero cimiteriale a coloratissimi vestitini a vestagliette anni Cinquanta che tanto piacciono a certi stilisti che si ispirano al neorealismo d’antan, a segnalare i cambi di registro testuali ed extra testuali in un feedback temporale diacronico che si riavvolge su se stesso. In scena assistiamo anche a duelli tra di loro con segni di croci spade e scudi come da un classico di teatro dei pupi. E qui rientriamo nel buio della scrittura scenica che si appalesa per indizi, in perfetta macchina da guerra teatrale. Che tratta di segreti per bagliori e folgorazioni alchemiche come il vero Teatro sa cogliere e trasformare.
Le Sorelle Macaluso
testo e regia di Emma Dante
con Serena Barone, Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Italia Carroccio, Davide Celona, Marcella Colaianni, Alessandra Fazzino, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier
luci di Cristian Zucaro
armature Gaetano Lo Monaco Celano
Visto alla Città del Teatro di Cascina (Pisa), il 13 aprile 2016