Poeta e intellettuale, attore e impresario: in una parola, Shakespeare. Appunto, in una parola, magari non nei fatti: bello e impossibile che un genio come lui, o come la storia del teatro ci ha tramandato, sia l’uomo di Stratford upon Avon, provinciale illetterato fuggito a Londra, divenuto dopo (troppo) pochi anni sublime artista. E’ una tra le considerazioni che Lamberto Tassinari fa per dare corso all’inchiesta di trecentocinquanta pagine sulla vera identità del Bardo in John Florio alias Shakespeare edito da Le Bord de l’Eau (traduzione di Michel Vaïs). La grande cultura di chi ha scritto Re Lear e La Tempesta, Otello e Amleto, e brillanti commedie è provata dall’uso “strano”, ricco che egli fa della lingua inglese alla fine del ‘500: centinaia di neologismi, figure fantasiose, endiadi, proverbi familiari solo ad un umanista formatosi su modelli classici portati dall’Italia, patria del Rinascimento, respirato dalla breve Renaissance inglese sfociata nel Barocco. Si citano poi i tanti riferimenti evidenti o allusivi a luoghi e nomi italiani… Insomma, “quello” Shakespeare non è l’uomo di Stratford ma un frequentatore di aristocratici ai cui figli insegna lingua italiana e francese che parla perfettamente, filosofia perché amico di Giordano Bruno, e sapienza biblica. Il suo nome? Florio, Giovanni divenuto John perché nato a Londra dall’erudito ebreo Michel Angelo lì emigrato. La miracolosa moneta ha dunque impresso il valore su una sola delle facce? La passione e fondatezza che Lamberto Tassinari, professore di filosofia a Montreal, porta alla sua tesi è tale per cui, dopo il primo sconcerto, si sta dalla parte di Florio, autore a trent’ anni di testi grammatici, liriche, traduzioni in inglese mirabili e “inventive” degli Essais di Montaigne. Dalla sua parte è Bacon, plasmatore del nom de plume Shake-speare per il già noto coetaneo che, in clima di euphuism, lancia il poema “Venus and Adonis” per dedicarsi poi alla drammaturgia.
Sciolto … pseudonimo – Shake-speare= traduzione in inglese di scuoti-lancia, cioè penna–, Tassinari procede nel trovare coincidenze tra John Florio e il Bardo: la stessa mano ha scritto identici innumerevoli passi, ha perfino “copiato” gli stessi errori; non ha mai usato il dialetto né della contea di Warwick né di altre; la ricchezza e il calore delle parole e delle immagini vengono da lontano… Lo straniero eppur londinese Florio si è talmente integrato nel Paese elettivo da contribuire alla fioritura di quella lingua e cultura. Ma – e siamo al punto cruciale – la sua figura è stata cancellata, svilita (tra i suoi violenti affossatori Mario Praz) e forse per nazionalismo gli studiosi inglesi non ammettono coincidenze. Fino agli ultimi decenni. A resistere ancora è il primo ministro britannico David Cameron che su Le Monde difende l’identità stratfordiana e diffida dall’insistere nell’eresia.