La cucina di Stefano Pasquini e Paola Berselli è il luogo dove ritrovi i propri ricordi a lungo sopiti, ascolti le storie di vita simili a quelle che raccontavano i nonni. Favole così reali da assomigliare a vite vissute in epoche precedenti. Raccontano di una volpe che ruba le galline nel pollaio delle Ariette, la brina che copre di bianco luccichio i prati e trasforma il paesaggio in una Siberia padana, la cicoria che non cresce dopo quattro semine. Il capriolo che saltella nel prato.
Non è solo una storia, quella raccontata da Paola Berselli e Stefano Pasquini, è anche la loro vita: venti anni di matrimonio, di vita trascorsa in campagna, a Castello di Serravalle, in provincia di Bologna, ai piedi delle colline tosco-emiliane. Dal 1996 sono anche gli anni di “teatro nelle case”, di “teatro invisibile del cuore”, come lo chiamano loro.
Sono riti quotidiani condivisi (una necessità che definiscono “un desiderio inappagabile di una condivisione impossibile”) in giro per tutta Italia e per l’Europa, “placata soltanto (e provvisoriamente) quando gli spettatori arrivano e si siedono al tavolo aspettando qualcosa”. Ricevono frammenti di civiltà, di cultura contadina. Più umana. Forse questo è il termine più consono, offerto ai commensali che onorano la tavola, bandita da Stefano (sua moglie lo chiama Pasque), un signore elegante, dal viso addolcito dall’età.
Paola è una donna forte ed energica, capace di sorridere e trasmettere allegria anche solo con gli occhi. Festeggiano il loro “Matrimonio d’inverno”, un “Diario intimo” casalingo, dipanato pagina per pagina, dalla voce femminile, a tratti sommessa, sofferta, meditata, ma anche gioiosa, mentre Stefano e Maurizio Ferraresi preparano i tortellini da cuocere nel brodo ricco di sentori e odori. Sono profumi di una cucina molto antica, dove ti sembra ancora di vedere quelle donne emiliane intente a tirare la sfoglia a mano, uova su uova, fino a farla diventare quasi trasparente. Una cerimonia di un matrimonio che di inverno ha solo il nome della stagione più fredda, ma così importante, però, per i campi dormienti sotto la neve, in attesa del risveglio primaverile, fatto di semine e sudori quando devi ararli.
Paola e Stefano aprono la loro cucina trasferita, per l’occasione, al Teatro Magnolfi, una delle sedi del Festival Contemporanea di Prato. Quando entri nella loro “cucina teatrale”, senti un profumo di pane caldo, la luce delle candele che rischiara e scalda l’ambiente. Alle pareti ci sono fotografie della loro giovinezza, il giorno del matrimonio avvenuto il 18 giugno del 1989, un soave suono accompagna il convivio. È il Quartetto d’archi op. 135, III movimento di Beethoven. I vestiti buoni della festa sono appesi un po’ ovunque, le mani di Stefano, Maurizio e Paola, rivelano una sapienza antica, quasi ancestrale, fatta di piccoli gesti che impastano il cibo.
Il “teatro delle tradizioni” di una cucina, dove un tempo sedersi davanti ad una zuppiera fumante, era segno di prosperità e armonia. Narrano la loro storia: la coltivazione dei campi, quando il gallo è morto, i genitori che non ci sono più, le visite al cimitero. Stefano svela di essere sempre stupito “di quanto sia straordinaria la vita ordinaria”. Aleggia nell’aria un sentimento di nostalgia: “ I posti che non sono mai stato, sono l’altrove che io ho dentro”, dice Stefano, mentre Paola gli fa eco: “I sospiri benigni proteggono gli uomini dalla malinconia”, spiegando che quando lavora nei campi, è come se vedesse i suoi cari defunti “ dove i morti non fanno paura”.
Un “amarcord” in terra emiliana. Se Fellini ha raccontato il suo al cinema, il Teatro delle Ariette lo fanno rivivere a qui nella loro cucina, casa, teatro, a modo loro. Servendo piatti genuini e un vino che sprizza allegria solo vederlo. C’è anche spazio per le storie tristi, sentite alla televisione e sui giornali, come quando Paola descrive il suo stato d’animo provato alla notizia della morte di Eluana Englaro, che tanto ha diviso le coscienze degli italiani.
E’ tempo di servire la cena. Stefano si rade la barba al tavolo, Paola si cambia vestito. La voce di Franco Battiato canta una personale versione della “Canzone d’inverno”, di Fabrizio De Andrè”. Un canto per celebrare il matrimonio d’inverno, più caldo, affettuoso e amorevole, a cui l’umanità possa partecipare. E con loro dividi un piatto di tortellini e brindi al matrimonio che conosce tutte le stagioni della vita.
Matrimonio d’inverno, Diario intimo
Teatro delle Ariette
di e con Paola Berselli e Stefano Pasquini, e Maurizio Ferraresi
regia di Stefano Pasquini
visto al festival Contemporanea di Prato il 29 settembre 2011