TRIESTE – In “The Pride” di Alexi Kaye Campbell, autore di origini ellenico-britanniche, il tema dell’omosessualità è messo sotto i riflettori. È lo spunto, un disegno netto ricamato sulla trama, la causa del dramma vissuto da tre persone alla fine degli anni Cinquanta e da altre tre ai nostri giorni. Il tessuto su cui esso è inserito risulta essere invece meno definito. I tre protagonisti portano lo stesso nome nei due periodi storici e si alternano ad ogni cambio scena: Philip è Luca Zingaretti, Oliver è Maurizio Lombardi, mentre Sylvia viene interpretata da Valeria Milillo, cui si aggiunge un uomo, Peter e un medico, ruoli interpretati tutti da Alex Cendron. I due terzetti si guardano in qualche modo allo specchio attraverso quasi sessant’anni, portando lo spettatore, in questi continui salti temporali a perdere il senso dell’orientamento e quasi a confondere le due vicende, distinte ma non tanto diverse. In quella più antica, Philip e Sylvia sono sposati e Oliver lavora assieme a Sylvia, mentre in quella a noi contemporanea la coppia in crisi è quella costituita da Philip e Oliver e Sylvia è un’amica di entrambi. Osservando quel che avviene da un punto di vista più defilato, il vero nucleo centrale sembra essere quanto avviene nel profondo dei personaggi, che trascende la specificità della questione per trasformarsi in qualcosa di universale e che si traduce nella disponibilità a comprendere la natura di ognuno e nella scelta consapevole di accettarla o meno, in se stessi e negli altri.
La solitudine, derivante dalla mancanza di franchezza nelle relazioni anche più intime, è vissuta da tutti ed è ben descritta dalle parole di Sylvia come “una coperta oscura, opprimente, che mi soffoca”. Qualsiasi tradimento porta a vuoto e solitudine non soltanto in chi lo subisce, ma anche in chi lo agisce e quello più difficile da gestire è il tradimento di se stessi. C’è fra loro chi cerca l’autenticità nei rapporti con gli altri, chi la evita per paura o preferendo percorrere la strada apparentemente più facile della negazione, chi la manifesta in modo esagerato spaventando chi ha vicino. Certo, le modalità di approccio e di distacco, i motivi che spingono all’accettazione o al rifiuto, alla disponibilità o meno a parlarne sono ovviamente infinitamente più esplicite nell’ambientazione attuale, ma in fondo sono dettagli, perché quel che avviene nell’interiorità di ciascuno è in realtà molto simile. La scenografia è essenziale e passa di volta in volta, da un periodo all’altro, in modo molto naturale anche grazie alla naturalezza espressa dagli attori presenti in quel momento in scena. Luca Zingaretti, che ne ha curato anche la regia, ha deciso di proporre, con i bravissimi e convincenti Maurizio Lombardi, Valeria Milillo ed Alex Cendron, un testo di pregio dotato di una struttura interessante che invita a riflettere su noi stessi e sui nostri rapporti con gli altri partendo da un tema attuale e forte, ma ponendo in primo piano il fatto che “non importa chi siamo, siamo due persone”.
Visto al Teatro Rossetti, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia Trieste il 15 dicembre 2016
The Pride di Alexi Kaye Campbell, traduzione di Monica Capuani. Regia di Luca Zingaretti
Con Luca Zingaretti, Valeria Milillo, Maurizio Lombardi, Alex Cendron. Scene di Andrè Benaim
Luci di Pasquale Mari. Costumi di Chiara Ferrantini. Musiche di Arturo Annecchino
Produzione Zocotoco srl