MILANO – Era il 14 maggio 1947, il giorno in cui gli allora giovani e di belle speranze, Giorgio Strehler e Paolo Grassi (e Nina Vinchi) davano vita a quello che sarebbe diventato uno dei maggiori teatri di prosa italiani. Nasceva così, il Piccolo Teatro di Milano. Il progetto scaturito per un fortuito incontro di quei due, allora poco più che ventenni. La leggenda racconta che, l’uno di Trieste, l’altro originario della Puglia, si erano conosciuti quasi per caso, (alla fine della Seconda Guerra Mondiale), alla fermata del tram numero 6 a Milano, in Corso Buenos Aires. I due, senza maestri, ma con un bruciante desiderio di rifondare il teatro italiano, rendendolo “teatro d’arte per tutti”, erano riusciti, in meno di un decennio, a far diventare quel loro sogno realtà, complice anche un sindaco illuminato come certo lo fu Antonio Greppi. Già la scelta del sito la diceva lunga: un ex luogo di tortura della Legione Muti (falange attiva contro i partigiani ostili al regime nazifascista), collocato in quel Palazzo Carmagnola, un tempo sede del Comune meneghino. Ed ora, a distanza di 70 anni, se ne celebrano le sempre più consapevoli, mature, solide ed inveranti realizzazioni e prosecuzioni.
“Tradizione e tradimenti”, meglio inveraménti, in questo caso, verrebbe da dire. Già perché 70 anni più tardi – anzi 25.500 recite dopo, perché, come ha ben ricordato il Direttore del Piccolo, Sergio Escobar, più che gli anni: “Sono importanti i singoli giorni di teatro, in grado di cambiare la vita delle persone” – e quel che conta non è tanto l’aderenza prona a una tradizione, quanto la capacità di tradurla nel mutato tessuto artistico, storico e sociale di quella città, che oggi è metropolitana e capitale dello spettacolo dal vivo, come l’assessore alla cultura Filippo Del Corno, ha spesso avuto occasione di ricordare. Così, durante la conferenza stampa tenutasi al Piccolo Studio Melato, martedì 11 aprile, dapprima i saluti istituzionali con interventi di Cristina Cappellini, (assessore regionale alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, che ha ricordato il “contributo straordinario di 100.000 euro deliberato dalla giunta e che porta a 1.651.301 euro il contributo di gestione 2017, proprio per sottolineare la nostra concreta vicinanza in un momento di sforzo ulteriore per sostenere le iniziative programmate per questo mirabile traguardo”), oltre che dei succitati fra cui il duetto fra Salvatore Carruba, presidente del Piccolo Teatro e il sindaco Giuseppe Sala, il quale ha spiegato come “chi lavora bene sa che i risultati verranno colti”, e, a proposito di Milano, ha ricordato quel pubblico naturale, che volentieri sostiene, “quando si lavora con efficacia su obbiettivi chiari e con tutto il sistema che collabora”.
La parola è passata poi ad Sergio Escobar a illustrare anzitutto i festeggiamenti per il 70esimo. In quest’occasione, a differenza che nelle precedenti ricorrenze decennali, il tutto sarà improntato non tanto a una continuità/ricostruzione storico annalistica sistematica, quando a un modo randomico ed emozionale di far rivivere, nelle differente azioni quasi urbane e iconograficamente performative, l’esplosione di quella stessa passione divorante, che aveva animato Strehler e Grassi.
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Si comincia il 30 e 31 aprile, portando in trasferta in alcuni luoghi significativi della città uno dei cavalli di battaglia del Piccolo: l’ “Arlecchino servitore di due padroni” magistralmente realizzato e diretto da Giorgio Strehler, la cui scomparsa avvenuta 20 anni fa, lascia ancora un segno indelebile nella cultura teatrale e artistica di cui gran parte del teatro è debitore. Il 30 maggio verrà rappresentato in un sito decentrato quale l’Anfiteatro della Martesana, a NO-LO, polo in espansione alla periferia nord-est di Milano, e il 31 all’Istituto Penitenziario Minorile Beccaria – Teatro Puntozero. Interessante come questa simbolica e significativa “uscita da teatro”, pur nelle fattezze apparentemente in controtendenza a quell’aura di “salotto buono”, che un teatro stabile quale il Piccolo (che non a caso rivendica una tenitura lunga, nelle sue ultime stagioni) potrebbe avere, di fatto sia in perfetta linea di continuità con quel teatro non solo d’arte, ma per tutti, auspicato nella lettera programmatica del giovane Strehler. Tradizione e tradimento, appunto – o, meglio, inveraménto -, dato che già il progetto originale di Grassi/Strehler si affermava per la sua originalità, non solo opponendo un teatro di regia al teatro, allora ancora dominato dai grandi attori/mattatori, ma proprio pensando a un teatro capace di superare gli schematismi divisionistici; sia aprendo alla produzione internazionale di contro a quello che era stato il protezionismo culturale del regime fascista, sia allargando quella pratica teatrale, dove poteva rischiare di cristallizzarsi in un vacuo rituale borghese, recuperandone invece la matrice partecipativa e comunitaria.
Ed è molto probabile che sia questo il senso delle due rappresentazioni in due luoghi scelti in modo accurato e con occhio attento all’inclusività sociale: la Martesana (che scorre a cavallo fra via Padova, una via ad alto tasso di insediamento multietnico e viale Monza, arteria del traffico economico e commerciale, che ogni giorno porta migliaia di pendolari dalla Brianza) e il Beccaria, luogo che dice di un’apertura ai giovani in un modo non solo convenzionale. E, per altro aspetto, ecco anche il senso degli spettacoli in lingua originale, nel mese di maggio, pensati per i festeggiamenti dei 70 anni di attività del Piccolo, (“Soudain, l’été dernier”, dall’11 al 14, “ – ”Matteo Ricci e XuGuangqi”, dal 23 al 25, “Riccardo III”, dal 25 al 27, “Prospero, l”isola dei suoni”, dal 29 al 31 e “Ute Lemper. Song of Eternity” dal 30 al 31). Le giornate di studi e d’incontro con Stéphane Braunschweig (12 maggio), Shanghai Theatre Academy (con cui il Piccolo intrattiene uno scambio ormai quindicennale, 24 maggio), Thomas Ostermeir (26 maggio.
Lev Dodin e il Mal Teatr, che, in russo significa Piccolo Teatro (novembre 2017, in occasione dello spettacolo “Il giardino dei ciliegi” allo Strehler dal 23 al 26 novembre). O, ancora, quel voler recuperare quei manifesti vivi dell’idea di regia di Strehler, ma anche di Luca Ronconi, come quello del “In cerca d’Autore. Studio sui “Sei personaggi” di Luigi Pirandello” (dal 3 al 21 maggio al Piccolo Studio Melato, ripresa a cura di Luca Bargagna).
In questo senso si spiega anche quella tendenza, in alcune produzioni della prossima stagione, di partire, alla maniera di Ronconi, anche da testi non espressamente teatrali: da “Uomini e no” di Elio Vittorini, affidato a Michele Santeramo nella riduzione drammaturgica per la regia di Carmelo Rifici direttore della Scuola di Teatro del Piccolo (che analogamente al succitato “Sei personaggi”, porterà in scena come risultato di un lavoro d’ensemble con i neo diplomati attori), mentre Ronconi lo aveva fatto con gli allievi di una sua residenza a Santa Cristina in Umbria. O “Fine pena: ora” (da un romanzo di Elvio Fassone, a cui Paolo Giordano liberamente s’ispira, per la regia di Mauro Avogadro). Si prosegue con “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud, che Stefano Massini traduce per la regia di Federico Tiezzi. Se queste scelte non fanno propriamente parte degli eventi, pensati per i festeggiamenti del 70esimo, ne incarnano egregiamente lo spirito, così come pure certe aperture (pensiamo a quella rivolta ad un gruppo tedesco d’avanguardia performativa come i Rimini Protokoll), la cui scelta all’interno del cartellone del Piccolo è certo coraggiosa, eppure in linea con quel voler accompagnare il pubblico, con una gradualità che ha più della cura formativa che della provocazione reattiva.
L’”Arlecchino” sarà al centro di molte altre azioni, in occasione dei festeggiamenti che si terranno fra maggio e giugno. Il focus sarà sulla bellezza intesa non tanto nella sua accezione estetico-ornamentale, quanto, dostoievskjianamente, in senso profondamente etico (nel senso di categoria capace di fornire strumenti per decodificare il reale, come ha spiegato Sergio Escobar). Un’esposizione fotografica, dal 6 maggio al 30 giugno, lungo via Dante (ancora una volta “fuori” dal luogo istituzionale del teatro e aperto, invece, all’inclusività con la cittadinanza), in cui verranno esposte 50 gigantografie degli spettacoli storici del Piccolo: non in ordine cronologico, ma seguendo suggestioni differenti a partire da un lavoro di scelta e curatela artistica del filosofo della scienza Ludovico Geymonat, coinvolto nel progetto. I video installazioni – il 12, 13 e 14 maggio – nell’ottagono della Galleria Vittorio Emanuele, all’interno dell’omaggio a Ferruccio Soleri (dal 6 all’8 maggio il suo “Arlecchino” di nuovo in scena al Piccolo Grassi), e, per l’intero arco dal 6 maggio al 30 giugno, “La ricerca della bellezza”, questo il titolo dell’iniziativa di video installazioni, continuerà anche all’interno del Chiostro Nina Vinchi e sulle pareti esterne del Piccolo Grassi e dello Strehler. E, ancora, concerti, giornate di studio e un francobollo, che il 19 maggio riceverà il suo “annullo speciale giorno di emissione” nel foyer del Piccolo Grassi, in collaborazione con le Poste Italiane.