GENOVA – Argomento insolito per essere rappresentato a teatro, almeno se pensato come tema conduttore in rassegna dedicata; eppure la morte è qualcosa che ci appartiene e da sempre la letteratura, le arti, il cinema, se ne ne sono occupati ampiamente. Il Teatro della Tosse di Genova ha voluto farlo con “Passaggi. Sguardi sulla morte” rassegna che comprendeva cinque titoli raccontati in cinque modi diversi: il registro variava da quello drammatico a quello ironico, senza per questo venire meno all’impegno di affrontare l’argomento con serietà. Il progetto nato in collaborazione con l’Associazione di volontariato “Braccialetti Bianchi” di Genova che sostiene l’Hospice dell’ospedale San Martino. Tra gli spettacoli in programma anche “Noccioli – Esercizi di Presenza” ideato e diretto da Luigi Marangoni che si è avvalso dell’elaborazione drammaturgica di Valeria Banchero.
«Cosa abbiamo ricevuto? Cosa portiamo avanti con la nostra vita che ha radici più vecchie delle nostre? La risposta di ognuno di noi a queste domande ci aiuta a essere presenti e responsabili, oggi. Nove persone condividono con lo spettatore un loro modo di essere ‘ presenti’ – è quanto scrive il regista Marangoni » anche attore e coach, con esperienze di conduzione laboratoriale all’interno dei carceri dove ha messo in scena anche degli spettacoli e membro del Coordinamento nazionale teatro in carcere. La sua ricerca da anni si indirizza verso un teatro che abbia una forte valenza sociale traendo ispirazione dalla realtà, gestito come esperienza da proporre a chi non è attore per professione. Si può comprendere bene cosa significhi allora dire che il «il teatro diventa un’occasione per camminare insieme nel mondo. In questo tempo. Il teatro quasi rinuncia allo spettacolo e diventa mezzo per provocare un incontro». E l’incontro c’è stato anche in questo caso: la collaborazione con dinamiciteatri e l’Associazione La Porta Nascosta formata da lavoratori appassionati di teatro. Nasce così Noccioli dove l’esperienza sul palcoscenico diventa preziosa per le persone stesse che hanno voluto condividere con gli spettatori un loro percorso di vita, “con onestà”, toccando il tema dell’eredità.
Luigi Marangoni ha scelto di affrontare un aspetto della vita delle persone cogliendole l’importanza che riveste e va a toccare aspetti autobiografici, affettivi, legami di parentela, ma anche vissuti esistenziali più profondi. Noi stessi lasciamo in eredità qualcosa che ci appartiene, di come siamo, le gioie e i dolori che abbiamo dovuto affrontare. Arrivare al nocciolo delle storie, il nucleo profondo che in ognuno di noi muove sentimenti anche contraddittori. Gli esercizi di presenza assumono così un’importanza fondamentale. La relazione che si è venuta a instaurare tra regista e partecipanti va colta (in questo caso particolare) come atto esperienziale più che teatrale; cogliendo l’importanza dell’espressione guidata se pur collocato all’interno di in un contesto artistico come può essere il teatro.
Lo scambio tra vissuto personale e la professionalità di chi sa rielaborare le testimonianze diventa proficua se valutata come opportunità di confrontarsi pubblicamente con lo spettatore a cui viene chiesto di assumere il ruolo di testimone. Il racconto delle eredità dei nove protagonisti entravano così in risonanza attraverso l’ascolto, nelle vite dei 36 spettatori accolti. La scelta di far assistere ad un numero così ristretto le storie, interpretate singolarmente, era funzionale all’obiettivo scelto dal regista. Ognuno poteva creare una relazione significativa con i presenti, coinvolti emotivamente ed empaticamente. L’eredità trasmessa diventa patrimonio condiviso, suggestioni e ricordi per qualcuno di loro rimossi o trascurati, fino a provare l’urgenza di renderli pubblici. Il teatro può farsene carico a patto che si operi con totale onestà sugli intenti e su cosa si voglia ottenere come risultante dell’esperienza condotta.
Al di là dell’esito artistico conseguito (l’esperienza di palcoscenico è sempre fonte di gratificazione e piacere) l’aspetto più importante da sottolineare è il valore attribuito dagli stessi “attori” a se stessi, rivedendosi come allo specchio, riascoltando dalle loro stessi voci, la narrazione drammaturgica autobiografica. È implicito che l’esperienza vissuta susciti anche una reazione catartica e quindi va vista come un processo attivo di costruzione di senso. Attraverso la rappresentazione teatrale si entra in contatto profondo con la propria vita interiore, profonda ed esistenziale e coglierne aspetti reconditi o distanziarsi anche da emozioni negative vissute in passato. Una forma di riconoscimento che Noccioli ha permesso ad ognuno nella più completa autonomia intellettuale e libertà d’espressione. Porsi delle domande come quelle indicate nel foglio di sala è aprire verso il mondo esterno ciò che ci appartiene e spesso diventa un peso se gestito individualmente. Il dialogo, la narrazione, la condivisione permette di superare forme di esclusione e solitudine sociale spesso portatrici di sofferenza. Ereditare per donare agli altri testimonianze di vita.
Noccioli Esserci di Presenza
ideazione e regia Luigi Marangoni, elaborazione drammaturgica Valeria Banchero, con Ileana Bellantoni, Maria Paola Casà, Amedeo De Pirro, Elvina Donati, Giovanna Gabbrielli, Paola Gabbrielli, Enrico Marcolongo, Claudia Marinelli, Laura Parodimusiche dal vivo Ermanno, Catocci, Scene Viviana dal Lago, Trucco Laura Pezzoli di Acqualuce, riprese video e fotografie Giovanni Baglini & Barbara Sinice, Grafica Giorgia Matarese, produzione dinamici teatri e La Porta Nascosta
Visto al Teatro della Tosse di Genova il 18 marzo 2017
Noccioli. Esercizi di presenza va in scena Sabato 20 maggio 2017, alle ore 21, al Teatro Il Sipario Strappato Muvita di Arenzano telefono 010 9123042 / 339 6539121
In contemporanea a Noccioli al Teatro della Tosse andava in scena anche “Infinita” della Compagnia Familie Flöz, uno spettacolo “sui primi ed ultimi istanti di vita – nascita e morte, un ciclo senza fine. Questo è il nostro tempo, quando avvengono i grandi miracoli – il timido ingresso sul mondo, i coraggiosi passi e l’inevitabile caduta”, si legge nella presentazione del programma di sala, ovvero quanto sia fragile il confine che sussiste tra il momento della nascita e quello finale della vita: la morte. Se ci si pensa bene entrambe le condizioni si assomigliano per la stessa condizione umana, priva delle capacità di difesa. Il bambino e il vecchio sono gli estremi di un percorso che prende vita e si spegne non solo per differenza d’età. Ecco che in Infinita viene rappresentata con sublime lievità quanto accade nei primi anni di vita, dove gli attori dotati di enormi maschere sono dei bambini intenti a strapparsi di mano una bambola, dentro e fuori un enorme box, recinto abituale dove giocare senza rischiare di farsi male. Esilaranti le scene della loro caparbia insistenza che li fa fare rocambolesche piroette, sinonimo di intraprendenza istintuale tipica del bambino. E in susseguirsi alternato di scene, ecco comparire il fine vita di chi ha raggiunto la vecchiaia.
Simpatici e buffi anziani intenti furbescamente a ingannare l’infermiera severa e integerrima, con azioni plateali per sottrarre farmaci. La tenerezza che si fa portavoce di un bisogno di essere ancora compresi e colti. Le azioni si svolgono nella migliore tradizione di questi artisti dotati di un talento mimico gestuale che esclude a priori la parola. Una scelta vincente anche perché il messaggio arriva diretto allo spettatore: emozioni senza filtri, suggestioni dirette al cuore senza passare per l’anticamera del cervello. La scoperta del mondo per un bambino è fonte di continua meraviglia, suscita stupore e allo stesso tempo ci rivelano anche i sentimenti provati di chi sa di essere arrivati al capolinea. La maschera non toglie nulla anzi amplia la poeticità struggente che Infinita possiede, ognuno degli attori indossa una caratteristica comportamentale e caratteriale che sappiamo riconoscere per identificazione proiettiva.
Visto al Teatro della Tosse di Genova il 18 marzo 2017
Familie Flöz
Infinita
Una produzione Admiralspalast, Theaterhaus Stuttgart
Con Björn Leese, Benjamin Reber, Hajo Schüler e Michael Vogel, regia di Hajo Schüler, Michael Vogel , maschere di Hajo Schüler, scenografia di Michael Ottopal, costumi di Eliseu R. Weide, musica di Dirk Schröder