SIRACUSA – Un concerto di lance guerriere: la traduzione di Giorgio Ieranò, che attira nel cuore di uno stàsimo di “Sette contro Tebe” di Eschilo (il volume è curato da Gaspare Urso), diventa materia sonora per le musiche di Mirto Baliani per una delle tragedie in scena al Teatro greco di Siracusa, fino al 25 giugno in alternanza con “Fenicie” di Euripide. E la battaglia dei soldati di Eteocle contro quelli – invisibili per il pubblico – del fratello Polinice è una danza estrema, sintonica con il rumore dei nitriti e della carica dei cavalli, dei colpi ferrigni degli scudi, nella coreografia di Alessandra Fazzino. La regia di Marco Baliani – che disloca in vari punti della càvea e della scena i proclami dei protagonisti degli episodi – porta poi, senza passaggi percepibili e banalmente realistici, alla trasformazione di quei guerrieri antichi in lottatori delle guerre di oggi in Medio Oriente. Tebe come Aleppo.
Essenziali effetti speciali, come fumi e voragini che si spalancano nella terra color deserto distribuita su tutto il gigante palco, completano la visione potente, senza scivolare mai nell’apparato stile “Guerre stellari” che ha caratterizzato allestimenti di passate stagioni. Marco Baliani crede nell’autonomia del teatro (eccetto il vecchio fervorino all’inizio e alla fine)anche nella struttura del coro composto da dieci danzatori (tra cui un ex membro di Balletto Civile come Massimiliano Frascà) e da nove diplomate dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico sezione Scuola di Teatro “Giusto Monaco”, più la mitica rivoluzionaria Antigone, che è Anna Della Rosa, attrice ronconiana, frontale, con singulti tragici già nella voce.
Il personaggio del prepotente Eteocle, interpretato in “Sette contro Tebe” dall’efficacia oratoria di Marco Foschi, si confronta con quello, più aggressivo e affascinante bisogna ammetterlo, di Guido Caprino in “Fenicie”, diretta da Valerio Binasco con lo strumento principale del teatro: l’attore. Ed è stupefacente identificarne la potenza in un Edipo giapponese, Yamanuchi Hal, capace di stare un’ora sullo sfondo con un velo da supplice sul volto per apparire poi in tutta la disperata grandezza del sovrano di Tebe, cieco ma vedente come un indovino, responsabile suo malgrado e solo per volere del Fato, della distruzione totale di una famiglia. Lui, figlio di Laio e Giocasta (una Isa Danieli un po’ forzata a riassumere la vicenda stile “Dinasty” dei Cadmei), che uccide il proprio padre e giace con la propria madre generando quattro figli, porta sulla scena tutto il sapere del teatro orientale trasferito a quello occidentale delle origini.
Protagonista assieme agli attori, è l’elemento principale della scenografia di Carlo Sala, realizzata con maestranze e prestatori d’opera dall’INDA, l’Istituto Nazionale Dramma Antico nato nel 1914, e cioè un albero posto nel centro della meravigliosa spianata di fronte ai gradoni (che un make-up ideato dall’architetto romano De Felice ha sanato con una resina di ogni buca profonda e di un banale rivestimento ligneo). Una sorta di bianco funebre corpo sradicato è in “Fenicie”; un vitale verde testimone naturale – per quanto ovviamente finto – di speranze nelle future generazioni è in “Sette contro Tebe”, puntualmente distrutto dal Fato che accomuna uomini e cose.
Visto al Teatro greco di Siracusa il 13-14/5/2017