MILANO – Scoprire ancora la “novità” del Giardino dei ciliegi di Cechov è possibile nel recente adattamento del regista russo Lev Dodin, un ritorno al capolavoro dopo l’edizione del ’94, portata nel ’98 al Piccolo Teatro di Milano che in questi giorni ospita la prima italiana assoluta della nuova versione (in lingua russa, sovratitoli in italiano). “Il giardino” che ha passato il secolo di vita ma germina ancora, viene come esposto in controluce ed evidenzia la resistenza di elementi comici e tragici in gioco dialettico senza fondersi, andando oltre l’azione per creare una struttura dissonante, come in un’opera di musica contemporanea. Così Ljuba cinguetta mondana anche mentre lascia per sempre la casa e i ciliegi, ripresi in un geniale filmato a passo ridotto, e comprati dal figlio di servi Lopachin, il self-made man che si abbandona a una frenetica danza da cosacchi ma anche, in ironico contrasto, ad una “My Way” di Sinatra, trascinante.
I due personaggi sono presi in carico rispettivamente da Ksenia Rappoport e Danila Kozlovskij. La prima, attrice anche di cinema di bellezza raffinata, sembra riassumere uno dei tipi di donne cechoviane: come già la Helena di Zio Vanja (diretto peraltro da Dodin in due edizioni) è leggera, egoista, seguace della vita ad ogni costo. Il secondo, che per il francese Le Monde “dà prova di essere diventato in pochi anni il miglior attore della scena russa odierna”, rimanda alla sensibilità profetica della Storia che il medico Anton Cechov possedeva. E che Lev Dodin (nel programma di sala) condivide così: “questa commedia… è diventata una sorta di mito sull’imprevedibilità della Storia e al contempo sulla sua prevedibilità, sull’impossibilità per le persone di avere il controllo sulla vita e sul destino, ma anche sulla loro incredibile forza e responsabilità su quella vita e su quel destino, sulla capacità di difendersi e di restare fedeli a se stesse, nonostante tutto”.
La cosa meravigliosa degli attori del Maly Drama Teatr di San Pietroburgo, oltre alla loro agilità, è la capacità di essere presenti nel silenzio delle parole, arrivino dalla platea o attraversino il palcoscenico – orizzontale, assai lungo e diviso da un telo su cui si proiettano immagini e ombre, bianche porte a destra e sinistra – anche senza dire nulla come il Firs di Sergej Kurishev, oppure quando si guardano tra loro o commentano con un gesto la scena di cui è protagonista un altro personaggio, come in particolare Andrej Kondratiev (il contabile Epichodov) e Elizaveta Bojarskaja (la forte, bellissima Varja).
La “prima” è stata preceduta dal momento inaugurale della illuminazione LED del fronte del Piccolo Teatro Strehler (realizzata dallo Studio CastagnaRavelli e da iGuzzini) per celebrare i 70 anni del Teatro e i 20 anni dalla morte la notte del 25 dicembre del regista che lo fondò.
Visto al Piccolo Teatro Strehler di Milano il 23/11/2017
foto di copertina l’attrice Ksenia Rappoport