– “Mi chiamo Celli Annunziata, sono nata a Papiano…mi pare, il 26 di marzo 1923, e sono la nonna della persona che vi sta davanti in questo momento”.
CARMIGNANO (Prato) – Annunziata detta Nancy è la storia di una famiglia, nello specifico di quella di Riccardo Goretti, che in questa occasione oltre ad essere attore è anche drammaturgo e regista. Lo spettacolo appartiene al cosiddetto “teatro della memoria” ed approfondisce il tema della solitudine. Quella solitudine difficile da sopportare e impossibile da ottenere, nel preciso istante in cui ciascuno di noi acquisisce la consapevolezza che il nostro corpo è il risultato di altri corpi, esistiti prima di noi, di vite ed esperienze che ci appartengono anche contro la nostra volontà e che faranno sempre parte del nostro bagaglio umano, sociale e culturale. Riccardo Goretti inizia a fare teatro per caso nel 2002, portando in scena spettacoli per bambini con la compagnia NATA, senza mai frequentare una vera scuola di recitazione. Nel 2006 fonda la compagnia de ‘Gli Omini’ con Luca Zacchini e Francesco Rotelli; nel 2012 inizia la sua carriera da solista e drammaturgo ed a questa nuova fase appartiene la sua opera prima, Annunziata detta Nancy, scritta tra il 2011 ed il 2012 con la quale debuttata nel 2012 a Sansepolcro (una produzione della sua Compagnia e di Kilowatt Festival).
Sul palcoscenico Goretti è seduto a un tavolo che a turno in un monologo a ritroso nel tempo, interpreta i vari personaggi della sua famiglia a partire dalla nonna Annunziata, detta Tita e poi chiamata con affetto Nancy dai “bischeri” dei suoi nipoti.
“La nonna è sempre stata inconsapevole di essere una drammaturga meravigliosa, comica e tragica al tempo stesso” – racconta infatti nel testo – ripercorrendo i primi anni del Novecento e descrivendo con minuzia di particolari il piccolo paese di Stia in provincia di Arezzo, con perfetto accento stiano e restituendo alla memoria spaccati di vita quotidiana, come ad esempio “il lavoro in fabbrica ai telai, la balera ed il corteggiamento del bellissimo Ali, diventato poi mio nonno”.
A fare da contraltare alla nonna è il babbo dell’attore, Angiolo Goretti, classe 1951 e battezzato con questo nome assurdo di cui si parla nel corso dello spettacolo. Rivoluzionario e schierato a sinistra, come la famiglia, partecipa ai moti studenteschi del Sessantotto e si appassiona alla politica fino a diventare sindaco del suo paese. Ultimo personaggio è quello della mamma, Mariarosa Galastri, fumatrice incallita con una famiglia precaria alle spalle. La mamma fa la sua entrata in scena nel 1969, l’anno in cui incontra Angiolo alla discoteca “Caravellino” di Bibbiena.
Tutta la storia è basata su incastri cronologici, per cui i personaggi si passano il testimone tra di loro grazie a degli eventi fondamentali, fino ad arrivare alla nascita di Riccardo nel 1979. La scrittura inoltre è il frutto di interviste registrate ai tre personaggi, che sono state sbobinate e riscritte mantenendo le loro parole inalterate e anche gli accenti, seppur con sfumature impercettibili, ovvero lo stiano per la nonna ed il babbo ed il bibbienese per la mamma.
“In questo testo la drammaturgia si è fusa con la vita – prosegue l’attore – e mi dispiace non avere scritto prima della mia famiglia, perché sono ripartito da mia nonna e dai miei genitori quando ho avuto un momento di smarrimento e scrivere ha rappresentato una rinascita”.
Visto all’associazione culturale Pandora di Seano (Carmignano) il 15 aprile 2018