SIRACUSA – “Difficile mantenere l’ironia in uno spazio così, ma non potevo rinunciare ad un elemento fondamentale del mio modo di fare teatro”. E infatti ci è riuscita, Emma Dante, a insinuare elementi giocosi nella tragedia della follia umana e dell’arbitrio divino quale è “Eracle” di Euripide. L’opera ha inaugurato la 54ma edizione delle Rappresentazioni Classiche dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico, da quest’anno denominate “Festival del teatro greco di Siracusa”, con la direzione artistica di Roberto Andò.
L’ironia è già forse nella scelta della regista palermitana di far interpretare i principali personaggi maschili ad attrici, non solo rovesciando il canone antico, ma tenendo teso il filo dell’inversione fino a una delle ultime battute di Teseo (Carlotta Viscovo) che invita il disperato Eracle (Mariagiulia Colace) a non voltarsi indietro, a non ripiegarsi sul dolore “come una donna”. Nel volume pubblicato per l’occasione, la regista spiega la scelta anche come una necessità di trovare il lato umano dell’eroe che è anima oltre che muscoli.
Le attrici di Emma, nate con la sua Compagnia, risultano spesso caricaturali – e qui lo sono Serena Barone nel ruolo del padre Anfitrione che rincorre in sedia a rotelle carnefici e vittime; e Patricia Zanco nell’usurpatore Lico. Appaiono invece forse per la prima volta in uno spettacolo della Dante anche donne belle e potenti, come la Colace-Eracle e la Viscovo-Teseo. La prima si muove come un pupo siciliano o come un eroe da cartoon giapponese, con gesti violenti e meccanici, tranne che nel risveglio dalla follia improvvisa che ha colpito il semidio, per la vendetta di Era tradita da Zeus con Alcmane che partorirà Eracle (o forse perché quest’ultimo ha peccato di ybris, di tracotanza): il campione delle dodici fatiche, il leggendario sterminatore di mostri si è mutato infatti clamorosamente in sterminatore di moglie e figli.
La bellezza dello spettacolo di Emma Dante – che ha impresso anche alla tragedia antica il suo marchio – sta nelle presenze corali: si suonano grandi tamburi, si danza vorticosamente, i dodici vecchi (uomini) si trasformano in dervisci rotanti che nel finale si coprono di un manto di rose “cucite una ad una”, precisa Emma. E così, con alta sapienza, nel filone greco confluisce l’Oriente, oltre che l’accento siciliano. Tra le invenzioni sceniche di Carmine Maringola, mai un momento di sosta (nonostante il testo di Euripide abbia lunghe parti parlate), tutto è ritmo e azione. La parola è rievocazione: il racconto del Messaggero (Katia Mirabello, di grande efficacia) è visione per il pubblico del delitto accaduto, in ottemperanza alla legge della tragedia che non mostra in scena la morte, ma la rivive. Le musiche live di Serena Ganci trascorrono dal tribale all’elettronico, passando per un nostalgico quasi valzer.
Ponte con la seconda tragedia (separate le commedie: 29 giugno, “I Cavalieri” di Aristofane, regia di Giampiero Solari; 12 luglio, ripresa de “Le Rane”, regia di Barberio Corsetti) sono sia la profonda riflessione sulla morte e l’odio per la vecchiaia, sia la presenza della figura di Teseo, sovrano illuminato. Ma “Edipo a Colono” – sempre del quinto secolo avanti Cristo, ultima opera superstite di Sofocle rappresentata postuma – esprime ancora una certa fiducia negli déi. Sul fondo della scena, una gigantesca ambigua scultura assorbe i protagonisti in un varco di luce: “l’inesorabile verdetto dell’Edipo re – scrive lo storico Luciano Canfora – trova il suo riscatto in un finale ‘aperto’”.
La sobria regia del greco Yannis Kokkos sembra garantire la tradizionalità degli allestimenti siracusani. E’ di fatto una messinscena del testo. Attori rassicuranti sono: Sebastiano Lo Monaco nel ruolo di Teseo; Stefano Santospago in quello dell’infido Creonte, e soprattutto Massimo De Francovich, un Edipo nervoso, assistito dall’Antigone di Roberta Caronia, e sicuro di rovesciare la propria sventura in gloria (ma i toni messianici del finale sono a dir poco anacronistici). Come in precedenti Cicli di rappresentazioni classiche, il Coro di allievi dei Corsi dell’INDA dice in versi cantati la traduzione italiana (di Federico Condello) e parte del pubblico segue il testo sul libretto, come si vede fare durante un melodramma, senza guardare la scena. Le tragedie antiche invece, potenti come sono per valori umani universali – morte, amicizia (philìa), odio, compassione –, chiedono partecipazione, suscitano eccitazione, impegno per la vita. E la regia di Emma Dante è entrata con coraggio nel gioco. Entrambe le tragedie saranno in tournée: “Eracle” a Pompei, nell’ambito del Napoli Festival; “Edipo a Colono” a Epidauro.
Viste al teatro greco di Siracusa, il 9 e 10 maggio
foto di copertina Megara (Naike Anna Silipo) e i figli_foto Ballarino