GENOVA – Si è svolto dal 26 al 29 giugno il Festival di Danza contemporanea e videodanza Fuori Formato , a cura del Comune di Genova, Teatro Akropolis, Rete Danzacontempoligure e Augenblick. Tre performances dal vivo di artisti under 35, per altrettante serate consecutive, hanno preso vita negli ampi saloni dell’elegante Villa Bombrini e del suo giardino, mentre la serata finale dedicata alla Videodanza è stata presentata al Teatro Altrove di Genova.
Nicola Galli vincitore del Premio Equilibrio 2018 ha presentato Mars (produzione TIR Danza), il terzo episodio di una ricerca coreografica dedicata al sistema planetario. L’idea parte dalla concezione che il pianeta Marte sia il più simile alla Terra e di conseguenza anche il più accessibile al futuro sviluppo dell’umanità. Fari filiformi irradiano proiezioni geometriche luminose che fanno apparire, da dietro un grande schermo, a centro sala, una presenza dalle fattezze androgine: si muove come fosse dentro ad una sacca embrionale, lento, sospeso, cauto per poi apparire davanti allo schermo movimenti puliti, fatti di tentativi e sperimentazione dell’ambiente; nel suo avanzare danzato diventano sempre più fluidi, coraggiosi, sicuri. Alcune scritte si profilano sullo schermo descrivendo distanze in chilometri e temperature in gradi celsius apparentemente incomprensibili. Le suggestioni sonore paiono fuori dal tempo, fredde ma allo stesso tempo perfette per l’ambientazione. Un allestimento intelligente, elegante, capace di incuriosire. Una rivisitazione evoluta de l’Uomo caduto sulla Terra.
Affascinante incontro con la danzatrice Federica Dauri, formatasi (anche) tra le schiere della famosa coregrafa newyorkese Trisha Brown, e la sua performance Kheperer da cui è nato l’incontro con lo scultore olandese Egon Schrama. In uno spazio di soli 45 centimetri di altezza e poco più in larghezza, un corpo perfetto nella sua totale nudità e crudezza si muove, si espone in una danza supina che sfida le leggi dello spazio per dar vita ad una metamorfosi che ha dell’incredibile, visibile attraverso le ombre create su di una parete: coleottero, scarafaggio, formica, scarabeo. Un lavoro di body art molto vicino alla danza Butoh, di estrema difficoltà, precisione e bellezza, meritatamente apprezzato dal pubblico presente.
Una figura di uomo, alta, in ombra, di spalle, è l’incipit della creazione prodotta da Deos, Memories of the past firmata da Luca Alberti – già interprete per l’Ensamble di Micha Van Hoecke; una volta in luce scopriamo una danza sofferente, lenta, ed al contempo molto bella, sottolineata da musiche sacre che si evolvono in ritmi sempre più pressanti, liberando la costrizione de i gesti in una danza concentrica, fluttuante e rotante. L’abbigliamento morbido, fatto di una casacca ad ampie maniche e lunghi pantaloni, amplifica i movimenti che riportano alle suggestioni ipnotizzanti della danza meditativa de i monaci dervisci. La memoria crea sussulti, nella mente suonano voci e ricordi che si trasformano in gesti: una voce ripete parole come “vuoti, ricorrenze, figlia, mancanze” mentre un canto di voce femminile lascia aperta la porta de i ricordi.
Passando in un’altra sala della Villa, Cristiano Fabbri ci conduce all’incontro con Rocco Colonnetta, per dare vita alla sua creazione “Perchè mi hai abbandonato”, prodotto da Koinè. Un percorso itinerante attraverso l’evoluzione di un rapporto tra due esseri umani, uniti da un legame di sangue. La danza, prima allegra, poi di contrasto, poi sofferta e di attesa, sottolineata dalla vigorosa bravura dei due interpreti e da note di famosi brani musicali, evoca il ciclo incessante della vita dove l’accettazione della tradizione si scontra con il desiderio di trasformazione dell’ordine precostituito. Un fiore che spunta da una bocca, dopo una lotta ingaggiata come tra due tori, la costruzione di uno spazio intimo, privato, che potrebbe essere una casa o una tomba, il bisogno ancestrale del ritorno alle origini, ma anche la volontà di separare le proprie strade per poter creare un proprio, personale percorso. L’invocazione del titolo potrebbe diventare anche una risposta.
Una piccola donna, vestita di un trench rosso trascina un carrello come fosse dentro ad un supermercato, saltellando in qua ed in là, tra prodotti commerciali posati al suolo, anch’essi di rosso laccati. Chiara Taviani per la C&C Company entra così nel mood di Peurbleu (Paura blu), simpaticamente, allegramente, spensieratamente. Ma non dura molto. All’improvviso la danzatrice inizia a spogliarsi degli abiti rossi per rimanere in tunica blu elettrico, con movimenti già più contorti e guardinghi: qualcosa è cambiato. Prende un microfono e parla in francese rivolgendosi ad un ipotetico Monsieur, non dopo essersi tolta anche la corta tunica blu per svelare un gilet di pelliccia arricciata, di colore chiaro, molto corto. Tale metamorfosi potrebbe far pensare ad una moderna cappuccetto rosso che si trasforma, per la paura di quel qualcosa che è accaduto (ma che ancora ci sfugge) nel suo lupo. E poi dopo lo strano soliloquio attinge a piene mani da tasche interne della pelliccia per ingozzarsi di caramelle rosso Sperlari. E’ una reazione divertente, buffa, forse escogitata per calmare la paura verso quel qualcosa. Tratto dal romanzo “Histoire de bleu” di Jean-michel Maulpoix, le note di regia descrivono il blu come “Un colore propizio alla scomparsa, diverso dagli altri, un colore in cui morire, il colore stesso dell’anima dopo che si è spogliata del corpo … svuotate le e tasche di ogni sorta. Il blu evade”.
Visti a Villa Bombrini di Genova, il 27 e 28 giugno 2018
nella foto di copertina i danzatori Koiné