Chi fa teatro — 11/09/2018 at 19:26

TorinoDanza: Noetic e Icon di Sidi Labi Cherkaoqui

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RUMOR(S)CENA – TORINODANZA – TORINO – Sidi Labi Cherkaoui apre al Teatro Regio di Torino Torinodanza con due opere, Noetic e Icon, nate dalla collaborazione la Compagnia di Danza dell’Opera di Göteborg e con lo scultore inglese Antony Gormley.

Sidi Labi Cherkaoui, coreografo belga di origine fiamminga, allievo di Anne Teresa De Keersmaeker, ha già una lunga e acclamata carriera nonostante la giovane età (è nato nel 1976). Tra i suoi lavori più acclamati ricordiamo Zero Degree in duo con Akram Khan, Origine e le coreografie per Anna Karenina, il film di Joe Write, per la sceneggiatura di Tom Stoppard, con Jude Law e Keira Knightley. In Noetic Sidi Labi Cherkaoui ci conduce in uno spazio danzato in cui le forme geometriche sfuggono a qualsiasi stasi, in perpetua trasformazione e permutazione, in un eterno movimento metamorfico. Noetico è aggettivo riferito a quella attività dell’intelletto che pertiene all’intuizione al di la di ogni giudizio. È la percezione nel suo stato più puro e, forse, ingenuo, quella che coglie la meraviglia in una semplice foglia scossa dal vento. E a questo stato, che richiede perenne attenzione all’istante e al mondo – non a caso è citata l’ode di Orazio con il famoso Carpe diem -, ci invita una danza che trattiene in sé origini e stili diversi in un unico fascio di movimento.

Piccoli listelli flessibili compongono figure e spazi geometrici sul bianco neutro del tappeto danza. Linee che presto diventano curve, perché: “nulla nel mondo fisico si muove in linea retta, né proiettili, né fulmini che scendono dal cielo”. E così sorgono onde e sfere armillari.

Le parole di Randy Powell descrivono la forza della bobina-toro, questo schema di forze che attraversa ogni cosa in natura, forze sdoppiate che concorrono alla creazione e permeano l’esistenza. Un moto da solo è niente, si compone sempre di un contrasto che non si oppone ma coopera. In Noetic la danza si intreccia con il canto di Miriam Andersén, con la musica di Szymon Brzóska, in parte eseguita dal vivo da Kazunari Abe al flauto e alle percussioni e i testi di Randy Powell. Se Noetic nasce dall’aerea leggerezza dei listelli flessibili, Icon si genera dalla terra e dalla pesantezza dell’argilla malleabile. Sulla scena i danzatori creano e distruggono icone e costrutti, in un gioco di creazione e distruzione che conduce a una nuova ricomposizione del mondo. I corpi, i sessi, gli oggetti si creano e si disfano, sorgono dalla terra e alla terra ritornano. Niente permane e tutto si trasforma: la scena si traveste con il corpo di Proteo in metamorfosi continua prima di proferire l’oracolo. Nuovamente assistiamo a una tessitura in cui la danza abbraccia la musica che esegue, dal vivo, brani antichi di musica tradizionale dando a ciò che avviene in scena un carattere sacro, ctonio, colmo di misteri e saperi antichi.

 

Sia in Noetic che in Icon di Sidi Labi Cherkaoui ciò che vediamo è una danza che sfugge a sé stessa contaminandosi di un gesto a volte teatrale e a volte performativo, inserendo altri linguaggi artistici come la parola poetica, la prosa scientifica, il canto, la musica con la quale la danza si intreccia inestricabilmente e mette in luce l’affermarsi di una composizione scenica che travalica i generi. La danza di Sidi Labi Cherkaoui è anche costante tensione verso il superamento del contrasto,visto sempre in positivo, come moto di rafforzamento dell’individuo nel suo percorso di trasformazione. Anche il trauma è visto nel suo aspetto positivo, come formazione della percezione e cui sta a noi dare una connotazione e una valenza.

Quella esperita in questa apertura di TorinoDanza è una visione dell’arte come messaggio di speranza, luogo in cui i contrasti e gli abissi vengono ricomposti e superati. L’orrore del mondo non è cancellato ma privato della sua forza distruttiva, sempre superabile dall’attenzione, dalla meraviglia, dallo sforzo costante di non vedere ostacoli e muri, ma fluide conformazioni che si mescolano nella creazione di nuova vita.

recensione pubblicata su www.enricopastore.com

 

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