Contributi critici, Teatro — 06/11/2011 at 22:01

La “voce” del Belarus Free Theatre parla come Pinter e gli uomini liberi

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La loro “voce” è il teatro. Recitano lontani dalla loro patria, la Bielorussia, dove è in vigore un regime dittatoriale capeggiato da Aleksander Lukashenko, motivo per cui sono stati messi al bando, censurati, e costretti a vivere all’estero. Esiliati per il loro coraggio nel denunciare la mancanza di democrazia, l’abolizione dei diritti civili. Sono gli uomini e le donne della Belarus Free Theatre, compagnia teatrale fondata nel 2005 dal drammaturgo e giornalista Nikolai Khalezin e dalla produttrice teatrale Natalia Koliada, a Minsk, capitale di una piccola nazione, un tempo ex Unione Sovietica, divenuti celebri e pluripremiati per nulla intimoriti dalle pressanti e reiterate intimidazioni che arrivano dal governo.

 

(Being Harold Pinter)

 

Una compagnia di attori costretta nel passato a recitare in clandestinità, rischiando il carcere e anche la vita, come purtroppo è accaduto ad alcuni dei loro sostenitori e amici, identificati come oppositori del regime. In difesa della libertà di espressione hanno fatto sentire la loro testimonianza, Vaclav Havel, Sir Tom Stoppard, Mick Jagger, Arthur Kopit, Mark Ravenhill, e il drammaturgo Harold Pinter, a cui i Belarus hanno dedicato lo spettacolo “Being Harold Pinter” (presentato al Festival Prospettiva 150 di Torino) meritevoli di ricevere la menzione speciale del Premio Europa Nuove Realtà Teatrali, “per la resistenza all’oppressione in vigore in Bielorussia”. Il loro teatro va in scena all’estero dove chiedono aiuto alla comunità internazionale, artisti che in patria non possono più rientrare, ai quali è stato impedito di lavorare nei ventissette teatri statali. In loro difesa sono intervenuti anche Kevin Spacey (i suoi film sono stati censurati in Bielorussia) e Jude Law.

 

(Harold Pinter)       

 

Il Belarus Free Theatre ha ricevuto nel 2011 il Premio Off – Broadway Obie Award.Minsk 2011”, è uno spettacolo dedicato alla vita della loro città d’origine, che gli è valso il primo premio al Festival di Edimburgo, mentre “Discover Love”, ha ricevuto nel 2008, il Premio dei Diritti dell’Uomo, assegnato dalla Repubblica Francese, unica istituzione culturale nel ricevere il prestigioso riconoscimento.

 

(da sinistra, Nikolai Khalezin e Tom Stoppard)

 

Il Belarus ha ricevuto l’invito per partecipare alle manifestazioni culturali, in occasione dei Giochi Olimpici del 2012 di Londra, con la richiesta di allestire una commedia di Shakespeare, come ha spiegato Nicolai Khalezin, nel corso di una conferenza ospitata dal Piemonte Share Festival “Cops and Robbers” di Torino, curato da Simona Lodi (in corso fino 13 novembre), nella quale erano presenti anche Yuri Kaliada (direttore esecutivo) e il regista di “Being Harold PintnerVladimir Shcherban. «Siamo una delle trentasette compagnie teatrali internazionali che reciterà in altrettante lingue diverse, allo Shakespeare Globe Theatre, dove metteremo in scena un Re Lear, l’unica nostra esperienza dedicata al teatro classico». L’Italia sarà rappresentata dal regista Andrea Baracco che metterà in scena il “Giulio Cesare”, su adattamento di Vincenzo Manna, in collaborazione con il Teatro di Roma.

La partecipazione del Belarus Free Theatre ha suscitato immediate reazioni da parte dell’ambasciatore della Bielorussa a Londra, il quale ha tentato, inutilmente, di convincere il governo inglese ( ha concesso il permesso di soggiorno a tutta la compagnia) nel revocare l’invito compagnia: “non autorizzata a rappresentare la nazione”. Fa paura il teatro come mezzo di diffusione delle idee e dei valori etici, morali e politici. Il direttore artistico ha spiegato il motivo che spinge il regime di Lukashenko, ad odiare così ferocemente il teatro: «Quando un fatto viene pubblicato un fatto sui giornali della Bielorussa, la cosa è ritenuta normale, al contrario se trova spazio nel campo teatrale, questo attira ancora di più l’attenzione dell’opinione pubblica e crea un’intollerabile fastidio alla politica».

Il teatro che genera opinioni nelle menti libere delle persone, quello che è servito a “riprenderci la nostra libertà”, è diventato il motore propulsore di iniziative a carattere divulgativo del loro lavoro, portate a conoscenza nelle università di tutto il mondo, al fine di spiegare la metodologia utilizzata nel loro lavoro artistico teatro. Lo spiega -ancora  Nicolai Khalezin – con una metafora sportiva: «Le regole del nostro modo di fare teatro si basa sui principi del calcio giocato in Olanda negli anni Settanta. Un gioco di passaggio, da quello di attacco alla difesa, pressing in tutto il campo. Molto teatrale. Utilizziamo tecnologie di immersione e non hanno importanza le scene, ma solo il lavoro dell’attore».

 

(conferenza Piemonte Share Festival “Cops and Robbers”, Nicolai Khalezin, Yuri Kaliada, Vladimir Shcherban)

Così come accade in “Being Harold Pinter” in scena alla Cavallerizza di Torino, uno scarno allestimento scenico, composto da un ring nero diviso da strisce bianche, quattro mele rosse disposte sul fondo, un telo di plastica che diventa una cappa soffocante, sotto la quale si agita una delle performer, prigioniera, spaventata, reclusa. Sono citazioni visive e drammatiche, spiegano le brutalità realmente accadute in patria. Tutto si gioca sulla rappresentazione espressiva della violenza, nelle sue declinazioni morali, fisiche, psicologiche. Prende vita attraverso la raffigurazione simbolica di come viene praticata nel loro paese. Appare Harold Pintner, il suo viso è proiettato sulla parete nera del fondale. Grandi occhi scrutano cosa accade in scena. Nume tutelare della compagnia, convinto sostenitore della necessità di non cedere mai, in nome di un arte superiore, quella del teatro, a lui così congeniale, stroncato dai critici quando le sue opere sono state rappresentate per la prima volta. Oggi forse l’autore più rappresentato al mondo, Premio Nobel 2005 per la letteratura: “Nelle sue commedie scopre il baratro che sta sotto le chiacchiere di tutti i giorni e spinge ad entrare nelle stanze chiuse dell’oppressione“. Il Belarus non poteva fare altrimenti, se non dedicargli una pièce dove il drammaturgo entra di diritto, con un lavoro di collage tratto dai suoi testi, “Ritorno a casa, Ceneri alle ceneri, Il nuovo ordine del mondo, Il bicchiere della staffa, Il linguaggio della montagna”, rielaborati attraverso i dialoghi resi visivamente da azioni sceniche che non passanno indenni: la tortura, la sopraffazione, il pianto disperato di una madre, a cui si aggiungono coralmente brani di lettere scritte dai prigionieri politici, attualmente detenuti nelle carceri della Bielorussa, alle quali fa eco un estratto del discorso di accettazione, letto da Pintner all’Accademia Reale di Svezia, durante la cerimonia di consegna del Nobel.

«La maggioranza di coloro che fanno la politica non è interessata a questo tipo di problemi, né alla verità, ma al potere e al suo mantenimento. Per mantenerlo è essenziale che la gente rimanga nell’ignoranza, ignoranza della verità, della verità della vita stessa. Un arazzo di bugie ci circonda. Di esse, noi ci nutriamo. Serve una salda determinazione intellettuale per definire ciò che è vero nelle nostre vite e nelle nostre società. Si tratta di un mandato cruciale. Se questa determinazione non si incarna nella nostra visione politica, non abbiamo nessuna speranza di recuperare ciò che altrimenti è definitivamente perso: la dignità dell’uomo».

In “Being Harold Pinter” emoziona  la scena dell’uomo denudato, spogliato di tutto, torturato, sottoposto ad una violenza cieca come strumento di repressione preventivo. Sono momenti di forte pathos provati durante la performance dei protagonisti, Nikolai Khalezin, Pavel Gorodnitski, Yana Rusakevich, Oleg Sidorchik, Irina Yaroshevich, Denis Tarasenko, Marina Yurevich, attori eccellenti, abituati a svolgere un lavoro artistico, fortemente connotato dall’impegno civile e “politico”, frutto di «esperienze in relazione alle nuove tecnologie dove tutto è in continuo cambiamento e influisce a quello che succede dentro una persona – ha spiegato ancora Nikolai Khalezin mentre i cambiamenti non coincidono con quelli del teatro classico. Il nostro punto di vista cambia velocemente e sono legati alle problematiche della Bielorussia, gli interessi internazionali globali. Anche nei paesi democratici ci sono situazioni simili a quelle presenti nel nostro paese, e noi le affrontiamo nel nostro lavoro – compresa l’Italia ben conosciuta dal direttore artistico, che si dice “preoccupato per una situazione a rischio”- e anche in Francia dove il razzismo, le relazioni negative con gli anziani, l’omofobia, sono le stesse problematiche presenti in Bielorussia». La riprova di quanto detto è testimoniato dall’esperienza realizzata al Vie festival di Modena nel 2010, dove i Belarus sono stati protagonisti di un esperimento senza precedenti, il cui valore supera quello strettamente teatrale: “Eurepica Challenge”, la messa in scena di un poema epico contemporaneo. Quattordici drammaturghi di diverse nazioni hanno contribuito scrivendo una storia ciascuno. Gli attori della compagnia hanno dato vita ad un “viaggio aereo”, nelle vesti dell’equipaggio, facendo emergere il volto dell’Europa e dei suoi abitanti.

Il Belarus ha scelto di parlare di cose che gli altri non vogliono affrontare e dire. Lo ha ricordato anche Yuri Kaliada, il manager esecutivo: «Quello che pensa il governo è sempre molto diverso da quello che è presente nella realtà. Noi poniamo l’attenzione rivolta verso i problemi attuali nella società e lo facciamo attraverso il rinnovamento del linguaggio teatrale, facilitata da esperienze personali, tra vissuto e scrittura», citando “Zon of Silence” lo spettacolo dove gli attori raccontano storie della loro infanzia, le umiliazioni subite nella scuola materna, un tentato suicidio per un amore infelice, il rapporto con un padre imprigionato due volte e l’ultimo incontro in ospedale con la madre di uno di loro, definita “una moderna epopea bielorussia” , dove la tematica trattata è l’infanzia e le sue problematiche, sofferte dalle persone che hanno vissuto nell’ex Russia. La sofferenza acquisita alla nascita. Il Belarus non poteva che affrontarla, e denunciare con quella “voce” che non potrà mai essere spenta: il Teatro. La compagnia tornerà in Italia dal 13 al 15 aprile 2012 al Teatro India di Roma con “Being Harold Pinter, Generation Jeans” e “Zone of silence”.

Belarus Free Theatre (Bielorussia)

Being Harold Pintner

da testi di Harold Pintner

adattamento e regia Vladimir Shcherban

con Nikolai Khalezin, Pavel Gorodnitski, Yana Rusakevich, Oleg Sidorchik, Irina Yaroshevich, Denis Tarasenko, Marina Yurevich,

Festival Prospettiva 150 Torino

 

 

 

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