RUMOR(S)CENA – PROMETEO INCATENATO – CASA DI RECLUSIONE FEMMINILE – VENEZIA – Lunedì 22 Luglio 2019 alle ore 16 va in scena nella Casa di Reclusione Femminile di Giudecca Prometeo Incatenato, nell’ambito del progetto teatrale Passi Sospesi di Balamòs Teatro negli Istituti Penitenziari di Venezia che ha come obiettivo quello di ampliare, intensificare e diffondere la cultura teatrale dentro e fuori gli Istituti Penitenziari. Lo spettacolo è stato allestito nella sala teatro recentemente rinnovata e tecnicamente attrezzata. L’ingresso è riservato ai solo autorizzati. Adattamento libero dall’omonima tragedia di Èschilo. La regia, luci, scene sono di Michalis Traitsis – Balamòs Teatro. Con gli allievi del laboratorio del Centro Teatro Universitario di Ferrara Michela Arcidiacono, Andrea Bertocco, Federica Bucchicchio, Giuseppe Cota, Emanuela Del Giudice, Filippos Gkikouli, Giacomo Ippolito, Giulia Tiozzo, Lorenzo Trevisani, Simone Zanchin, Beatrice Zauli.
La complessità della tragedia di Èschilo ha a che fare anche con i suoi molteplici significati che, come un gioco ad incastro, rimandano l’uno all’altro. Del resto i miti hanno ancora un senso proprio nel loro rappresentare interrogativi, temi e sentimenti universali. Prometeo è colui che ha sfidato Zeus e che può rappresentare la ribellione politica irriducibile, coerente o cieca fino in fondo, a seconda delle letture. Ma Prometeo è anche colui che non mette in discussione l’ordine precostituito ma rivendica il diritto al pensiero critico e libero. E’ un possibile Cristo dell’antichità che non vuole per se ruoli e potere ma è mosso dall’amore gratuito verso gli uomini a cui dona il fuoco che, nella mitologia greca rappresenta il potere della conoscenza. E’ ancora colui che contribuisce alle origini della civiltà e del progresso, che rimanda alla contesa eterna tra tradizione e progresso. E’ l’archetipo della inestinguibile lotta e conseguente decisione tra piegare la testa, subire, tacere, diventare massa informe, o combattere, rivendicare il diritto ad avere una voce, manifestare il proprio dissenso. E’ una riflessione continua su cosa sia la responsabilità etica e sull’assumersi le conseguenze delle proprie azioni. Prometeo è soprattutto il dramma del dolore e della solitudine ma insieme della partecipazione corale che non ha il potere di abolire il dolore ma di elevarlo. Prometeo incatenato è stata definita tragedia immobile e in effetti è la stessa immobilità fisica a cui è ridotto il protagonista a imprimere una quasi totale assenza di movimento e azioni. Nel presente studio si è scelto di rimanere aderenti alla sua versione originale perché i temi di cui tratta sono profondamente attuali di per sé. Attraverso un processo dall’interno verso l’esterno, si è lavorato per trovare voci, gesti, composizioni a partire dalla respirazione – l’impegno e la fatica di una respirazione a cui non siamo avvezzi -, alla ricerca di una coralità che alluda all’essenza stessa del teatro, che è respiro collettivo.
La scena si svolge nella desolata e montuosa regione della Scizia. Qui Efesto assistito da Cratos (Potere) e Bia (Violenza), per ordine di Zeus incatena a una rupe Prometeo, colpevole di aver rubato il fuoco per darlo agli uomini e le conoscenze tecniche utili per il loro progresso. Ad assistere Prometeo, che lamenta l’ingiustizia divina e la gravità della sua pena, accorrono dagli abissi del mare, prima le oceanine (che formano il coro), poi Oceano, che si offre, ma inutilmente, per la difficile opera di pacificazione. Ma Prometeo non è la sola vittima del sovrano dell’Olimpo, lo è anche Io, fanciulla sedotta da Zeus e trasformata per gelosia da Era in una giovenca condannata a interminabili peregrinazioni e tormentata dai continui morsi di un tafano. Prometeo la conforta, rivelandole che un suo discendente, noto a lui solo, lo avrebbe liberato, privando Zeus del suo potere. Zeus, udita la conversazione con Io, invia Ermes per estorcere il segreto a Prometeo, ma egli non cede e per questo viene scagliato, insieme alla rupe a cui è incatenato, in un burrone senza fondo.