RUMOR(S)CENA – BIENNALE TEATRO – VENEZIA – Nel programma della 47esima edizione della Biennale Teatro di Venezia dal titolo “Drammaturgie. Atto terzo” diretta da Antonio Latella, figuravano anche due spettacoli di Manuela Infante: Estado Vegetal (2017) e Realismo (2016). Si tratta dell’unica presenza latino americana per quest’edizione e la prima drammaturga cilena in assoluto a partecipare alla Biennale. Manuela Infante appartiene alla cerchia di drammaturghi/registi giovani di forte presenza nella scena teatrale cilena. In Italia si è vista con la compagnia Teatro de Chile e gli spettacoli Cristo al Festival dei due mondi a Spoleto e Rey planta a Tramedautore nel 200), testo che fu pubblicato, assieme a Neva di Guillermo Calderón in Re! Giovani voci della drammaturgia cilena, da Editoria & Spettacolo. La guerra, la fragilità del concetto del reale, la morte e il senso della vita, la scissione dell’uomo con il suo ambiente e l’inganno di sentirsi il centro dell’universo sono diventate alcune delle tematiche ricorrenti per quest’edizione, e che Manuela Infante riprende attraverso una drammaturgia contestataria, ironica, incisiva e profondamente riflessiva, possedendo come denominatore comune lo spazio occupato dall’essere umano e i ruoli che egli stesso si assume.
“Estamos plantados en un mundo mudo y éste es el misterio” / “Siamo piantati in un mondo muto ed è questo il mistero”. Questa citazione da Realismo racchiude quello che si cerca di esplorare in entrambi gli spettacoli: una visione del mondo che sprofonda nel senso, nell’uso -ed abuso – degli oggetti nella realtà. Realismo costruisce il suo universo nell’accumulo di oggetti concreti ed il potere che esercitano sulle persone. Sedie, tavoli, tappeti, vestiti, lampade, aspirapolvere, materassi, quadri, scatole ,abitano lo spazio scenico dimostrando il loro protagonismo nella vita delle persone. Il tempo conferisce agli oggetti il dono della permanenza davanti a intere generazioni di umani che si susseguono una dietro l’altra. I personaggi interpretati da Cristián Carvajal, Ariel Hermosilla, Héctor Morales, Rodrigo Pérez, Marcela Salinas , diventano così osservatori impotenti di questo potere. Lo spettacolo mette in crisi il concetto moderno dell’essere umano come misura delle cose ed insiste nell’esistenza di queste, indipendentemente dal suo osservatore. Con questo, sembra che ad un certo punto la storia e con essa, testo e personaggi, passi ad un secondo piano e rimanga soltanto la sola contemplazione degli oggetti: un’epifania della sola materialità delle cose o di un senso misterioso che può essere intuito solo tramite lo sguardo.
Un altro “mondo muto” è quello delineato in Estado Vegetal, monologo interpretato da Marcela Salinas che colpisce per il suo essere polifonico. Si tratta di una vera pièce musicale, un assolo capace di riportare sulla scena altre presenze, un intreccio di voci che non fanno riferimento soltanto ai personaggi ma anche alle piante. Per Manuela Infante non è la prima volta nell’affrontare queste tematiche. Anche in Rey Planta, spettacolo in cui si riprende la storia di un principe indiano , il quale dopo aver ucciso la sua famiglia, tentò il suicidio finendo in uno stato di coma vigile, di cui lo spettatore conoscerà soltanto il flusso di coscienza attraverso una voce in off. Questa volta il mondo vegetale viene ricostruito parlando non soltanto di piante, ma sperimentando un linguaggio ispirato ad esse e nella loro forma di stare al mondo. Sul palco, pochi elementi –un tavolo, un microfono, fari ed alcune piante –delimitano il ridotto spazio in cui si muoverà l’attrice capaci di creare la singolare atmosfera in cui interagiranno i personaggi.
Affascinante il paradosso tra l’immobilità delle piante e il flusso delle voci che le rappresenta donando dinamicità alla storia. Suggestiva è la lotta tra lo stesso universo vegetale e quello umano e animale, terminato presentando un mondo distopico in cui le piante si impossessano del pianeta. Non esistono riferimenti a questioni geopolitiche locali nei temi trattati in questi due spettacoli ma si percepisce un ampio registro culturale e linguistico cileno, non facile da essere processato per il pubblico italiano. Entrambi si caratterizzano da una notevole impronta filosofica dove a momenti si scinde ed allontana la dimensione estetica del teatro, in modo che la drammaturgia si distanzi dai momenti poetici appena costruiti. Comunque sia i procedimenti e le tematiche risultano interessanti, ben intuiti e risuonano in un contesto in cui l’individuo sembra aver perso la comunione con gli oggetti e gli organismi vivi che lo circondano e si trova a scoprire, come per magia, nuove dimensioni di interazione.
Estado Vegetal
prima italiana (vista il 30 luglio 2019, Teatro alle Tese’)
Realismo
prima italiana (vista il 1 agosto 2019, Teatro Piccolo Arsenale)
regia Manuela Infante