RUMOR(S)CENA – TEATRI CHIUSI – SPETTATORI – “[…] le misure per contenere la pandemia hanno leso gravemente i diritti degli spettatori” è quanto viene denunciato sul webzine di cultura ateatro.it, che annuncia la nascita di un sindacato degli spettatori. La “lesione” principale, a mio avviso, è data più dal non poter sostenere le economie necessarie per mantenere le proprie famiglie, acquistare cibo e tutto quello che serve per le necessità quotidiane. Numerose testimonianze lo confermano. Poi naturalmente arrivano le lesioni per la privazione della cultura e tutto quello che ne consegue. “Amare la cultura è un dovere oltre che un diritto“, ma pensare che la mancanza degli spettacoli dal vivo (in tempo di pandemia con la conta dei morti giornalieri) sia il fattore determinante per procurare sofferenza e disagio, delusione e chissà quant’altro, forse è un po’ fuorviante? I teatri sono luoghi in cui puoi socializzare e condividere : è un rito collettivo. Ma c’è dell’altro. La bellezza è un antidoto all’impoverimento e al degrado della nostra epoca contemporanea: basti vedere cosa suscita la politica e la non-politica nel nostro non-amato (o poco) paese, a partire dall’odio presente sui social, capace di alimentare una narrazione quotidiana sempre più deformante e alienante.
Gli artisti, i teatri, il comparto dello spettacolo, compresi tecnici e gli amministrativi, soffrono per la mancanza di lavoro (è un problema urgente e grave legato alla sussistenza) e quanto accade è doloroso e preoccupante. Manca il lavoro e l’elargizione dei ristori governativi non è la panacea per curare e risolvere la condizione di tale problematica. Resta un dubbio a riguardo: i sindacati di categoria erano in grado (prima della catastrofe mondiale, causa Covid-19) di gestire i diritti dei lavoratori dello spettacolo? E ora, a crisi avvenuta, sono sufficientemente autorevoli per contrattare e aprire delle vertenze risolutive dei tanti problemi a cui non è stata trovata prima un’efficace soluzione? Lo chiedo con la consapevolezza di non essere del tutto a conoscenza del lavoro sindacale compiuto, ma rumorscena.it ha dato ampio spazio a sigle sindacali e ai collettivi autogestiti al fine di fare sentire le loro (ripeto) legittime rivendicazioni. Ora il sindacato degli spettatori neo costituito avrà un seguito? Cosa si propone di fare visto che per ora è una nobile intenzione? Gli spettatori chiusi in casa (teatro in streaming, teatro al campanello o al citofono – altro strano fenomeno di cui faccio fatica a capirne le motivazioni –, o ancora teatro al telefono, sono solo surrogati): cosa possono fare per dimostrare la loro sofferenza? Dal 25 ottobre i teatri sono chiusi, come i cinema, mentre in Spagna e in Francia se pur con numeri contingentati continuano la loro programmazione.
«…il diritto a incontrarsi e creare comunità, il diritto di discutere e confrontarsi, il diritto di crescere umanamente, come singoli e come collettività», è un passaggio tratto ancora da ateatro.it da cui nasce questa riflessione che non ha nessuna pretesa di essere esaustiva, anzi. La solitudine è una “patologia” sempre più presente nella nostra società e i vari lockdown non fanno altro che aumentare in modo esponenziale: adolescenti, adulti e anziani, senza soluzione di continuità, ne subiscono le conseguenze. Si legge ancora: «…Come spettatori, non chiediamo rimborsi né ristori, che devono sostenere prima di tutti gli artisti. Chiediamo però che i nostri diritti di spettatori vengano riconosciuti, difesi e se possibile sviluppati, anche perché questa è la condizione che consente di difendere meglio i diritti dei lavoratori dello spettacolo.
Vogliamo dunque che sia garantito al più presto l’accesso ai luoghi della cultura (teatri, cinema, musei, eccetera), compatibilmente con la tutela della salute di lavoratori e spettatori». Vanno difesi e sviluppati i diritti ? Assolutamente vero: ma in passato l’affluenza ai luoghi deputati allo spettacolo era tale da garantire un’economia sostenibile per tutto il comparto? Certo che no. Con le debite differenze, i teatri dal “tutto esaurito” facevano il paio con ad altri frequentati da poche decine di spettatori . Problematiche strutturali, gestionali, politiche e amministrative mai risolte. Dice bene ateatro.it quando sostiene:«…La chiusura prolungata degli spazi culturali rischia di ingenerare nel pubblico – compresi anche noi – la sensazione che questi luoghi siano pericolosi per la salute. Le aperture contingentate degli spazi culturali, che tra il 15 giugno e il 25 ottobre ci hanno consentito di partecipare a numerosi eventi in sicurezza, hanno dimostrato che questo rischio è praticamente nullo».
L’Agis ha rilevato come su «347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra lirica. prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, nel periodo che va dal 15 giugno (giorno della riapertura dopo il lockdown) ad inizio ottobre, si registra un solo caso di contagio da Covid 19, sulla base delle segnalazioni pervenute dalle ASL territoriali. Una percentuale, questa, pari allo zero e assolutamente irrilevante, che testimonia quanto i luoghi che continuano ad ospitare Io spettacolo siano assolutamente sicuri». Lo posso confermare avendo frequentato i teatri prima della chiusura. Dispositivi e presidi sanitari, controllo degli accessi, distanziamento e rispetto severo delle norme imposte. Cosa che non accade nei supermarket, nelle movide cittadine, nei locali pubblici. Al contrario i teatri dimostravano la massima serietà e questo va riconosciuto senza riserve.
Quando poi Andrea Scanzi, giornalista del Fatto Quotidiano, ospite nel programma RAI di Cartabianca, condotto da Bianca Berlinguer (puntata del 13 gennaio scorso) ha citato, tra i luoghi a rischio dove circolava il virus, anche i teatri, ci si chiede se serve altro per ragionare senza pregiudizi a rischio fake news. Non serve nessuna smentita a riguardo, si commenta da solo. Cito ancora ateatro.it «… Dopo il 25 ottobre abbiamo tra l’altro assistito a decine e decine di programmi televisivi che prevedono la massiccia presenza di spettatori, o meglio di “figuranti” (anche se questa ci pare una finzione giuridica), previe adeguate misure sanitarie (a cominciare dai tamponi rapidi)».
È lapalissiano che la televisione raccoglie introiti pubblicitari per garantire ogni privilegio (Festival di Sanremo docet), ma paragonare il teatro al mercato televisivo con tutti i suoi difetti e privilegi (siamo tutti d’accordo sulla programmazione di format che ogni giorno ci propinano sono di una qualità scadente), è fuorviante e inutile. Il teatro è una Cenerentola e le sorellastre televisive vincono sempre. La proposta di ateatro.it è quella di lanciare a fine pandemia (chissà quando avverrà) il « “Il Manifesto per i Diritti dello Spettatore”, chiedendo l’adesione dei teatri italiani»: una bella sfida che avremo modo di seguire. Il teatro e la cultura vanno difesi senza pregiudiziali, convinti, però, che sia necessario anche fare un’attenta analisi di cosa non funzionava prima del Covid-19 e non solo ora a sipario chiuso. Artisti e Spettatori compresi e non ultimi i critici al seguito. E cercare di dare voce al pubblico? Istituire dei sondaggi al fine di rilevare le reali esigenze degli spettatori “sindacalizzati”…..
Contributi
Filippo Del Corno assessore alla Cultura del Comune di Milano sulla sua pagina social di facebook scrive: «Insisto: l’apertura dei luoghi della cultura, musei, biblioteche, cinema, teatri deve essere programmata con largo anticipo e irreversibile. Accontentarsi di microaperture burocratiche, provvisorie, discriminatorie, significa non capire che il nocciolo della questione è rivendicare il diritto inalienabile alla partecipazione culturale e assumere come priorità cruciale per il benessere della comunità il ritorno alla condivisione delle esperienze culturali. Continuo la mia battaglia: solo l’apertura programmata, non reversibile e autenticamente democratica dei luoghi di cultura, nel pieno rispetto delle prescrizioni mediche indicate dalla comunità scientifica, possono essere il miglior accompagnamento possibile alla campagna vaccinale, il segno di una “vaccinazione” sociale agita dai presidi culturali indispensabili per la salute collettiva della comunità. L’esempio che arriva dalla Spagna, oggi riportato in un bell’articolo da Repubblica, ci dice che un’altra politica culturale non solo è possibile, ma necessaria».
«Un piano strategico per la ripresa delle attività culturali, a partire da un’apertura coordinata del sistema museale cittadino dalla prima settimana di marzo. Dobbiamo sottrarre la cultura alla frammentazione temporanea delle fasce di rischio, con continue aperture e chiusure, e pensare a un progetto di ripresa definitiva per ristabilire il diritto alla partecipazione culturale, sempre nel pieno rispetto delle indicazioni mediche per il contrasto alla diffusione epidemica».
«In Francia, Spagna e Russia , Principato di Montecarlo i teatri sono aperti come ha spiegato Alessandro Morbile al programma La Barcaccia su Radio Rai 3 martedì 2 febbraio, un cantante lirico attualmente all’estero: «In Francia i teatri sono aperti e frequentati dal pubblico e ora io sono a Montecarlo dove tutti gli spettacoli sono andati in scena con gli spettatori e i cantanti non dovevano indossare le mascherine chirurgiche. Una grande prova di coraggio. Certo, è un piccolo stato con una portata minore di popolazione su territorio, diversamente da quanto accade nelle grandi città metropolitane come Milano e Roma in Italia, ad esempio».
La direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano, Andrée Ruth Shammah, intervistata dall’agenzia Adnkronos «Per me il problema non è se essere aperti o no, ma l’aver fatto passare l’idea che i teatri sono luoghi dove ci si infetta. Nelle zone gialle è tutto aperto, inclusi i musei, mentre i teatri sono ancora chiusi ed ecco allora che quando riapriremo sarà già arrivato nel subconscio a livello subliminale un triplice messaggio: si può fare a meno del teatro; si può vedere il teatro in streaming che è lo stesso; il teatro è un luogo pericoloso». E nel proseguo dell’intervista di Veronica Marino si interroga: «È il governo che decide cosa è un bene cosa no? E allora perché dà il contributo pubblico ai teatri? Il governo non deve riaprire i teatri per andare incontro a chi fa teatro, perché allora tutti possono lamentarsi per aver perso il lavoro, ma deve riaprirli perché ha tolto ai cittadini un servizio».
Appello del mondo dello spettacolo
Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, storicamente poco tutelati, sono tra quelli che hanno maggiormente subito gli effetti devastanti della pandemia sul lavoro, con un fermo di larga parte del settore che dura ormai da un anno. Alla notizia del blocco del nuovo decreto Ristori a causa di questa incomprensibile crisi di governo, denunciano insieme la condizione d’indigenza in cui versano uomini e donne che operano nel settore con professionalità e dedizione e che si troveranno da un momento all’altro senza alcuna forma di sostegno. Le lavoratrici e i lavoratori dello Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, storicamente poco tutelati, sono tra quelli che hanno maggiormente subito gli effetti devastanti della pandemia sul lavoro, con un fermo di larga parte del settore che dura ormai da un anno. Alla notizia del blocco del nuovo decreto Ristori a causa di questa incomprensibile crisi di governo, denunciano insieme la condizione d’indigenza in cui versano uomini e donne che operano nel settore con professionalità e dedizione e che si troveranno da un momento all’altro senza alcuna forma di sostegno. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo si appellano al senso di responsabilità e alla necessità di dare stabilità al nostro Paese in una fase tanto complicata affinché vengano sbloccate le risorse necessarie a garantire la sopravvivenza di migliaia di persone.
spettacolo si appellano al senso di responsabilità e alla necessità di dare stabilità al nostro Paese in una fase tanto complicata affinché vengano sbloccate le risorse necessarie a garantire la sopravvivenza di migliaia di persone.
Seguono le sigle sindacali e associazioni di categoria
in copertina foto del pubblico al Teatro Sociale di Trento “Verso una nuova resistenza” Gino Strada Emergency Trento 8 settembre 2018