Cinema — 06/03/2021 at 15:18

Ti ricordi di Marie Bell?

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RUMOR(S)CENA – Un tuffo nel passato: utile, speriamo, alle lettrici e ai lettori più giovani, specie se appassionati o propriamente ricercatori in Storia del Teatro. Marie Jeanne Bellon-Downey (1900-1985), alias Marie Bell, di lontano sangue irlandese benché nata a Bègles,pareva all’inizio destinata solo alle scarpette da punta: allieva di ballo (“petit rat”, come detto in gergo) all’Opéra National de Bordeaux, fece il suo primo vero debutto a tredici anni, nella prestigiosa cornice del London Pavilion. Rientrata in patria, la nostra – su provvidenziale consiglio di Gabrielle Colonna-Romano (1883-1981), discepola di Sarah Bernhardt nonché fulgido astro della Comédie-Française – si iscrisse dapprima al Conservatorio d’Arte Drammatica di Bordeaux, poi a quello di Parigi dove otterrà, nel 1921, un premio come miglior interprete femminile e, nello stesso periodo, notata nei panni di Blanche nella commedia I corvi di Henry Becque, le si apriranno le porte della storica “casa di Molière”: ne diverrà membro effettivo (il 375° per l’esattezza) nel ‘28, recandovi idee non poco innovatrici, e tale rimarrà, fra un’interruzione e l’altra, per diciotto intensissimi anni, nel corso dei quali vestì essenzialmente tutte le parti da primadonna. Da Célimène ne Il misantropo, che rilevò subito dopo Cécile Sorel, a Donna Prodezza ne La scarpina di raso di Claudel, allestito nel ‘43 dal grande Jean-Louis Barrault (e con Madeleine Renaud nel ruolo di Donna Musica), fino a Rossana nel Cyrano di Rostand.

M. Bell, carte postale. Crediti: Chantal Éd. (Paris), s.d.

Valente artista tragica, al pari della Colonna-Romano, Marie Bell eccelleva nella declamazione, ottenendo abilmente il vibrato dalla voce rauca, sensuale e profonda; dote che le consentì di infondere vita e verità, come mai era accaduto sulle scene d’Oltralpe a metà del XX secolo, alle dolenti “maschere” femminili di Jean Racine: Ifigenia, Esther, Ermione, Agrippina… ma, più importante ancora, Fedra; “cavallo di battaglia” che la condusse in giro per il mondo prima di approdare in televisione con la guida di Jacques Reynier e Pierre Jourdan, rispettivamente nel ‘53 e nel ’68.

Direttrice del “Théâtre des Ambassadeurs” dal 1934, Marie sovrintese pure alla gestione del “Théâtre du Gymnase”, più precisamente dal 1958 all’anno della scomparsa. Il suo repertorio ebbe così modo di arricchirsi, complice la fiducia spesso riposta in giovani commediografi e nelle loro audaci, sperimentali opere: ella attraversò il teatro di boulevard (es. La pappa reale di Félicien Marceau nel ‘58; Il balcone di Genet nel ’60; Il cavallo svanito di Françoise Sagan nel ‘66; Lloyd George conobbe mio padre di William Douglas-Home nel ‘75) con le stesse genuinità e dedizione della tragedia classica. Il noto stabile, che un domani porterà il nome dell’attrice (“Théâtre du Gymnase-Marie Bell”), accolse fra l’altro i comici Coluche e Thierry Le Luron.

M. Bell in Carnet di ballo (‘37). Crediti: IVC (Tokyo), distrib. JP

Attratta, com’è chiaro, dalle tavole della ribalta più che dal set cinematografico, calcando quest’ultimo, se escludiamo il pionieristico documentario Molière, sa vie, son oeuvre (‘22) di Jacques de Féraudy, Marie Bell diede forma prevalentemente – sia al crepuscolo dell’Era del Muto (es. Madame Récamier e Figaro di Lekain & Ravel) che, con esiti e qualità alterni, in varie pellicole degli anni Trenta e Quaranta (es. La nuit est à nous di Lion & Froelich, L’uomo della Hispano di Epstein, Fedora di Gasnier, Il romanzo di un giovane povero di Gance, La garçonne di De Limur o Il colonnello Chabert di Le Hénaff) – a caratteri femminili sfrontati o tentatori, talvolta ombrosi, sempre risoluti. Illustri caratteristi e primattori, di volta in volta, la affiancarono: Harry Baur, Pierre Blanchar, Fernandel, Louis Jouvet, Robert Le Vigan, Charles Vanel, persino il nostro Fosco Giachetti.

M. Bell ne La donna dai due volti (‘34). Crediti: Eureka (London), distrib. UK.

Assai ispirata come nostalgica amante in Carnet di ballo (‘37) di Julien Duvivier e così nella doppia parte del ‘pirandelliano’ La donna dai due volti (‘34) di Jacques Feyder: la trama del film si incentrava su un giovane bon vivant (Pierre Richard-Willm), ridotto sul lastrico, costretto a lasciare Parigi e la devota Florence per unirsi alla Legione Straniera. Due anni dopo, in una delle sue tante sere da bevitore, questi conosce un’avvenente entraîneuse, Irma, precisa a Florence tranne per la voce e il colore dei capelli. Potrebbero essere un’unica persona? Racconto d’amore e morte, anticipatore del “realismo poetico”, le cui ambientazioni, di Lazare Meerson (La kermesse eroica), spaziano dall’art déco parigino alle tentacolari locande marocchine; la fotografia porta invece la firma di Harry Stradling (plasmerà, in seguito, i suggestivi giochi chiaroscurali de Il ritratto di Dorian Gray di Lewin).

M. Bell e C. Giraud in Phèdre (‘68). Crediti: CFDC e Nouveau Monde Éd. (Paris).

Degne di menzione sono anche le traversie legate a Vie privée (‘42) di Walter Kapps: il personaggio della Bell venne, infatti, considerevolmente ridotto durante le riprese, poiché l’attrice, già politicamente impegnata al “Front national du théâtre”, fu restia a recitare in un progetto co-gestito dalla “Films Régent et Boisserand” insieme alla “Continental”, società di produzione dell’occupante tedesco (vigeva il regime di Vichy).

Ventun anni più tardi la “piccola ballerina” di Bègles, ormai donna matura, accettò, non senza un certo timore iniziale, l’amichevole proposta di Visconti per una breve apparizione ne Il gattopardo (‘63) nonché in Vaghe stelle dell’Orsa… (‘65) dove incarnò, con ben altra rilevanza, la madre della febbrile Sandra (Claudia Cardinale). Nel brioso Paradiso, hôtel du libre échange (‘66), Marie Bell riassaporò i buffi equivoci di Feydeau mentre l’algerino Brialy, in Les volets clos (‘73), le fece dono dell’ultimo, memorabile cammeo.

Per gli abituali fruitori della Rete sarà, comunque, più facile imbattersi in una registrazione della suaccennata Phèdre di Pierre Jourdan, fratello del bel Louis (indimenticato Rodolphe in Madame Bovary di Minnelli) e stimato regista lirico (si guardi l’epocale allestimento di Tristano e Isotta presso il Teatro romano di Orange nel luglio del ’73, con Birgit Nilsson e Jon Vickers sotto la direzione orchestrale di Karl Böhm), qui all’esordio: la sua versione del dramma (1677) di Racine – nel complesso fedele, tranne alcuni evidenti tagli – giungerà agli occhi e alle orecchie dell’odierno spettatore sorprendentemente fluida ed intrigante, al di là di ogni cliché. I fondali dipinti «alla Poussin» e la cinepresa di Michel Kelber (Le diable au corps) – che concede rari primi piani degli interpreti e, quasi “stranita”, percorre il colonnato del palazzo di Teseo – gli offriranno l’illusione d’essere sottratto, per poco più di un’ora e venti, alla morsa del tempo storico.

Accanto all’allora sessantottenne Bell e a suo marito Jean Chevrier (prestò il volto a Teramene), si possono trovare talenti di prim’ordine: un giovane Claude Giraud (Ippolito), Mary Marquet (Enone), Jean-Noël Sissia (Penope), Jacques Dacqmine (Teseo), Tania Torrens (Aricia) e Claudia Maurin (Ismene). Dicasi lo stesso per il reparto tecnico: i costumi sono stati disegnati da Marcel Escoffier (Senso) e Léon Barsacq (Les enfants du paradis) ha realizzato le scenografie. La prima di Phèdre ebbe luogo all’Opéra national de Paris il 14 ottobre 1968. Fu un successo.

La luce di Marie si spense il 14 agosto 1985 a Neuilly-sur-Seine: riposa tutt’ora al cimitero di Monaco, vicino al consorte. Di lei, scrisse il romanziere e critico d’arte André Malraux: «Ascoltare Marie Bell in Fedra è un’occasione unica per chiunque volesse capire cosa sia il genio francese» (cit. ‘L’Avant-Scène’, n. 342, ottobre ‘65).

Per la stesura dell’articolo, sono state consultate (e si ringraziano) le seguenti fonti saggistiche e giornalistiche: “blogduwanderer.com”, Patrick Caffin, Vincent Canby, Peter G. Christensen, “Ciné-Ressources”, “Davyd” (leroidelanuit@wanadoo.fr), Philip French, Caroline Hanotte, Didier Méreuze, Pavel Vlach.

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