RUMOR(S)CENA – MILANO – Degli strani esseri a metà tra l’umano e l’animalesco, popolano il palcoscenico avvolti da una fitta nebbia. A stento si riconoscono le forme di corpi inguainati in tute vellutate, poi la nebbia si dirada lasciando intravedere i loro colori accesi che li rendono simili a lucertole, serpenti, ma anche uccelli che dal cielo atterrano in una foresta. Strisciano al suolo, oppure camminano sulle mezze punte allungando il corpo, ancheggiando con le mani appoggiate sui fianchi e i gomiti in fuori, simili a grandi pavoni. In altri momenti sembrano i guerrieri di una tribù, anche i volti sono dipinti con segni colorati, pronti a difendersi da una minaccia incombente. La stessa natura nella quale sono immersi che può a volte diventare pericolosa, oppure un nemico invisibile? Tra cinguettii rassicuranti e versi di animali minacciosi Madre Natura sembra entrare in scena sulle note della musica di Bach.
Sono queste alcune delle prime suggestioni che emergono da “Rifare Bach” (la naturale bellezza del creato), la più recente nuova coreografia creata da Roberto Zappalà per la sua compagnia, in scena al Teatro Elfo Puccini nell’ambito del Festival MilanoOltre. Da un lato lo spettatore si trova ad ascoltare la musica cristallina di Johan Sebastiana Bach, in alcuni momenti rielaborata elettronicamente, dall’altra scorrono davanti ai suoi occhi le immagini di una danza molto carnale che oscilla tra la dimensione primordiale e quella spirituale. Il corpo dei danzatori rimane comunque al centro di questa ricerca estetica del coreografo catanese Roberto Zappalà, che festeggia la ricorrenza dei 30 anni di attività della sua compagnia. Se in alcuni momenti i danzatori accennano alle posizioni della danza classica eseguendo quinte posizioni con i piedi o “port de bras” con le braccia, in altri rotolano uno sull’altro, oppure si contraggono accartocciandosi su sé stessi o imitando movimenti animaleschi, posizionandosi con la testa verso basso e le gambe verso l’altro, oppure camminando “a quattro zampe” attraversando il palcoscenico con i piedi e mani appoggiati a terra.
Secondo il coreografo, che in questo lavoro abbandona completamente la drammaturgia per abbandonarsi alla danza pura e all’ascolto della musica e dei suoi “silenzi”, gli uomini guardano alla natura per comprendere il senso della loro esistenza e in questo momento l’attenzione alla salvaguardia del nostro pianeta è al centro dei problemi della nostra società. “La definizione etimologica di universo pone l’accento sull’umanità di corpo e scopo – spiega Zappalà – quindi universalità equivale alla volontà di unire tutti in una dimensione di convivenza. La musica di Bach riesce ad unire ogni espressione d’arte sotto uno stesso involucro ed è strumento di creatività infinita, così come lo è la natura. Uno sguardo dove silenzio, ascolto, percezione e gesto – conclude – sono presenti in modo unitario nel rispetto delle singole differenze”. I danzatori quindi si immergono e trascinano il pubblico in una natura quasi all’alba dell’umanità, in una dimensione temporale e insieme atemporale, reale e onirica nella quale i rumori e i suoni della violenza di oggi sembrano essere ancora assenti. Il pubblico applaude e alla fine dello spettacolo coreografo e danzatori tornano in scena indossando una maglietta con la scritta“ 1 sola vita, 1 solo pianeta”. Perché, come afferma lo stesso coreografo Roberto Zappalà, “L’arte deve arrivare al cuore e non solo al cervello”.
Visto al Teatro Elfo Puccini di Milano nell’ambito del Festival MilanoOltre il 9 ottobre 2021