RUMOR(S)CENA – GENOVA – Due occhi giganteschi e sgranati su un mondo crudele ed ingiusto, i colori di un arcobaleno che si deformano sbiadendo fino a scomparire, le architetture misteriose di un disegno che sembra infantile, i segni severi e sottili che un controluce sapiente rendono concreti e inquietanti, le immagini tracciate con una mano sghemba ed incerta, i sogni e i risvegli affidati a parole che dicono dell’orrore e del tradimento. Scorrono veloci e si rappresentano i nove spettacoli de “Il mondo che abbiamo”, nove racconti che sono teatro dell’oggi a Genova per il “G8 project 2021” sapiente e audace costruito per un teatro che vuole ancora scavare nella memoria, ricordare, illuminare, impegnare al lavoro un centinaio di persone.
Sono le 2,40 della notte quando cala il sipario del Teatro Gustavo Modena di Genova, ed il pubblico indugia ancora ad applaudire gli attori, una folla, saliti tutti insieme in palcoscenico, per salutare e ringraziare chi ha seguito la lunga, appassionante “maratona teatrale” iniziata alle 14 al Teatro Ivo Chiesa. È appena finito l’ultimo spettacolo, con Fausto Paravidino a ricordare e ammonire che si può nascondere ma non si può dimenticare e nemmeno cancellare quello che avviene e segna la vita di una comunità. Venti anni or sono furono a Genova i giorni del G8 e quei giorni non possiamo dimenticarli.
Venti anni sono tanti, una vita per chi, ancora giovane nel luglio del 2001, a mala pena ricorda, una ferita incancellabile per chi quei giorni ha vissuto seguendo in diretta le immagini di violenze e vergogne e scoprendone poi altre nel taccuino riposto delle coscienze che la storia non può cancellare. Saggia idea quindi quella di Davide Livermore, direttore del Teatro Nazionale di Genova che ha affidato ad Andrea Porcheddu, critico teatrale, studioso, drammaturgo reclutato nelle fila gloriose del teatro genovese, un progetto bello e ambizioso di “non rimozione” della nostra memoria”. Ne è nato il bel percorso de “Il mondo che abbiamo”, forte di nove testi, scritti da nove importanti drammaturghi, significativi della scena internazionale, ognuno di loro in rappresentanza di uno dei “Grandi” presenti al summit del 2001.
Così Roland Schimmelpfennigper la Germania), Nathalie Fillion per la Francia, Guillermo Verdecchia per il Canada, Fausto Paravidino per l’Italia, Sabrina Mahfouz per la Gran Bretagna, Toshiro Suzue per il Giappone, Wendy MacLeod per gli USA, Ivan Vyrypaev per la Russia e Fabrice Murgia per il Belgio, hanno scritto i loro testi ed altri, registe e registi, li hanno messi in scena affidandoli a giovani attrici ed attori che questa lunga, appassionante maratona hanno realizzato.
Vivranno ancora questi spettacoli oltre questo tempo in scena per singole rappresentazioni, o accoppiati in drammaturgie che s’intersecano o si contraddicono, con la loro passione generosa e molte volte sapiente. Ne abbiamo preferite alcune, amate altre, patita qualcuna. Come è giusto che sia in tanta ricchezza di temi svolti con libertà d’invenzione. Divise in due “filoni” portanti, le prime a ricordare i giorni del G8, la tensione e la violenza scandita e inattesa; per piccole e grandi storie, incontri, umori, allusioni e scoperte di giovani vite, le seconde a dirci quanto forse i segni, le volenze, gli errori di quei giorni hanno lasciato nella storia collettiva che non li ha dimenticati ma ha cercato anche di guardare lontano.
Così il teatro risponde ai suoi giorni e si fa testimone. Ed è merito di questo progetto portato a compimento da Porcheddu l’aver messo in palcoscenico parti importanti della nostra storia su cui ancora, ed ancora, dovremo confrontarci in un unico grande spettacolo che sarà riproposto nelle sue nove parti distinte. Tradotte e affidate a registe e registi italiani, Giorgina Pi per il bellissimo “Sherpa” di Roland Schimmelpfennig, e poi Mercedes Martini per “Our Heart Learns” di Guillermo Verdecchia, Serena Sinigaglia per “Transcendance” di Sabrina Mahfouz, Thea Dellavalle per “Change le monde, trouve la guerre” di Fabrice Murgia, Teodoro Bonci del Bene per “Dati sensibili: New Constructive Ethics” di Ivan Vyrypaev, Kiara Pipino per “Basta! di Wendy MacLeod”, Thaiz Bozano per “Il vigneto” di Toshiro Suzue, Fausto Paravidino e Nathalie Fillion per “Genova 2021” e “In situ – Rêverie del XXI secolo”, scritti e messi in scena da loro stessi, mescolando quando possibile la vita e la politica di giorni difficili con quella di mesi ed anni colmi di ansie. Ma vissute non senza ironia, non senza furore, senza mai rinunciare ai sogni di giovani intenti a “cambiare le cose”.
Da tutta questa gran cavalcata di teatro che al pubblico poi verrà offerta in più pacato percorso, rimane la memoria di una alta qualità progettuale, di soluzioni scenografiche d’originale eccellenza, di attrici ed attori entusiasti e contagiosi, cresciuti alla scuola dello Stabile di Genova e di altri Teatri o comunità didattiche d’eccellenza. Difficile dire di ognuno di loro, ma certo vanno ricordati l’invenzione energica di Viola Graziosi, il gioco stupito di Matteo Sintucci e di Martina Sammarco, la forza nervosa di Gabriele Portoghese, l’ironia fluviale di Teodoro Bonci del Bene. Vedremo poi quanto il loro lavoro sarà apprezzato e valorizzato nel non sempre facile panorama teatrale italiano. Agli spettatori il compito di scegliere, prediligere, conservare nella memoria le verità lontane e le invenzioni necessarie a “fare teatro”. Dilatando lo sguardo, lasciandosi conquistare, esercitando il controllo delle emozioni, la critica dei comportamenti, il piacere della partecipazione, lo stupore per la bravura, e concedendo a tutti, alla fine, necessari, gli applausi
Visto al Teatro Gustavo Modena e Teatro Ivo Chiesa di Genova il 9 ottobre 2021