Recensioni — 29/10/2021 at 10:45

La lezione di Brecht per raccontare la storia

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Fin dall’inizio campeggia sul fondale una citazione tratta dall’Opera da tre soldi:

Che cos’è un grimaldello

di fronte a un titolo azionario?

Che cos’è rapinare una banca

di fronte al fondarne una?

E di lì a poco ci accorgiamo che, con quel richiamo letterario, la giovane compagnia servomutoTeatro ci ha voluto segnalare il credito che Tycoons deve alla poetica e al linguaggio teatrale di Brecht, e ciò diviene esplicito a mano a mano che l’azione si dipana, con siparietti cantati sui temi musicali di Kurt Weil (oltre ai coevi, forse non altrettanto famosi Miša Spoljanskij e Friedrich Hollaender).

Brechtiano è anche l’intento scopertamente didascalico dello spettacolo che, in un’ora e mezza, ci spiega la trasformazione della società americana che, arricchita sfruttando il lavoro delle classi subalterne, scopre la possibilità di far denaro col denaro stesso.

Per illustrare il nascere e lo svilupparsi di questi meccanismi, il regista e drammaturgo Michele Segreto non ci propone un apologo, ma racconta con sostanziale fedeltà una stagione della storia degli Stati Uniti che ha come protagonisti personaggi famosi (i cui nomi completi tuttavia non vengono mai pronunciati in scena), come Rockefeller, Carnegie, il presidente William McKinley, oltre ad altre figure meno note, ma anch’esse ormai iscritte nella storia.

J.P. Morgan (Massimiliano Mastroeni), J.D. Rockefeller (David Meden), Andrew Carnegie (Roberto Marinelli). Crediti foto Julian Sordi

Per il tema trattato, Tycoons potrebbe definirsi il parente povero della sontuosa Lehman Trilogy. Ma è una povertà del tutto dignitosa, e di grande efficacia teatrale. La scenografia, ricomposta a vista fra una scena e l’altra, consta di tre sedie e un tavolo che, nel corso dell’azione scenica, assumerà funzioni diverse: rovesciato, si tramuterà in una tribuna elettorale.

Sei attori interpretano una quindicina di personaggi: umili operai, politici ambiziosi, disinvolti magnati dell’industria; questi ultimi, restituiti iconicamente con tratti satirici che ricordano le beffarde tavole di George Grosz.

Tycoons è un termine giapponese di origine cinese col quale, specie negli Stati Uniti, si indica un personaggio influente e autorevole in campo economico o industriale. Il momento storico in cui si svolge la vicenda inizia al volgere del XIX secolo, quando una serie di crisi economiche colpisce duramente le categorie più deboli della società. Nel contempo, è il periodo in cui si fanno più stretti, e più spregiudicati, i legami fra economia e politica.

Lo spettacolo si articola in una serie di quadri che costituiscono i vari tasselli della storia, i cui titoli sono proiettati sul fondale, in stile brechtiano.

Nella prima scena assistiamo al licenziamento di un operaio a causa della vendita e conseguente ristrutturazione dell’azienda dove lavorava da diversi anni. In parallelo alle vicende personali di costui (nella realtà Leon Czolgosz, figlio di emigrati di origini polacche), apprendiamo i retroscena della campagna per l’elezione di William McKinley, finanziata dai tre magnati (nella realtà: J.P. Morgan, J.D. Rockefeller e, con minor convinzione, Andrew Carnegie), con l’attiva collaborazione operativa di un influente senatore, particolarmente abile in questo ambito (Mark Hanna). In cambio, una volta eletto presidente McKinley dovrà promulgare leggi protezioniste, che favoriscano i loro affari.il presidente McKinley e la moglie (Marco Rizzo e Marta Zito.

il presidente McKinley e la moglie (Marco Rizzo e Marta Zito. Crediti foto Julian Sordi

Così avviene; e intanto Leon si è avvicinato ai movimenti di solidarietà operaia e ai circoli anarchici, anche a seguito del suo incontro con Emma, attivista rivoluzionaria (al secolo, Emma Goldman, saggista e filosofa russa naturalizzata americana).

Intanto altri protagonisti del mondo industriale (i fratelli Heinze, i “Re del rame”) cominciano a riflettere su come trarre profitto dalle dinamiche della finanza, per esempio con la cosiddetta vendita allo scoperto, per ottenere, con un po’ di fortuna, cospicui guadagni, spesso a spese di piccoli risparmiatori che ne escono rovinati.

Nel 1901 il presidente McKinley viene assassinato da Leon. Qualche anno dopo, nel 1907, si verifica l’ennesima crisi, nota come “Il grande panico”, cui seguirà la nascita della più grande e potente banca degli Stati Uniti: la Federal Reserve.

Questa, molto in sintesi, la vicenda raccontata da Tycoons.

J.P. Morgan (Massimiliano Mastroeni), J.D. Rockefeller (David Meden), Andrew Carnegie (Roberto Marinelli). Crediti foto Julian Sordi

La drammaturgia e la regia di Michele Segreto appare il risultato di uno studio accurato della storia di quegli anni, semplificata ma non tradita, deformata dall’impietosa lente dell’ironia; arricchita da spiritosi intermezzi musicali (cantano tutti molto bene, e senza amplificazione: una situazione ormai rara) e da invenzioni a volte esilaranti.

Fra queste, da citare l’andatura dinoccolata e dondolante, quasi da balletto di J.D. Rockefeller cui, dall’alto dei suoi quasi due metri (più un vistoso cappello a cilindro), dà corpo David Meden; la goffa mimica, irresistibilmente comica, con cui il duttile Marco Rizzo interpreta il presidente McKinley, oltre a un altro paio di personaggi; il J.P. Morgan di Massimiliano Mastroeni, che sembra un gangster uscito dai fumetti di Dick Tracy disegnati da Chester Gould.

Non meno bravi, nella pluralità dei loro ruoli, Roberto Marinelli (Carnegie) e Michele Mariniello, irriconoscibile nel doppio ruolo di Leon e del senatore Hanna. Buona ultima, Marta Zito, ora moglie del presidente (in una mise che riproduce con fedeltà la moda del tempo), ora appassionata Emma Goldman.

 Massimiliano Mastroeni, Michele Mariniello Marta Zito Crediti foto Julian Sordi

In tal modo l’intento apertamente didascalico dello spettacolo – un modo intelligente e originale per raccontare e spiegare un pezzo importante di storia, non soltanto ai ragazzini – si sposa felicemente con una godibile, trascinante qualità teatrale, scongiurando il pericolo della noia, sempre in agguato in questo tipo di operazioni.

Visto al Teatro Fontana di Milano il 22 ottobre 2021

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