RUMOR(S)CENA – FIRENZE – Dice Ferzan Ozpetek che l’idea di ricavare un testo teatrale da Mine vaganti sembrava già plausibile quando stava immaginando il film. Fu lo stesso Domenico Procacci, il produttore cinematografico, a suggerirlo. E oggi, a distanza di dodici anni le Mine vagano dal grande schermo al Teatro alla Pergola di Firenze. L’occasione è ghiotta, trattandosi anche di un doppio battesimo, la storia portata sul palcoscenico e Ozpetek che debutta come regista teatrale. Si muove sul suo – una trama che ha già riscosso successo come film – e su un tema che frequenta in molte varianti: il disagio di essere omosessuali in una società ancorata a vecchie identità di ruolo.
Nel caso specifico è la storia di un ragazzo che dovrebbe confessare in famiglia, e all’arcaico padre – padrone di una fabbrica in un piccolo paese – di essere gay. Viene però preceduto nel coming out dal fratello, e il putiferio che ne segue è generatore di equivoci come nei dispositivi di ogni commedia che si rispetti. Quello che potrebbe essere un dramma, è però subito stemperato in melò sentimentale da Ozpetek, che non possiede una natura tragica. Ed è anche vero che i tempi sono cambiati, lo avverte l’autore che sposta ambientazione e dal Salento trasferisce l’azione in uno sperduto paesino campano. Ma suonerebbe strano un dramma vero anche agli spettatori a teatro, abituati a vedere in prima serata in televisione “sdoganamenti” ben più eccentrici di un figlio gay. Il problema, semmai, è lo slittamento nella pochade per mantenere sferzante il ritmo.
Nei panni del padre, Francesco Pannofino indulge in qualche caricatura di troppo, mentre Iaia Forte si attiene credibilmente nel ruolo di madre, ago della bilancia nei dissapori familiari. Eccessivamente controllata Simona Marchini che fa la nonna dal passato vivace, comprensiva dei “disguidi” sentimentali dei due fratelli. La mina vagante maior che osserva con affetto quelle minor. Ma è tutto così compassato e saggio da rendere quasi incomprensibile il suicidio paradossale che attua, abbuffandosi di torte pur essendo diabetica.
Erasmo Genzini, nel ruolo protagonista, ricalca lo Scamarcio del film a teatro (gli assomiglia molto anche fisicamente), affiancato da un fratello sottotraccia, Carmine Recano. Il resto della falange – tra la zia sospirosa per sognate e roventi relazioni, la cameriera trasformata in soubrette da avanspettacolo con le drag queen amiche del protagonista – si agita tra siparietti comici e le tende stropicciate che compongono la scenografia di Luigi Ferrigno.
Molto successo, risate e applausi nella pomeridiana finale alla Pergola. A riprova del fatto che seppure Ozpetek non riesca a ispessire le figure femminili, che restano un orlo alla storia – niente a che vedere con le carnali protagoniste dei film di Almodovar -, né a dare intensità a quelle omo-maschili – come gli affilati personaggi di Koltès -, sa trovare un varco a storie per tutti. Di fatto, portando a teatro la commedia gay borghese, erede alla lontana della più sferzante Cage aux Folles.
Visto al Teatro della Pergola il 4 aprile 2022