RUMOR(S)CENA – LUCCA – Abbiamo incontrato la curatrice del Festival di arte contemporanea e scienza Giungla, Irene Panzani nell’ Orto Botanico di Lucca, dove è presente anche l’artista Irem Tok. La seconda edizione di Giungla, il Festival polimorfo che ha come caratteristica il ripercuotersi del simbolo, di quell’elemento tanto essenziale che, proprio in tal virtù, ci costringe a sognare significati diversi. Quest’anno (solo questo?) in cui si contrasta l’angoscia del qui e ora fantasticando di futuro sostenibile e potenzialità tecnologiche, l’occhio si è spostato alla luna. «In difficoltà – dice Irene – abbiamo sempre rivolto lo sguardo al cielo». E dal 23 al 26 giugno sarà ben difficile abbassarlo, possiamo aggiungere.
L’Associazione S.o.f.a. APS (Shared Office for the Arts), che ha in cura il progetto, si è confrontata per un mese con la collettività attraverso un ciclo di incontri negli spazi della Biblioteca Civica Agorà, raccogliendo suggestioni e condividendo il progetto. Come in passato, l’interesse principale della rassegna è cogliere l’incontro tra essere umano, scienza e natura. È per questo che, anche questa volta, agli artisti si affiancano astrofisici, etnobotanici e biologi, alla ricerca del perduto equilibrio tra le ali.
“Tutti questi corpi sono mondi et senza numero”, asseriva l’eretico Giordano Bruno, sostenendo un universo sfaccettato come un dodecaedro di specchi. L’esposizione collettiva del festival, che sarà ospitata nella serra del Giardino Botanico, ha adottato le sue parole come titolo. Il programma prevede la video maker Ariane Michel, già al MOMA di New York e attualmente alla Biennale di Venezia, che a Lucca porta La forêt des gestes. Dapprima, lo schermo buio, è solo un turbine sonoro. Amplificato dalla cecità, l’udito si arma di pennello e inizia a creare. Ci presenta il brulichio collettivo degli uccelli, degli insetti guardinghi. Scrive Michel, “prima, l’udito […] vedi, allora”. E quando l’occhio torna padrone, ecco apparire mani, barattoli, gestualità ripetute. Non c’è la foresta che vorremmo. O forse basta chiudere gli occhi?
Bertrand Dezoteux, videoartista noto al Centre Pompidou di Parigi Affascinato dal portato antropologico del mondo digitale, delinea un mondo nostalgico, di estetica anni Novanta. Endymion, film autoprodotto del 2020, racconta il viaggio cosmico di una famiglia, sul modello dei Canti di Hyperion di Dan Simmons – dal nome di un protagonista, quello del video. Le dinamiche e i dialoghi, parzialmente frutto di uno scavo tra le memorie personali dell’artista, contribuiscono a creare un deposito dell’inconscio – non a caso, uno di essi si chiama Salvadam Dalire, su richiamo del grande surrealista. E la Luna, si sa, si intreccia con piacere al concetto di inconscio.
Irem Tok, artista turca – lei e Giungla saranno alla Biennale di Cannakkale in ottobre – si interessa all’ostinazione con cui l’essere umano, minuscolo conquistatore, dà la caccia ai giganti del creato. Perché certo, siamo piccoli, è incontrovertibile. I suoi diorami, composti con ogni sorta di materiale e scavati in vecchi libri in disuso, non fanno che alludere al tema. Hydromancy è un viaggio nell’ecosistema acquatico, che Irem ha prelevato da numerose fonti, osservandole al microscopio e riproponendone l’aspetto alieno. Scrutare nelle sue opere è come scrutare un paesaggio da molto in alto. La percezione si distorce, la lente d’ingrandimento ci si ritorce contro: così piccoli, siamo proprio noi? Quanto ai libri, Irem ne è affascinata perché fragile deposito della nostra ancor più fragile struttura culturale. E nel corso della sua permanenza a Lucca, realizzerà un’opera appositamente per il Festival.
A chiudere il ciclo artistico è la performance Manifesto Brutal – La notte è anche un sole, di anarcorporëos (Giorgia Frisardi, Mattia Pellegrini, Jesal Kapadia, Marco Fellini, Corrado Chiatti, Eleonora Biagetti ed Edoardo Pellegrini). «Non sarà un Sabbath», è la promessa fatta al personale dell’Orto Botanico. Certo, tra la notte di San Giovanni, il fuoco che prorompe dal sito del gruppo e il pannello in cemento armato attorno al quale si diramerà l’evento, è facile pensare ai rituali orgiastici, a un qualche evento catartico da custodire al buio della serra urbana. Si giocherà al caso, come spesso accade in progetti del genere. Si giocherà, è la cosa più importante.
Se l’arte mostra, la scienza deve parlare. Fatoumata Kébé, l’astrofisica francese con Ritorno sulla Luna parla del delicato argomento dell’inquinamento spaziale; Arianna Chines, Riccardo Gherardi e Angela Giannotti portano Giungla notturna: chi vive al chiaro di Luna? per guidare il pubblico tra i suoni della notte – si consiglia di munirsi di lampada frontale; Renata Söukand e Andrea Pieroni, etnobiologi, discuteranno in Ci sono piante sulla Luna?, un incontro sulla relazione che si stabilisce tra l’umanità e l’universo botanico. Infine, con Officina Giungla: erboristi in erba, i bambini da 8 a 12 anni potranno conoscere le erbe officinali e portarsi a casa un preparato autoprodotto.
Chiude la rassegna Giungla sulla Luna: voce agli artisti, una conversazione pubblica con gli artisti partecipanti al Festival, con la mediazione di Irene Panzani. Tra noi e il visionario Georges Méliès ci saranno, invece, Alessio Vanni e Lorenzo Valdeselici, che musicheranno dal vivo il Viaggio nella Luna del 1902. La luna in terra, laboratorio dei nontantoprecisi, svolgerà le sue fantasie nella bianca piazza San Francesco. Nata in seno all’ex Santa Maria della Pietà, il più grande Ospedale Psichiatrico d’Europa, la Compagnia lavora principalmente sul corpo, servendosi dell’attore per ridefinire lo spazio e le sue storie. La realtà si intarsia di visioni, è il soggettivo a farne ciò che vuole. Basta così poco a dimenticare il significato di una panca. Possedere è essenzialmente sapere. E ciò che non possediamo è perlopiù oggetto condiviso.
Ormai preda del colonialismo, già minacciata dalla progettazione di bambini miliardari, la Luna ha forse ancora la capacità di rivoltarci contro la nostra stessa spada. Da millenni scruta il nostro peregrinare ed è l’ultimo limite visibile al nostro espansionismo. Che ne sarà dei sogni se materializzeranno anche la Luna? Useremo l’arte. Già lo facciamo.
Giungla
Festival di arte contemporanea e scienze
da giovedì 23 a domenica 26 giugno 2022
Orto Botanico (e altre location)
via del Giardino Botanico, 14 – Lucca
Il Programma:
da giovedì 23 a domenica 26 giugno, dalle ore 10.30 alle 19.30
Serra dell’Orto Botanico
Tutti questi corpi sono mondi et senza numero
esposizione collettiva con Bertrand Dezoteux, Ariane Michel, Irem Tok
venerdì 24 giugno, dalle ore 16.00 alle 18.00; sabato 25 giugno, dalle ore 10.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00; domenica 26 giugno, dalle ore 15.00 alle 18.00 e dalle 21-00 alle 22.00
Piazza San Francesco
La Luna in terra
laboratorio performance in situ con i Nontantoprecisi
giovedì 23 giugno, ore 21.00
Serra dell’Orto Botanico
Manifesto Brutal – La notte è anche un sole
di e con Giorgia Frisardi, Mattia Pellegrini, Jesal Kapadia, Eleonora Biagetti, Edoardo
venerdì 24 giugno, dalle ore 10.30 alle 11.30
Ingresso dell’Orto Botanico
Officina Giungla: erboristi in erba
laboratorio per bambini da 8 a 12 anni
venerdì 24 giugno, ore 18.00
Casermetta San Regolo
Ritorno sulla Luna
incontro con l’astrofisica Fatoumata Kébé
venerdì 24 giugno, ore 19.30
Casermetta San Regolo
Viaggio nella Luna
Sonorizzazione del film di Georges Méliès con Alessio Vanni e Lorenzo Valdeselici
venerdì 24 giugno, ore 21.00
Casermetta San Regolo
Giungla notturna: chi vive al chiaro di Luna?
incontro con la biologa ambientale Arianna Chines, il veterinario Riccardo Gherardi e l’educatrice ambientale Angela Giannotti
sabato 25 giugno, ore 18.00
Casermetta San Regolo
Ci sono piante sulla Luna?
incontro con gli etnobotanici Renata Söukand e Andrea Pieroni
domenica 26 giugno, ore 18.00
Serra dell’Orto Botanico
Giungla sulla Luna: voce agli artisti
con Irem Tok, Ariane Michel, Manifesto Brutal, Nontantoprecisi
modera Irene Panzani, curatrice di Giungla