RUMOR(S)CENA – ROCCA GRIMALDA – (Alessandria) – Tre sedie e il sagrato di una chiesa parrocchiale. È tutto quanto serve a Fausto Paravidino per dirci di William Shakespeare (il Bardo non ha bisogno di essere raccontato o peggio spiegato, ne è profondamente refrattario) e per accompagnarsi, accompagnandoci, con lui. Al fondo però quello che Paravidino interpreta, anzi recita è il teatro, e dunque gioca il (non al si badi) teatro, ricapitando quasi per caso, tra un evento e l’altro, nel bel borgo di Rocca Grimalda in cui ha avuto la ventura di nascere e crescere e nel cui contesto hanno trovato maturazione alcune delle sue migliori prove drammaturgiche e anche cinematografiche (ricordiamo ad esempio e tra gli altri Texas film del 2005).
Shakespeare (ma non tutto, però), questo accade su quel sagrato, e dunque le parole delle sue commedie e delle sue tragedie sono state solo l’occasione in cui è decantato, fermentando, una nuova, ma fatta di eterne corrispondenze, consapevolezza che il teatro ha di sé. Dal giovanile I due gentiluomini di Verona, al tardo Racconto di Inverno, passando per Amleto, Otello e Lear, cercando di dare apparizione, in parola e voce di attore, alla confusione e al caos, a ciò che è dentro in quanto fuori di noi e a ciò che è fuori in quanto dentro di noi, trascinando man mano la forza dell’eros umano alla visione metafisica di un nuovo universo sconosciuto che si apriva allora al nostro sguardo.
Una consapevolezza storicamente determinata se vogliamo (il teatro elisabettiano come segno della crisi dell’unità uomo/natura/storia che è stato il pensiero del Rinascimento), di un tempo che cominciava a sospettare e soffrire la rottura improvvisa di quell’uno. Semplice e diretto nelle sue storie per intercettare le sensibilità del pubblico (il teatro è anche un po’ mercato), tra lotte di animali ed esecuzioni pubbliche, ma per dirci anche qualcosa che resisterà oltre, comunque e al di là.
Così attraverso e anche grazie al lirico e prosaico raccontare matura, nel luogo irriducibile del teatro, una finalità che diventa strumento nelle mani del drammaturgo per dirci anche cose che in quel racconto sembrano non esserci, per apparire d’improvviso. Il teatro dunque come il caos che noi siamo, ma anche come la speranza che custodiamo, quella in forza della quale alla fine potremmo anche perdonarci. Dunque è Fausto Paravidino che ‘usa’ William Shakespeare o è William Shakespeare che ‘usa’ Fausto Paravidino, cioè l’attore che lo intercetta nel suo essere perennemente sospeso sul palcoscenico del mondo? Una domanda senza risposta come, anche nello sguardo più attento del drammaturgo o dell’attore, senza risposta è il teatro.
Non una vera e propria lettura, non una drammaturgia tradizionalmente strutturata ma quasi una sorta di rete gettata nel mare della mente di quel genio inglese, creatore di parole più che di racconti, per pescarne improvvisati nutrimenti, improvvisati però di quella improvvisazione scenica che trova sempre, non si sa come o perchè, la sua coerenza. Maga o fattucchiera di tutto ciò è l’immaginazione che costruisce scenografie sontuose con tre sedie, battaglie memorabili e boschi profondi con un telone o una torcia spostata; basta crederci e allora su quelle tavole tutto diventa più vero (sincero) del reale.
Uno spettacolo, termine che anche qui tutto comprende (cioè contiene e insieme giustifica), interessante, all’apparenza senza regia ma comunque ben diretto. Sul sagrato, pardon sulla scena, insieme a Paravidino giocano le brave Iris Fusetti e Barbara Moselli, con lo straordinario contributo della piccola Zoe Paravidino, che sembrano, tutte, suggerire in continue e dinamiche controscene il sentiero che la parola, anzi che le parole segnano come i ciotoli in una fiaba. Attorno oltre trecentocinquanta persone a farci di nuovo credere che al teatro basta questo per continuare ad affascinare.
A Rocca Grimalda, nell’ovadese, la sera del 2 agosto, nell’ambito di Attraverso Festival 2022, che arricchisce le notti di quelle contrade, e grazie all’impegno del Sindaco e noto pittore Enzo Cacciola, e della Vice Sindaca e assessora alla cultura Luisa Giora. L’occasione per confermare come in questi bei borghi della provincia italiana spesso la cultura, e con essa il teatro, sia meglio coltivata e preservata che nelle grandi città.
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