Del capolavoro di Buchner sono state proposte molte rappresentazioni e numerosi grandi artisti, teatrali e non, si sono misurati con gli abissi in che questo testo, seppur incompiuto, o forse proprio per questo, ha saputo indagare. Questa versione presenta un teatro di ombre, luci, carne e sangue. Una “operina musicale per uomini ombra di poche parole”, come cita la presentazione dello spettacolo.
Sfogliando la cartella stampa del CRT di Milano colpisce una frase di Sisto della Palma che calza perfettamente “un teatro che rifiuta la seduttività di una visione estetizzante per una radicale ricerca di senso”.
Quello di Claudio Morganti è infatti un Teatro controcorrente, nudo nella sua artigianalità, sostenuto da attori molto preparati e da scelte registiche spiazzanti nella loro apparente semplicità. La storia è semplice: Marie tradisce Woyzeck, Woyzeck lo scopre e uccide Marie. “Ma tu che guardi, cosa vedi?” – chiede Morganti. Certo il testo di Buchner è poco appetibile per chi fosse interessato esclusivamente alla trama o ad un’analisi razionale dello spettacolo. Per tutti coloro che volessero invece addentrarsi a lume di candela in un antro buio, interrogarsi, scoprire insieme al regista e agli attori nuove prospettive, questo lavoro sarà una preziosa esperienza. Lo spettacolo è un continuo gioco di livelli e contrasti, a cominciare da quello che porta degli attori ad impersonare le bidimensionali figurine di un teatro d’ombra.
Gli spazi della finzione si intrecciano. Un semplice telo bianco, il “Telo della Morte” come lo definisce il regista, divide il mondo delle ombre dal proscenio, in cui Morganti rompe e ricuce le scene del Woyzeck con intermezzi che ironizzano sui significati profondi del Teatro. Con l’acutezza e senso dello humour che lo contraddistinguono, Morganti fa ridere, riflettere ed emozionare con immagini potenti. Tuttavia, nonostante la volontà di rispettare le “regole giornalistiche”, sento la necessità di non limitarmi a parlare del Woyzeck di Morganti solo nella forma consueta in terza persona. Raramente ho visto in scena uno spettacolo che ha richiesto, in modo sottile ma inappellabile, una presa di posizione personale, suscitando domande inaspettate persino per gli addetti ai lavori. Il palco-oscenico di Morganti e attori non mostra solamente, interroga lo spettatore gettandolo in pasto ad una finzione spinta all’estremo ma senza effetti speciali se non quelli creati attraverso strumenti prettamente teatrali indagati da prospettive insolite.
L’inizio è graduale, poi l’immaginazione viene catturata e imbrigliata tra figurine evanescenti e quando il fool rompe la “quarta parete” mi trovo sui carboni ardenti pur rimanendo seduta in poltrona, sperando di intravedere l’attrezzeria che ha saputo ricreare quel mondo. Dietro la parete bianca si nasconde infatti un doppio spettacolo, cesellato al millimetro. Un ennesimo regalo che Morganti mi fa è continuare a chiedermi se davvero vorrei poter dare una sbirciata, assistere ad una replica da “dietro le quinte”. Ovviamente lo vorrei, per assecondare il gusto, un po’ feticistico, di sviscerare tutti i lati pratici del teatro, ma poi ripenso a quanta magia, pur nella crudezza, ha saputo creare quel fondersi di luce e corpi. A distanza di giorni lo spettacolo di è sedimentato ma le domande continuano e la magia è ancora viva!
Un teatro fatto di infinite scatole cinesi in cui vorrei potermi perdere molto più spesso.
Produzione: Produzione CRT Centro di Ricerca per il Teatro | in coproduzione con Armunia/Festival Inequilibrio
autore: Rita Frongia (testo tratto da Wozzeck di Alban Berg e da Woyzeck di Georg Buchner)
regia: Claudio Morganti
attori: Gianluca Balducci, Rita Frongia, Claudio Morganti, Francesco Pennacchia, Antonio Perrone, Gianluca Stetur, Grazia Minutella
musiche: Claudio Morganti
tecnico: Fausto Bonvini
fonico: Roberto Passuti
cura del progetto: Adriana Vignali
– in collaborazione con: L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino
Visto al CRT di Milano il 20 gennaio
in scena fino al 29 gennaio