RUMOR(S)CENA – MILANO – Chiude il Teatro i. Dopo diciotto anni di spettacolo, ricerca, riflessione sul contemporaneo, con un’attenzione sempre tesa al futuro, la realtà milanese diretta da Renzo Martinelli, Federica Fracassi, Francesca Garolla conclude la sua attività. Sono stati anni di ascolto, di ricerca, di riflessione e creazione: un percorso fatto di pensiero, di produzione di spettacoli, di ospitalità, di incontri artistici e di connessioni umane. Un percorso autentico, ricco di soddisfazioni, di sfide e delle battaglie che attraversano il contesto teatrale italiano. Ma anche le esperienze più preziose possono volgere al termine e Teatro i si accinge a chiudere a fine dicembre.
L’ultima parte della sua programmazione inizierà il 20 ottobre e si concluderà a fine anno. Segue la lettera della direzione artistica.
Si ha, a volte, la sensazione di poter attraversare o abitare lo stesso luogo per un tempo indefinito o per sempre. Questa sensazione ci ha accompagnato per molti anni, da prima che la porta di Teatro i si aprisse. Ci ha accompagnato da prima che ci fosse una gradinata, da prima che il pavimento fosse finito, da prima della prima stagione. Fin da lì. Per anni ci siamo detti, e abbiamo detto, che il nostro lavoro era spingere il pensiero fino a quel tempo ancora da leggere che è il futuro. Immaginarci le cose che avremmo fatto, le cose che avremmo dovuto fare, le cose che sarebbero successe e le persone che avremmo incontrato. Farlo è stata una scelta, una fatica, e una grande soddisfazione.
Poter dire di aver visto entrare nel nostro teatro – senza foyer, senza camerini, alto appena quattro metri – spesso per la prima volta a Milano, Edoardo Sanguineti, Rodrigo Garcia, Stefano Massini, Forced Entertainment, Ricci/Forte, il Royal Court Theatre con Martin Crimp e Mark Ravenhill, Ontroerend Goed, come se fossimo stati molto più grandi di quello che eravamo, come se avessimo avuto una specie di ultravista che ci permetteva di intercettare scintille, è qualcosa che oggi ci fa un po’ impressione. Sarà per questo che, infatti, non lo diciamo spesso. Poter dire che nel tempo abbiamo cercato di non abbandonare il fermento teatrale in cui si era iniziato a lavorare negli anni Novanta – tra gli altri, gli amici Motus, Masque Teatro, Fortebraccio Teatro, Fanny&Alexander, Accademia degli Artefatti – tenendo viva la storia e la memoria che abbiamo attraversato, ci fa pensare di essere stati leali col nostro passato.
Il tentativo di rinnovarci, di stare in ascolto, di tenere gli occhi bene aperti a quello che se ne stava lì, appena sotto la superfice delle cose visibili, non ancora emerso e che volevamo contribuire a mettere in luce con i nostri progetti legati alla drammaturgia ed ai giovani artisti e artiste, ci fa pensare di essere stati uno spazio di pensiero, aperto, permeabile. E non ci sembra male. Poter dire di avere lavorato per diciotto anni ci fa credere di essere stati bravi, un poco coraggiosi, sicuramente molto testardi, nonostante le difficoltà e le stanchezze, nonostante un palco che si faceva sempre più stretto e nonostante il tempo che fa cambiare le città, le persone, le azioni, e anche noi. Ma è solo con gli occhi del dopo che alcune cose si vedono, nel mentre, nell’oggi, le cose si fanno. In fondo, dirsi di essere stati bravi ha il sapore delle cose che finiscono.
E così, appena maggiorenne, a dicembre 2022, Teatro i chiude. Abbiamo cercato di non farlo, di non deciderlo, di rimandarlo, ma ci sembra la scelta più responsabile da prendere. Non vogliamo fare male quello che sino ad oggi abbiamo cercato di fare bene. Un progetto culturale di ideazione, di produzione e di ospitalità è fatto di tanti ingredienti, le persone che lo conducono, che lo fanno accadere, e poi le persone che lo sostengono, che lo attraversano, ma è anche condizionato dal contesto in cui si attua. Il contesto in cui abbiamo operato, in cui operiamo, è negli anni cambiato radicalmente e divenuto a poco a poco più ostile al nostro lavoro. Le sale teatrali sono aumentate e con esse gli spazi di ospitalità, in un sistema troppo competitivo per le nostre risorse umane ed economiche, i parametri, i dati quantitativi necessari per accedere ai finanziamenti pubblici e privati, sono diventati sempre più difficili da rispettare, gli spazi che abbiamo in gestione e che possiamo utilizzare sono adatti a una compagnia di produzione ma, con il passare degli anni, lo sono diventati sempre meno a una programmazione serrata, diversificata e aperta al pubblico. Qualche anno fa, nel 2016, avevamo lanciato una campagna di solidarietà il cui motto era “Non vogliamo resistere, vogliamo esistere”. Abbiamo resistito per sei anni ancora, ma in questi sei anni abbiamo potuto esistere solo estemporaneamente.
Ed è per questo, con molto orgoglio e molta felicità per le cose fatte e molto, moltissimo dispiacere per quelle che non riusciremo a fare, che chiudiamo questo lungo e, per noi, incredibile percorso. Ma non prima di ringraziare Lela Talia, la nostra direttrice organizzativa, che è con noi da più di dodici anni ed è ed è stata uno dei tasselli più solidi del nostro viaggio. E subito dopo i nostri collaboratori, passati e presenti. Ora grazie a tutti, ma proprio a tutti, quelli che ci hanno donato tempo, confronto, cura e possibilità.
Qui, ne trovate alcuni.
Silvia Accardi, Michele Accardo, Andrea Adriatico, Giovanni Agosti, Gianluca Agostini, Alessandra Albelice, Francesco Alberici, Gigio Alberti, Jacopo Albertoni, Emanuele Aldrovrandi, Associazione delle Ali, Patricia Allio, Alma Rosé, Davide Aloi, Alan Alpenfelt, Michele Altamura, Maria Fabrizia Amati, Oren Ambarchi, Andrea Amici, Anagoor, Joele Anastasi, Giulia Angeloni, Valeria Angelozzi, Matteo Angius, Animanera, Thomas Ankersmit, Sonia Antinori, Mario Antomelli, Après-Coup, Ippolita Aprile, Alberica Archinto, Elena Arcuri, Fabrizio Arcuri, Area Pergolesi, Maria Arena, Gabriella Armini, Andy Arnold, Salvatore Aronica, Accademia degli Artefatti, Elena Arvigo, Alberto Astorri, AstorriTintinelli, Antonio Audino, audiosistemi di Stefano Cattaneo, Sandro Avanzo, Roberto Bacci, Martina Badiluzzi, Chiara Bagalà, Guido Baldoni, Nanni Balestrini, Serena Balivo, Balletto Civile, Mirto Balliani, Bancone di Prova, Anna Bandettini, Alessandro Bandini, Andrea Baracco, Camilla Barbarito, Monica Barbato, Magdalena Barile, Elena Barilli, Chiara Barlassina, Lea Barletti, BarlettiWaas, Stefano Bartezzaghi, Giorgia Bartolotta, William Basinski, Paola Bassani, Giovanni Battaglia, Franco Battiato, Lorenzo Bazzocchi, Valeria Belardelli, Elisa Bellagente, Alessandra Bellani, Le Belle Bandiere, Federico Bellini, Antonio Carlo Maria Belloni, Laura Belloni, Susanna Beltrami, Carla Benedetti, Gabriele Benedetti, Alberto Benedetto, Liliana Benini, Alberto Bentoglio, Sonia Bergamasco, Eugenio Bernardi, Chiara Bersani, Luca Bersezio, Alessio Bertallot, Alessandro Bertante, Sara Bertelà, Mino Bertoldo, Maria Federica Bianchi, Paolo Bignamini, Luca Binda Beschi, Barbara Binnella, Luigi Biondi, Birrificio Bsa, Donato Biscione, Andrea Bisicchia, Carlo Boccadoro, Elisabetta Bocchino, Associazione Culturale Bogotà, Katerina Bohadlová, Giuditta Bonelli, Zina Borgini, Giuseppe Borrelli, Paolo Boscaglia e tutto il Ponky Bar, Chiara Boscaro, Raffaella Boscolo, Alessandro Bosetti, Max Botticelli, Fabio Bozzetta, Franco Branciaroli, Mario Brandolin, Noemi Bresciani, Franco Broccardi, Sonia Brunelli, Alessandro Bruni, Ferdinando Bruni, Gaetano Bruno, Marco Bruzzone Sorasio, Elena Bucci, Fausto Cabra, Marco Cacciola, Maria Caggianelli,
Nota della direzione di rumor(s)cena
Ricevere una lettera di commiato come questa scritta dal Teatro ì e da chi lo ha fatto vivere per 18 anni è una di quelle notizie che non lasciano indifferenti. Quando chiude un teatro è sempre una perdita per la comunità in cui ha espletato la sua funzione culturale . Perdere un luogo di aggregazione sociale deputato allo spettacolo è una ferita che difficilmente si può risanare e come scrisse Leo De Berardinis “Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile. Il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Milano con la chiusura del Teatro i avrà meno possibilità di contrastare la paura che si sta sempre più ampliando nella nostra civiltà che sembra non avere più gli antidoti per contrastarla.