RUMOR(S)CENA – BAGNACAVALLO – (Ravenna) – La “Quarta Sponda”, la ex Colonia dei fasulli destini imperiali, la cacciata degli italiani, Gheddafi e il petrolio, la guerra e i migranti. Sono tante le immagini che il nome Libia suscita alla mente, immagini che in realtà sono solo i riflessi di un luogo forse ancora simbolico ma che ci è diventato man mano e sempre di più sconosciuto. Con il suo nuovo spettacolo Libia, presentato in anteprima, ErosAntEros, e cioè Agata Tomšič e Davide Sacco, tenta una operazione interessante e anche complessa, quella di trasfigurare esteticamente i reportages di Francesca Mannocchi, già trasposti in graphic novel da Gianluca Costantini, per consentirsi e consentirci una conoscenza diversa di quel luogo ormai diventato mistero, che mescoli i rigori della cronaca d’inchiesta con la libertà della narrazione, tentando di intercettare e dare voce alle sfumature dell’umanità che quel mistero popola e alimenta.
In fondo dare immagine, voce e corpo alla Libia vista dai libici, nelle contraddizioni di un paese da un decennio in guerra, ricchissimo di risorse ma povero di prospettive, un paese anche cattivo, per volontà o per forza, che si trova a sfruttare il desiderio di Europa e salvezza dei migranti africani, costringendo loro al rischio di una morte in mare e noi al dilemma tra accoglienza/salvezza e rifiuto, in un tragico e perpetuo traffico di esseri umani ridotti a freddi numeri di uno sbarco ovvero di un naufragio.
Così mentre sullo schermo scorrono animati i disegni di Costantini, quasi uno sguardo che scivola da una nave che accosta a quelle terre, ai lati del palcoscenico Agata Tomšič e Younes El Bouzari danno a quelle immagini parola e, con quella profondità simbolica che la parola porta con sè, creano una prospettiva estetica su cui si riflette la suggestione della cronaca, mentre la musica dal vivo di Bruno Dorella ne alimenta corrispondenze e nuove significazioni.
Ne nasce uno spettacolo in certo senso tridimensionale dal punto di vista narrativo, nel quale le tre dimensioni (visiva, recitativa e musicale) nel loro reciproco interagire cercano di creare quella quarta dimensione estetica che solo nella contingenza del palcoscenico può realizzarsi offrendo alimento alla nostra curiosità e alla nostra necessità di capire, continuamente stimolata e continuamente intercettata. Uno spettacolo certamente complesso di cui non si può non apprezzare lo sforzo di recuperare al teatro una dimensione politica che vada oltre la cronaca (o anche l’odierna e vuota politica politicante) riportando in scena una condizione che sia intima e psicologica ma anche capace di illuminare la storia che le singolarità esistenziali sostengono e vivono inevitabilmente in una situazione collettiva e condivisa.
È lo stesso percorso artistico di ErosAntEros che cerca in questo spettacolo un esito coerente, un passo nuovo in una direzione che può dare, e sta dando, ragione alle e delle loro fatiche nella ricerca di un teatro politico nel senso più integrale del termine. A questo riguardo Tomšič e Sacco hanno inteso, qui, mettere in primo piano gli aspetti narattivi, e quindi storico-cronachistici delle vicende, usandoli quasi come elemento di effrazione, al modo di cui scriveva Tristan Tzara nel Manifesto Dada: <<Distruggo i cassetti del cervello e quelli dell’organizzazione sociale: demoralizzare dovunque e spostare le mani dal cielo all’inferno>>.
Lo spazio drammaturgico serve poi a dare coerenza rappresentativa ed insieme ad implementare l’efficacia significante del testo poiché, come sappiamo, al pari della parola stessa, o forse ancora di più, conta per efficacia la parola detta che, a seconda di come è detta, si trasforma e trasfigura guardando al sentimento che la promuove. Si tratta peraltro, come detto, di una anteprima e, come tale, non può che essere l’inizio di un farsi drammaturgico che nel tempo potrà trovare il suo equilibrio pieno. Il testo è di buon spessore e la drammaturgia che lo porta in scena efficace, ben sostenuta dalla coerente multimedialità di una multisegnica messa in scena.
Visto al teatro Goldoni di Bagnacavallo il 14 ottobre nell’ambito del Festival Strati della Cultura organizzato da ARCI.