RUMOR(S)CENA – EDITORIALE – Per chi sale a bordo di un treno con destinazioni a seconda del motivo che lo conduce lontano da casa non ha la sensazione che il suo viaggio possa subire un impedimento causato da una tragedia che costringerà il blocco della circolazione ferroviaria. Non per avverse condizioni del meteo o un guasto temporaneo (eventualità che può accadere anche di frequente), ma non certo per la scelta estrema di chi decide di togliersi la vita in modo così cruento e violento. Il suicidio tramite investimento del treno che in quell’istante può viaggiare anche a velocità molto sostenuta. Quando accade, passeggeri e personale viaggiante, macchinista e capotreno, vivono un’esperienza angosciante, specie per chi è alla guida del treno che si vede davanti a sé un corpo straziato dall’urto. Esperienza vissuta più volte anche per chi scrive, a bordo della Freccia Alta Velocità di Trenitalia in partenza dalla stazione di Bolzano e diretta a Napoli.
Treno numero 8525 del 14 ottobre del 2022. L’annuncio in stazione segnalava l’investimento di una persona sulla linea ferroviaria del Brennero nelle vicinanze della stazione di Domegliara (in provincia di Verona), e per permettere alla polizia ferroviaria e al magistrato di turno di fare i rilievi, la partenza veniva ritardata senza poter sapere l’entità del ritardo. A bordo i passeggeri si sono rivolti al personale viaggiante per avere informazioni a riguardo. Più il tempo passava e più il disagio aumentava. La professionalità e l’attenzione ricevuta ha potuto offrire la massima assistenza come la pazienza dimostrata per alleviare il disagio della clientela. Anche il personale addetto alla ristorazione di Itinere per le Frecce ( Raffaele Esposito, Lilly Festoso e Susanna Feola) ha offerto ai passeggeri generi di confort cercando di sopperire alla stanchezza di chi doveva affrontare un lungo viaggio con la sensazione di non sapere quando il treno sarebbe potuto partire. A loro va un sentito ringraziamento. Attendere anche ore al via libera del treno è faticoso e crea situazioni di stress emotivo, dove a volte i passeggeri rivelano la totale mancanza di empatia e solidarietà, segno di indifferenza.
È un’emergenza sociale che aumenta ogni giorno di più: un mal di vivere diffuso, specie nei giovani, la cui sofferenza è tale da decidere spesso di togliersi la vita. Le cronache dei giornali riportano casi di suicidi in successione quasi quotidiana, un fenomeno che dovrebbe essere affrontato da parte delle istituzioni affinché si possano trovare strategie adatte a prevenire e comprenderne le cause. In Europa tra il 2010 e il 2019, si sono verificati tra i 2.300 e i 2.800 suicidi registrati, ogni anno, lungo i binari ferroviari. Nel 2015 in Italia la Polizia Ferroviaria ha segnalato 135 suicidi ferroviari e 56 tentativi di suicidio. L’ Agenzia dell’Unione Europea per le ferrovie (ERA) segnalava 165 suicidi e nel 2017 il numero è salito a 176. Anche nel periodo delle festività natalizie a cavallo tra il 2022 e il 2023 si sono verificati casi di suicidio, come quello avvenuto il 4 gennaio scorso sulla linea Bologna Padova, dove un giovane di 29 anni si è tolto la vita sui binari con gravi ripercussioni sul traffico ferroviario. Chi viaggia sui treni viene a trovarsi per ore bloccato a bordo in attesa delle procedure da parte delle autorità competenti per i rilievi.
L’acuirsi del disagio psicologico si manifesta tra i più fragili, ma non solo, vista la tipologia delle persone che decidono di togliersi la vita. Il 5 gennaio, la contabilità delle morti violente sotto il treno, registra un nuovo caso avvenuto alla stazione di Trento, dove una giovane donna di soli 21 anni è deceduta a causa dell’investimento da parte di un treno merci. La frequenza è tale da far sospettare che la risonanza mediatica dettata da queste tragedie, possa in qualche modo portare a forme di emulazione o spingano a commettere tali gesti in soggetti già a comprovato rischio. La situazione si aggrava ancor di più per chi è in stato di detenzione e privo di quella libertà necessaria per affrontare stati di disagio, come accade tra i detenuti che sono reclusi negli istituti di pena sovraffolati. Nel 2022 in carcere si è registrato il tasso più alto di suicidi degli ultimi 10 anni. Dal 2012 si sono uccise 583 persone, 84 quest’anno: quasi la metà erano persone con fragilità personali o sociali. È quanto emerge dai primi risultati dello studio che il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale sta conducendo sui suicidi di detenuti nei penitenziari italiani.
A Trento si è svolta una conferenza di formazione e sensibilizzazione in collaborazione con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari e il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, che aveva come argomento la prevenzione al suicidio come necessità sociale e sfida politica, coordinata da Annamaria Perino, docente di sociologia generale all’Università di Trento. Camilla Bettella, operatrice A.M.A (Associazione di auto mutuo aiuto) e psicoterapeuta, ha spiegato come la sofferenza psicologica nella popolazione sia in aumento a causa delle conseguenze derivanti dalla pandemia. Analizzando le statistiche si evidenzia come la fascia d’età più a rischio è quella dei giovani che manifestano un serio disagio psicologico.
È necessario scardinare un paradigma per poter affrontare il problema della vergogna e del silenzio assordante che impedisce di parlarne per via dello stigma che rappresenta il fenomeno suicidario. Per stigma si intende il pregiudizio che circonda la malattia mentale e i temi collegati alla sofferenza psicologica, che impedisce le persone a chiedere e offrire aiuto. La dottoressa Bettella ha spiegato anche come sia irrealistico pensare che tutti possiamo essere perfetti, quando, invece, è necessario accettare di stare male e chiedere aiuto.
Wilma Di Napoli, dirigente medico psichiatra del CSM di Trento ha chiarito come lo stigma sia molto forte nel disagio mentale e la sofferenza induce a cercare come ultima strategia per evitarla, il suicidio. Il disagio post pandemico è aumentato e si manifesta nella sofferenza che manifestano i giovani, anche con gesti di autolesionismo. La psichiatra spiega anche che i suicidi non sono di pertinenza della psichiatria. Un malessere psicologico che non si può affrontare solo in termini tecnico-scientifici, ma operando in rete con un approccio multidisciplinare come fa l’A.M.A. Una rete di implementazione in cui le persone che stanno male non si rivolgono allo psichiatra ma possono parlare con altri soggetti. Non c’è una risposta univoca ad un problema così complesso – ha concluso la dottoressa Napoli.
Alla conferenza ha partecipato anche Cristian Romaniello, psicologo, ricercatore ed ex deputato alla camera; coordina la Task Force per la prevenzione del suicidio istituito presso la Consulta delle società scientifiche di psicologia all’interno del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, ed è autore della prima proposta di legge e di altri atti di indirizzo sulla prevenzione del suicidio e degli atti di autolesionismo del nostro Paese. Ha pubblicato il libro “Ogni vita conta. Intercettare il rischio suicidario e intervenire con efficacia”. Il 14 giugno 2022 alla Camera dei Deputati è stata approvata all’unanimità la mozione Romaniello sulla prevenzione del suicidio e gli atti di autolesionismo. Nella sua relazione ha ribaltato la convinzione che fa credere come il suicidio sia un desiderio di morte, mentre è voglia di vivere e il suicidio deve essere visto come una volontà estrema di chiedere aiuto. Un dato significativo è rappresentato dalla statistica che rivela come il doppio dei suicidi si verifica nelle regioni del Nord-Est rispetto al Sud Italia.
L’appello dell’esperto è quello di favorire con tutti i mezzi la prevenzione perché i giovani fanno fatica a vivere e ci si deve occupare dell’altro. Una delle criticità è rappresentata dalla presenza dei giovani sui social, una sorta di perimetro narcisista. Qui si evidenziano reazioni legate all’insuccesso dei giovani perché non si considerano all’altezza degli altri. Un continuo incessante bisogno di affermazione che non si realizza. Il disagio che subiscono i giovani e che comporta il rischio di suicidio non è però solo imputabile a cause di natura psicologica. Esiste anche un’assenza di linguaggio psicologico utile per affrontare le problematiche esistenziali. Viviamo in una società del profitto e una visione della vita in cui viene a mancare un ideale di futuro.
Per Romanelli dietro il desiderio di morte c’è un’enorme voglia di vivere ma vengono trascurati i segnali che segnalano un malessere diffuso. Il problema del suicidio deve essere affrontato parlandone e non negandolo. Lo psicologo cita dei dati: gli uomini si suicidano più delle donne ma non è detto che soffrano di più. 700/1000 casi all’anno in Italia. Negli Stati Uniti si contano 33/44mila casi all’anno, ed è accertato che riducendo la vendita libera di armi si otterrebbe una notevole riduzione di suicidi. Tra i 15 e i 29 anni la seconda causa di morte tra i giovani maschi. La terza tra le donne. Ma esiste l’effetto contagio e l’emulazione?
A questa domanda Romanelli risponde che non ci sono evidenze scientifiche in grado di dimostrarlo. Ogni anno, il 19 novembre 2022 ricorre la Giornata Internazionale dei Sopravvissuti. Per sopravvissuto si intende la persona che rimane dopo il suicidio di un famigliare, amico, o conoscente. È una ricorrenza importante che coinvolge non solo chi ha sperimentato direttamente il dramma, ma l’intera società. Attorno al tema del suicidio permane ancora oggi lo stigma che costituisce uno dei problemi principali sia per la prevenzione ma anche per gli interventi successivi di supporto. Parlarne con chi ha subito il dolore per la perdita è importante per dare voce a chi soffre e condividere la sofferenza, in un contesto di comprensione e accettazione del lutto.
La commemorazione permette quindi di rendere il proprio dolore comunicabile e perciò conoscibile, per poter trovare una nuova speranza e nuove vie di “guarigione”. Ai sopravvissuti l’Associazione A.M.A. offre uno spazio di condivisione e confronto tra pari attraverso il gruppo “Questo dolore non è per sempre” del progetto Invito alla vita – prevenzione del suicidio, aperto a tutte le persone che si trovano a dover elaborare il lutto di un caro morto per suicidio. Di depressione si è parlato anche nell’incontro “Emergenza depressione: riconoscere e informare”, organizzato da EDA Italia Onlus – Associazione Italiana sulla Depressione. Erano presenti Wilma Di Napoli, medico psichiatra del CSM di Trento e referente EDA Trentino, Doriana Franch, medico di medicina generale e Sabrina Redolfi del servizio Welfare e coesione sociale del Comune di Trento. La psichiatra ha spiegato come è stata affrontata l’emergenza Covid che ha causato liste di attesa molto lunghe e un aumento del disagio con sintomi depressivi. Un aspetto critico evidenziato dalla Di Napoli è quello dell’informazione dei media che tratta la salute mentale in termini sensazionalistici, dove se ne parla tanto ma male.
Uno degli aspetti che devono essere affrontati è lo stigma che subisce il problema della salute mentale. Camilla Betella psicologa e psicoterapeuta ha spiegato che per smantellare lo stigma è necessario normalizzare le emozioni e gestire la tristezza come un’emozione normale, perché le persone si vergognano della loro tristezza e si confonde questa emozione spesso per depressione. Il rischio è quello di commettere atti estremi e farsi del male fino a togliersi la vita. Un’altra emozione è rappresentata dalla rabbia e comporta una disregolazione emotiva. Il consiglio della psicologa è quello di nominare le proprie emozioni per poterle riconoscere e non sopprimerle e rimuoverle. L’atteggiamento sano è quello di affrontarle.
➡️ Per informazioni e per partecipare al gruppo di auto mutuo aiuto contattare:
invitoallavita@automutuoaiuto.it o chiamare il numero 0461/239640.