RUMOR(S)CENA – MILANO – Per più di quarant’anni, i sopravvissuti dai campi di sterminio nazisti avevano scelto il silenzio. I motivi erano diversi: oltre a una sorta di pudore, c’era la convinzione che nulla di simile sarebbe mai più potuto accadere. Purtroppo, l’esortazione incisa ad Auschwitz nelle oltre venti lingue che vi si incrociavano (“Mai più! Never again! Plus jamais ça ! Nie wieder! Никогда больше! …”), è stata smentita dalla storia. C’era inoltre, come riferisce Primo Levi parlando di un suo sogno ricorrente, il timore di non essere creduti.
Solo negli anni Novanta alcuni ex deportati decisero di rompere quel silenzio e cominciarono a testimoniare. Goti Bauer, sopravvissuta ad Auschwitz, mi aveva rivelato di essere stata indotta a quella scelta dalla lettura del diario di una ragazza cambogiana, che riportava vicende simili a quelle che aveva sofferto lei; inoltre, perché stava sorgendo e diffondendosi il negazionismo, cui riteneva doveroso reagire: “Finché ne abbiamo l’energia, dobbiamo gridare a piena voce quello che abbiamo visto e vissuto in prima persona!”
Purtroppo, dopo le efferatezze di Pol Pot, la storia ha continuato a registrare dei genocidi, anche non lontano dai nostri confini; forse meno scientificamente e industrialmente progettati, ma altrettanto feroci; e il negazionismo non si è affatto estinto, malgrado la pubblicazione e la diffusione di una quantità di saggi sulla Shoah, seriamente documentati. Il fatto non stupisce. Azzarderei – anzi – un parallelo, ancorché incongruo: solo in Italia, i terrapiattisti dichiarano di essere diverse decine di migliaia. Ma costoro sono del tutto inoffensivi, nella loro altezzosa stupidità, buona tutt’al più per qualche battuta ironica; ciò non vale, invece, per i negazionisti, mossi quasi sempre da sentimenti antisemiti e da odio razziale.
Alla luce di queste considerazioni, le chiassose esternazioni di un insegnante che ha disturbato e interrotto lo spettacolo Herr Doktor, di Beatrice Marzorati e Davide Scaccianoce, che evocava la figura del nazista Goebbels, rivolto alle scuole secondarie, non sono da ridurre a puro folclore. Nessuno ne chiede la testa, ma, da antico uomo di scuola, cioè educatore, sono turbato da un fatto simile, perpetrato da un insegnante. Lo spettacolo parlava proprio di quel geniale, diabolico ministro della propaganda della Germania nazista, sostenitore del principio che un’asserzione, ancorché falsa, ripetuta in modo martellante, nella coscienza di massa diventa vera. Secondo l’Eurispes, quasi un italiano su dieci ha serie perplessità sulle reali dimensioni della Shoah, e una sezione ancora maggiore è convinta che la politica internazionale, specie finanziaria, sia orchestrata da una lobby ebraica che ha l’obiettivo di acquisire un potere mondiale. Paradossalmente, la tesi del docente disturbatore era questa: “La vostra è solo propaganda; la verità è un’altra!”
Ho incontrato la classe dell’ultimo anno del liceo classico “Clemente Rebora” di Rho, che aveva anch’essa assistito allo spettacolo, e si era fermata al dibattito. Ritengo significativo riportare alcune considerazioni emerse.
Matilde, dopo una riflessione sull’importanza della memoria, nota quanto il male possa essere insidioso: “Non è nato con il nazismo, non lo hanno inventato i tedeschi, che erano uomini comuni, ‘come noi’, anche se menti indubbiamente brillanti; ed è questo che deve farci più paura. Il male è mutevole: trasmigra, si trasforma, viaggia rapido e indisturbato pari passo con il progresso della società, si insinua in ogni suo angolo e assume le forme più disparate. L’intervento del professore, pur inopportuno e sgradevole, mi ha insegnato il dovere di ricordare, per combattere l’ignoranza; mi ha fatto toccare con mano che il negazionismo esiste davvero; mi ha fatto capire la differenza fra ‘ideologia’ (per riprendere le parole del professore), e ‘Storia’, vissuta e scritta”. E conclude smontando giustamente la rilevanza che l’insegnante disturbatore aveva attribuito ai numeri citati, secondo lui gonfiati: “Che importa, se ad Auschwitz sono morti in cinque milioni o un milione e mezzo? Smettiamola di parlare di numeri; ricordiamo le persone!”.
Di tenore simile l’intervento di Giulia, che inizialmente aveva creduto che l’interruzione fosse un espediente di regia, anche perché l’attrice era rimasta perfettamente nel personaggio; ma il dibattito, l’aveva portata a riflettere che anche i capi nazisti erano apparentemente persone normali: “Ancora oggi il ‘seme del male’ non è lontano come ci può sembrare: siamo noi a dover capire e decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato”. E aggiunge: “Mi lascia perplessa il fatto che l’autore dell’intervento sia stato un insegnante, che dovrebbe conoscere bene, e saper insegnare, sia il valore della Storia, sia come ci si comporta a teatro”.
Linda non era presente allo spettacolo, ma aveva approfondito lo studio del tema, e ammette, in modo un po’ sconcertante, di avere provato un sentimento ambiguo nei confronti di personaggi come Goebbels: “Da un lato, avevo la volontà di condannare lui e le sue azioni; dall’altro, sentivo una sorta di ammirazione per il suo genio e per l’incredibile capacità di mettere in atto quanto ideato”. Ma sa come risolvere in modo positivo tale contraddizione: “L’unica soluzione è assumere l’esempio della loro determinazione e costanza, impegnandosi però a perseguire fini improntati alla realizzazione di un mondo nuovo e migliore”.
Queste dichiarazioni, e il fatto che, dopo lo spettacolo, i giovani spettatori si siano dissociati con decisione dalle posizioni dell’insegnante; come peraltro si sono scusati, pubblicamente, anche i suoi colleghi dell’istituto tecnico “Sraffa-Curie”, lascia ben sperare.
Ma, per dirla con Brecht, non cantiamo vittoria troppo presto: il grembo che ha generato quel mostro è ancora fecondo.
Lo spettacolo Herr Doktor è andato in scena il 26 gennaio 2023 allo Spazio Teatro 89, per la prima volta a Milano, della compagnia Equivochi nell’ambito della stagione NESSUN CONFINE curata e organizzata da Compagnia Carnevale con il patrocinio del Comune di Milano.