Recensioni — 16/03/2023 at 11:44

Un amore impossibile, sospeso fra realtà e immaginazione.

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Maria Callas e Pier Paolo Pasolini: due personalità dalla vita movimentata, se non addirittura tormentata; molto diverse fra loro, accomunate da una notevole visibilità pubblica, che hanno però avuto un momento di intensa prossimità artistica e umana. Su questo presupposto – plausibile ma sostanzialmente ricreato – lo scrittore (e musicista) Sergio Casesi ha scritto Prima di ogni altro amore – incanto per Maria Callas e Pier Paolo Pasolini: un dialogo che esplora un loro comune male di vivere, che i due si comunicano reciprocamente. Il testo, che nasce nell’occasione della quasi concomitanza (2022 e 2023) del centenario dalla nascita dei due geniali e problematici artisti, è risultato vincitore del premio Franco Enriquez alla drammaturgia 2022.

La forma, in apparenza, è quella del dialogo, ma la comunicazione avviene per lo più a distanza, attraverso il telefono, per via epistolare, o è addirittura confinata nel sogno, nell’immaginario. Ma neppure il linguaggio non ha nulla di realistico. Non vi compare alcun frammento di testi pasoliniani, ma le battute, ricreate ad arte dall’autore, hanno un’impronta letteraria, addirittura cartacea, sottolineata scopertamente dal fatto che l’interprete (un efficace Stefano Tosoni) le pronuncia mentre le sue mani battono freneticamente su una Olivetti portatile, appoggiata precariamente su una pila di libri, come stesse scrivendo a lei. Tutti e due stanno vivendo un momento di svolta nel loro itinerario artistico e personale.

La Callas, dopo la rottura del matrimonio col generoso ma grezzo imprenditore Giovanni Battista Meneghini, che l’ha sostenuta nella sua carriera professionale, e l’ebbrezza del vacuo mondo in cui l’aveva trascinata l’armatore miliardario Aristotele Onassis, sta cercando di ricostruire la propria identità, e si appoggia a quel fascinoso, problematico intellettuale, a tratti anche scostante, che sta – pure lui – attraversando  un momento di crisi esistenziale, indotta anche dalla rottura del rapporto sentimentale con Ninetto Davoli, e sta cercando di dare vita a un progetto da lungo tempo vagheggiato: un film su Medea, la maga barbara, forse la figura più oscura e complessa di tutta la tradizione culturale della Grecia classica. E proprio a Maria Callas ha deciso di affidare il ruolo della protagonista.

Nel corso dello spettacolo si crea un’inevitabile, ambigua sovrapposizione fra Maria e Medea, appena segnalata da una discreta modifica del costume. Ma anche la scenografia, fatta di segmenti di colonne classiche, sulle quali sono appoggiati tuttavia apparecchi telefonici tipici degli anni Settanta, contribuisce a quella duplicità, oltre ad alludere anche a una comune radice classica dell’intellettuale Pier Paolo Pasolini e di Maria Callas, greca nativa.

Mettendo in scena la storia di un amore impossibile, Alberto Oliva ne ha tratto uno spettacolo raffinato e intrigante, rinunciando a qualsiasi impostazione realistica, fin dalla scelta degli interpreti (la Callas aveva un fascino magnetico, ma non era una bella donna; Gea Rambelli – attrice e cantante di talento – lo è); lascia che fra i due personaggi fluiscano discorsi sul senso della vita e della morte. Lo spettacolo si apre su una registrazione della leggendaria Casta diva. Gea, che come si è detto ha una sua professionalità di cantante, anche lirica, è in scena, ma non finge di cantare in play back; solo più avanti, in un altro momento dello spettacolo, inserirà autorevolmente la sua voce sulla dissolvenza delle note registrate della “Divina”. Data la complessità e delicatezza della materia trattata, lo spettacolo costituisce una sfida impegnativa; col rischio continuo di eccessi, di improbabili confronti, di cadute nell’agiografico: insidie che l’autore, gli interpreti e il regista sono riusciti a superare.

                       

Visto a Milano al Teatro Parenti l’11 marzo 2023

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